lunedì 18 marzo 2019

AMATURA'



Paolo Cugini

Mercoledì, 13 marzo. Alla mattina verso le 7,30 partenza da Tonantis per Amaturà. La cosa interessante in questa diocesi è che cambiando parrocchia, spesso cambia anche il fuso orario. Arrivati ad Amaturà, infatti, abbiamo messo l’orologio indietro di un’ora. Ci siamo messi a cercar la segreteria parrocchiale per incontrare il parroco e la segretaria ci ha comunicato che il parroco si trovava a verificare la costruzione di una cappella nella periferia della città. Abbiamo seguito le indicazioni della segretaria e ci siamo diretti alla cappella, che abbiamo trovato, ma il parroco non c’era. Ci siamo guardati un po' intorno e siamo tornati nella piazza della città, molto tranquilla e calma. Altri ritmi rispetto a Reggio. Amaturà è la parrocchia più piccola della diocesi, con tre comunità in città e una ventina lungo il fiume. Finalmente conosciamo il parroco: don Washington, un prete diocesano colombiano e di Medellin come don Gonzalo di Tonantis. Don Washington è prete da cinque anni e, dopo aver trascorso i primi due nella sede a Tabatinga, il vescovo Adolfo lo ha nominato parroco ad Amaturà per sostituire i francescani. “Appena arrivato – racconta sorridendo – ho scoperto che non c’era la casa parrocchiale. Anzi c’era, ma i frati avevano affittato le strutture parrocchiali al Municipio e ci sono voluti alcuni mesi per spiegare al sindaco che come parroco dipendeva dal Vescovo e non da lui”. 
O padre Washington con la maglua bianca e verde mentre parla in una xomunutà


Dopo i primi mesi vissuti in una casa in affitto e dopo essersi spiegato con il sindaco, don Washington ha potuto finalmente risiedere nella casa parrocchiale, anche se una buna parte delle strutture costruite dai francescani sono ancora attualmente in affitto al Municipio. Tutta la diocesi di Alto Solimões è stata gestita dai francescani sin dagli inizi, che con grande ardore hanno evangelizzato la regione che è ampia come mezza Italia (con circa duecento mila abitanti). 
Nel pomeriggio visita alle comunità della città. “Quando sono arrivato due anni fa, c’era solo la Chiesa di san Cristoforo, in centro. Quando ho visto la situazione, ho parlato con il vescovo Adolfo dicendogli che nei primi tre anni avrei lavorato per mettere la parrocchia in condizione di lavorare pastoralmente. E così assieme alle comunità, abbiamo deciso di costruire le cappelle nei principali quartieri della città”. Oggi le cappelle sono tre (in realtà due devono ancora essere finite, ma la gente le utilizza già per celebrare). Ogni settimana nelle cappelle la gente si trova per recitare il rosario e per celebrare. Don Washington ha deciso di affidare ai tre padri di famiglia che si stanno preparando per il diaconato permanente, una comunità a testa per organizzare la pastorale della comunità. L’idea è che in ogni comunità della città funzioni la pastorale della decima, la catechesi, la pastorale dei bambini, il gruppo giovani e altri servizi necessari. 

Arrivo alla comunità indigena Canibarù

Giovedì 14 marzo. Alla mattina, dopo colazione, partenza per la visita di tre comunità: Canibarù, Buon Pastor e Nuova Italia. Sulla barca con noi ci sono anche Rodrigo che si sta preparando ad essere diacono e un assessore comunale. Rodrigo ha 41 anni, ha tre figli ed è già nonno! (BAU!). La comunità di Canibarù è l’unica cattolica delle tre. Appena arrivati abbiamo incontrato la leader della comunità e altre persone. Ci siamo poi, diretti alla cappella che da circa due anni stanno tentando di costruire. Mentre qualcuno suonava le campane, un altro avvisava della nostra presenza attraverso degli altoparlanti. In poco tempo la cappella si è riempita di gente, soprattutto di giovani e bambini. Don Washington ha spiegato subito che non si trattava di una messa, ma di una visita di amici preti venuti dall’Italia. Le tre comunità che stiamo visitando questa mattina, sono state fondate dai missionari francescani. La gente ricorda i nomi di due frati Cappuccini: frate Enrico – recentemente scomparso- e frate Benigno. Tutti hanno un ottimo ricordo di questi frati e della loro presenza nelle comunità. Appena sono andati via loro, i successori – a detta del futuro diacono Rodrigo, non più frati di provenienza italiana, ma brasiliana – hanno concentrato il lavoro pastorale nella città di Amaturà, lasciando quindi perdere l’accompagnamento delle comunità sul fiume. Occorre dire, per comprendere meglio il contesto, che il lavoro di accompagnamento pastorale delle comunità che si trovano sul fiume è molto costoso. Mentre ero al corso d’inculturazione nella realtà amazzonica a Manaus, parlando un giorno con padre Luciano – di Padova, che lavora già da due anni in Amazzonia – tutte le volte che visita le comunità del fiume, in barca portando con sé qualche persona, che l’aiutano nel lavoro pastorale e rimanendo sul fiume per 15/20 giorni, spende circa 14 mila reais (tradotto in euro: circa tremila euro). Andando nelle comunità con la barca occorre, per legge, portarsi l’autista e la cuoca, che hanno un loro costo. Oltre a ciò, c’è da considerare gli alimenti per 20 giorni, l’acqua e la benzina.

Ogni famiglia che appartiene al gruppo religioso della Cruzada pone una targhetta come questa affisso sulla casa



 Quello che è avvenuto in diverse comunità della parrocchia di Amaturà con i nuovi Cappuccini che, per diverse ragioni, hanno abbandonato l’accompagnamento pastorale, è che i gruppi evangelici sono entrati e si sono stabilizzati. Nella comunità buon Pastore sono tutti evangelici, mentre nella comunità Nuova Italia, una parte è del gruppo Cruzada (è un gruppo fondato da un laico cattolico negli anni ’70 del secolo scorso proprio in questa regione di Solimões e che si è diffusa in diverse comunità) e l’altra parte della comunità appartiene al gruppo evangelico denominato Assemblea di Dio. Ciò significa che, in queste due comunità, i cattolici sono scomparsi. La mancanza di presenza provoca nelle persone la ricerca di un cibo spirituale da altre parti. È del resto, simile al fenomeno che avviene con le persone delle comunità incontrate nella diocesi di Ruy Barbosa dello Stato della Bahia che, quando vanno in cerca di lavoro nelle grandi città, andando ad abitare nei quartieri poveri, non incontrando la presenza della Chiesa cattolica, iniziano a frequentare le chiese evangeliche. “Mons Adolfo – ci dice padre Washington mentre camminiamo nelle strade della comunità nuova Italia – mi ha chiesto di entrare nelle due comunità evangeliche per cercare di recuperare qualche cattolico. Io gli ho risposto che non ha senso: gli evangelici credono in Gesù Cristo e hanno già il pastore che li aiuta nel loro cammino”. 


Qualcuno mi ha chiesto che senso ha andare in Amazzonia a rompere le scatole ai popoli indigeni. La Chiesa è presente in Amazzonia da alcuni secoli: c’è già quindi un cammino di Chiesa e delle esperienze ecclesiali molto diversificate tra loro. L’annuncio del Vangelo alle genti è un comando che il Signore ha dato prima di tornare al Padre. Ho riflettuto molto su questo comando di Gesù. Tra le tante cose che si potrebbero scrivere, penso che uno dei motivi che ci sta dietro al comando del Signore consiste nel permettere a tutti di cogliere la ricchezza delle Spirito Santo presente nelle culture e nelle religioni sparse nel mondo. Se uno sta rinchiuso nel suo guscio, non scoprirà mai la bellezza che c’è fuori dalla propria capanna e che Dio sta realizzando in ogni angolo del pianeta, dell’universo. Quando una diocesi – come quella di Reggio – decide di farsi presente in altri paesi, vuole dire che sta aprendo le proprie finestre affinché entri il soffio dello Spirito, con quei colori e quelle sfumature diverse, che dicono della pluralità e diversità dello Spirito Santo. Il problema che stiamo incontrando visitando da vicino le comunità, è che non sempre il lavoro missionario ha saputo ascoltare e accompagnare la novità culturale e religiosa di questi popoli, aiutandoli ad assimilare la forza del Vangelo, rispettando le loro dinamiche, la loro cultura, per vedere le cose nuove che lo Spirito Santo stava promovendo in questo contesto. Sono solo impressioni che dovranno essere verificate nel tempo e da vicino, ma che comunque mi servono per fare il punto di ciò che stiamo incontrando. 

Padre Gabeiek assiene al futuro diacobo permanente mentre ci dirigiamo alle comunità sul fiume

1 commento:

  1. Que coisa boa todas essas visitas padre! Cada dia um novo aprendizado. Acredito que como o senhor é ativo, deve estar amando essa experiência.

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