sabato 16 marzo 2019

TONANTIS

La chiesa della parrocchia di Tonantis


Paolo Cugini

Domenica 10 marzo. Alla mattina sia Gabriele che io abbiamo celebrato messa nelle comunità della città di Santo Antonio do Iça. Nel pomeriggio, partenza per la parrocchia di Tonantis. Assieme al vescovo Adolfo, abbiamo deciso di non fermarci tutto il tempo a Santo Antonio do Iça, ma di visitare le altre parrocchie della diocesi per conoscere meglio la realtà e poi per fare conoscenza dei presbiteri e delle religiose che vi operano. E così, al pomeriggio, siamo arrivati in un’ora di Lancia (imbarcazione veloce sul fiume) a Tonantis. Al piccolo porto della cittadina c’erano ad attenderci una religiosa, suor Benice e il parroco: pe Gonzalo Franco. Tonantis è l’ultima parrocchia della diocesi, la prima se si viene da Manaus. È una cittadina di 20 mila abitanti con 12 comunità nella città e venti sul fiume Solimões.
Padre Gonzalo e padre Gabriele


Il lavoro pastorale non manca. Padre Gonzalo è di origine Colombiana. È qui da soli sette mesi e conosce già tutti, soprattutto i giovani. Prima di giungere a Tonantis, pe Gonzalo è stato in Italia sei anni a studiare teologia. Si è licenziato (corrisponde ad un master di due anni nelle università statali) in mariologia con una tesi sul tema della presenza di Maria nei documenti della Conferenza episcopale Latinoamericana. Ora, si è incardinato nella diocesi di Alto di Solimões e serve le comunità della parrocchia di Tonantis con molto entusiasmo. Lo si capisce dal rapporto che ha con la gente, sia mentre cammina per strada, che mentre celebra. Alla sera, messa nella comunità san Francesco, una delle comunità della città. Ha celebrato Gabriele che, in questo contesto, si sente proprio a casa. Molti giovani erano presenti alla messa e, subito dopo, si sono fermati a parlare con noi. Due di loro si sono presentati come facenti parte del gruppo vocazionale: Jefferson e Leandro si stanno preparando per andare in seminario.


Lunedì, 11 marzo. Alla mattina, dopo le lodi, colazione. Mentre prendevamo il caffè don Gonzalo ci ha raccontato un po' di sé e della parrocchia. “Tonantis è la parrocchia più cattolica della diocesi, anche se è stata per più di vent’anni senza un prete: forse sarà per questo (risate dei presenti). Qui i laici si sono organizzati per trasmettere la fede alle nuove generazioni. Impressionante è l’adorazione eucaristica del giovedì sera nella chiesa principale: c’è più gente in questa occasione che alla messa domenicale. I laici nelle comunità hanno mantenuto viva la fede del popolo con le devozioni ai santi e a Maria, con le novene”.
Una delle cappelle delle comunità della città


La Diocesi di Alto Solimões ha una percentuale molto bassa di cattolici: 54%. Secondo il vescovo Adolfo, sono due i motivi di questa percentuale così bassa. Il primo, è che il territorio è così vasto che è difficilissimo garantire una presenza stabile, anche perché è un territorio che presenta molte difficoltà: la selva, le comunità sulla riva del fiume, oltre a tante altre. Il secondo motivo, che è legato al primo, è che proprio in questa situazione di presenza parziale della Chiesa cattolica, i gruppi evangelici hanno trovato il campo libero per la loro azione. Oltre a ciò, è importante comprendere le diverse modalità di azione missionaria. Mentre i cattolici, infatti, quando arrivano su un territorio non possono garantire la presenza in ogni comunità, ma dalla città i presbiteri o i frati visitano le singole comunità tre o quattro volte all’anno (quando va bene), al contrario i gruppi protestanti, quando arrivano in una comunità, si stabilizzano lì. I pastori evangelici si riproducono come funghi; non devono compiere studi teologici (basta sapere un po' di bibbia ed essere capaci di predicare: è tutto quello che serve) e, soprattutto, non hanno l’obbligo del celibato per cui, quando arrivano in un luogo, mettono su casa e vivono con la decima della comunità. Per questo motivo, ci sono molte aspettative sul sinodo Pan-amazzonico che si svolgerà in ottobre a Roma e che, tra le altre cose, rifletterà sul tipo di ministerialità da attuare in zone come queste. A mio avviso, è questo il grande errore che la Chiesa compie tutte le volte che impone un unico modello per tutte le comunità sparse nel mondo. Non si può applicare quello che è stato pensato per la realtà italiana, quello che è sorto da uno specifico cammino svoto nei secoli ad una realtà come quella amazzonica: è assurdo. Basterebbe che qualche porporato, uscisse dal proprio ufficio per trascorrere qualche mese nelle comunità dell’Amazzonia. Senza dubbio tornerebbe a casa con le idee cambiate perché, come giustamente ci insegna papa Francesco: la realtà precede l’idea (secondo Gabriele, invece, anche se i porporati venissero in Amazzonia non cambierebbero idea. Non ho chiesto il perché: temevo la risposta).
Una delle tante chiese evangeliche che si trova in città



Dopo colazione, visita alla casa delle suore. Sono due suore (Benice e Lucia) della congregazione di Santa Caterina di Alessandria, presenti nella parrocchia di Tonantis da 30. Con loro c’è anche una novizia. Padre Gonzalo discute con loro su alcune problematiche delle comunità della parrocchia. 
Verso le 10,30 visita ad alcune comunità della città. Dalle parole di pe Gonzalo, mentre ci parla delle comunità, traspare il suo amore per la Chiesa e per il suo ministero. Si capisce bene che è molto contento di stare qui, con questa gente. Ha organizzato un torneo di calcio coinvolgendo le comunità. Da questo torneo è nato un nuovo impulso per la pastorale giovanile e i giovani stanno ritornando alla chiesa. “Nella comunità san Espedito, i giovani, dopo il torneo, si sono interessati per ricostruire la cappella” In un contesto in cui non viene offerto nulla, dove non ci sono proposte se non l’alcool, la musica e poco altro, qualsiasi altra proposta positiva viene accolta immediatamente dai giovani. In città non c’è lavoro e i giovani dopo le superiori (sono tre anni) non sanno cosa fare, anche perché non tutti hanno le condizioni di entrare all’università. Colpisce, infatti, la grande presenza di giovani, sia per strada che nelle comunità. Ieri sera, tornati dalla messa nella comunità San Francesco, nella piazza dinanzi alla chiesa centrale, c’erano molti giovani, quasi tutti conosciuti da padre Gonzalo. Siamo, poi passati dinanzi a tre cappelle di uno stesso quartiere. “Qui ci sono tre famiglie che hanno costruito le loro cappelle per i loro interessi. Sono le famiglie che sino ad ora hanno gestito la vita della comunità, con le conseguenze negative che potete immaginare. Ho già parlato con loro per cambiare la dirigenza, ma non è facile”. 
Mentre siamo in macchina e attraversiamo il quartiere “La missione”, padre Gonzalo ci dice che ha notato una presenza significativa di persone omosessuali. “Ne ho incontrato parecchi. Il mio predecessore era un ottimo prete, ma con un’impostazione molto rigida, tridentina e aveva allontanato le persone omosessuali dalla chiesa. Lentamente stanno tornando. L’aspetto più significativo è che le persone della comunità non dicono nulla, non giudicano: li accettano senza problemi”. Che gioia sentivo nel cuore ascoltando questi discorsi da un prete diocesano! Senza dubbio, padre Gonzalo non sapeva e non poteva certo immaginare che in macchina con lui c’era don Gabriele, che lavora da anni sulla strada accompagnando il cammino spirituale di transessuali e il sottoscritto, che ha accompagnato il cammino ecclesiale dei cristiani LGBT a Reggio. 
Nelle comunità le persone si ritrovano tutti i martedì per la recita del rosario e la lettura del Vangelo e poi celebrano anche alla domenica. Le comunità maggiori, come quella di san Francesco in cui abbiamo celebrato l’Eucaristia ieri sera, sono attivi molti servizi pastorali: ministri della Parola, dell’Eucaristia, della decima, ecc.

Il quartiere Missione

Martedì 12 marzo. A colazione, dopo le lodi, padre Gonzalo ci racconta di un episodio avvenuto nel 2008, appena ordinato presbitero. In quel periodo prestava servizio a Tabatinga. Un giorno, giungono in città circa 1200 haitiani (abitanti di Haiti) in fuga dal terremoto avvenuto nel loro paese. Tabatinga è una città di frontiera tra Perù e Colombia. Si era diffusa la voce che in Brasile offrivano lavoro e casa ai rifugiati e, per questo, la rotta degli haitiani era il Brasile. La stessa ONU intervenne nella faccenda e padre Gonzalo fu nominato per coordinare i lavori nella parrocchia della cattedrale. I 1.200 haitiani rimasero due anni ospiti di padre Gonzalo negli ambienti della parrocchia. “Le donne le misi a dormire in chiesa e gli uomini fuori. Organizzavamo un pasto al giorno fatto di fagioli e riso. Per raccogliere alimenti abbiamo organizzato tornei di calcio e, per entrare allo stadio, occorreva portare un kg di alimenti. Avevo scritto anche alle squadre di calcio della serie A italiana. Ci rispose solamente il Milan che ci donò 28 mute complete. Riuscimmo a venderle su internet e, con il ricavato, abbiamo dato da mangiare per due anni a 1200 haitiani”. Padre Gonzalo ridendo ci dice che a causa di questo servizio era stato indagato per traffico di haitiani. In quel periodo a Tabatinga erano spariti i gatti (Miaooo!). 

1 commento:

  1. Eu fico vendo essas histórias e imaginando o quanto é legal viajar e conhecer tantas comunidades, suas realidades e poder de certa forma ter uma troca de conhecimentos. Tudo isso é uma riqueza de cultura.

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