domenica 6 dicembre 2015

LA MESSA VISTA DAI BAMBINI





CHE BELLA MESSA!
Paolo Cugini
E’ stata questa l’espressione che un bambino mi ha rivolto alla fine della celebrazione eucaristica realizzata sotto il tendone negli spazi della parrocchia. Me lo ha detto con il sorriso sulle labbra e rafforzava così il sentimento di gratitudine e di soddisfazione per aver partecipato a qualcosa di bello, di significativo, per nulla diverso dagli altri momenti che caratterizzano il Campo Estivo.  Senza dubbio questo bambino ha sentito che la messa celebrata al Campo Giochi era qualcosa di vivo, presente alla sua vita, comprensibile, che esprimeva dei significati inerenti alla sua vita di bambino. Il sorriso di questo bambino nel manifestare la sua gioia per la Messa celebrata significa che per lui la vita del Campo Giochi era ben manifestata nella celebrazione appena terminata. A questo bambino è piaciuta la Messa perché in un certo senso, l’ha colta come parte integrante di quello che stava vivendo: la celebrazione eucaristica stava esprimendo la sua vita di bambino.

Le parole del bambino del Campo Giochi mi hanno fatto molto riflettere durante le settimane seguenti. Pochissimi dei bambini presenti ho rivisto in Chiesa alla domenica. Lo stesso ho constatato per i genitori presenti numerosi alla bellissima festa di fine Campo: pochissimi alla messa alla domenica. Senza dubbio molte famiglie approfittano del fine settimana estivo per trascorrerlo in qualche posto turistico, o al mare o nei monti. E’ anche vero, però, che molti genitori non sono più abituati a considerare la domenica come il giorno del Signore: perché? La risposta che mi viene immediatamente in mente è che, probabilmente, gli adulti non trovano nella celebrazione domenicale quei contenuti dei quali si alimentano nella vita di tutti i giorni. E’ come se la messa domenicale fosse qualcosa di estremamente diverso da quello che è la vita, dai suoi problemi. Da una parte la vita con le sue esigenze e, dall’altra, il culto, la liturgia con le sue dinamiche, i suoi riti che sembrano animare un sacro che non dice più nulla, o perlomeno poco, alla vita concreta della gente. Vita e liturgia come due mondi separati e distanti che sembrano inconciliabili. Forse è questo il motivo dell’allontanamento dalla liturgia domenicale di tanti adulti (tutti battezzati)?


Mentre pensavo a questi problemi che per me come prete sono di estrema importanza, mi venivano alla mente le parole di un fascicoletto letto poco tempo fa, che riportava un fatto avvenuto nei primi secoli della Chiesa. L’imperatore Diocleziano aveva proibito di celebrare la messa domenicale e avrebbe punito gli infrattori con la morte. Alcuni centurioni, in un giro di perlustrazione nelle campagne romane, scoprirono in un casolare un piccolo gruppo di adulti celebrando la Messa. Alla domanda dei centurioni sulla conoscenza del decreto di Diocleziano che proibiva di celebrare la Messa domenicale e sui motivi della disobbedienza, il gruppetto rispose: “Senza l’Eucarestia non siamo nulla. Senza la Domenica la nostra vita è vuota”. Questo gruppo di persone, tra i quali c’era un sacerdote, un diacono e un gruppetto di sposi, rischiò la vita e la persero per poter celebrare la messa domenicale. Ciò significa che per loro la Messa diceva qualcosa alla loro vita e che quello che celebravano aveva una ricaduta immediata sul loro vissuto quotidiano. Credo che le parole del bambino del Campo Giochi e questa testimonianza della prima comunità cristiana offrano spunti per una riflessione sul nostro modo di celebrare l’Eucarestia domenicale. Dovremmo riprendere in mano il Vangelo e confrontarci per capire il significato del rito che celebriamo alla domenica. Se la messa domenicale è ridotta ad un puro precetto da rispettare probabilmente non potrà dire molto alla vita della gente in un mondo sempre più secolarizzato (grazie a Dio). Forse questo scollamento tra fede e vita, fra le liturgie che celebriamo e la vita concreta delle persone dovrebbe produrre in noi il desiderio di andare alle fonti, per capire i motivi di questo scollamento e, soprattutto, per capire se quello che stiamo celebrando è nella modalità di colui che l’ha inventata. Probabilmente sfogliando attentamente le pagine del Vangelo scopriremmo che Gesù non ha voluto inventare un rito, ma indicare uno stile di vita. Quel pane spezzato e quel vino donato ai discepoli nell’ultima cena, non sono altro infatti, ce la sintesi della vita di Gesù: una vita donata gratuitamente per gli altri. E allora quando ci avviciniamo alla Chiesa alla domenica per partecipare del culto eucaristico dovrebbe essere esattamente per questo: alimentarci dello stile di vita di Gesù, per svuotarci dallo stile che il mondo tutti i giorni ci impone. Se ci accostassimo alla mensa eucaristica con queste intenzioni, probabilmente non lo vivremmo più come un semplice precetto, ma come un bisogno vitale dell’anima. Se avessimo chiara l’idea che nella Messa non stiamo celebrando un semplice rito, ma il senso profondo della vita, allora ci preoccuperemmo di come è celebrato. Come diceva qualcuno: la prima e più autentica forma di evangelizzazione in una comunità deriva dai riti che celebra. I riti che celebriamo sono il termometro della vita di fede di una comunità.

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