lunedì 28 ottobre 2024

Come un faro nel buio | Preghiera in Canto


 


Presentazione:

Francesco Venturini e Gloria Bedocchi sono, rispettivamente, un bancario e una farmacista, due amici che hanno sempre condiviso, oltre ai valori della Fede Cristiana, una grandissima passione per la musica, rispettivamente lui come autore di testi e lei come compositrice (in passato, ha fatto parte come cantante di diversi cori polifonici).

Durante un periodo della vita per loro non facile, hanno deciso di provare a coltivare la loro Fede Cristiana in modo ancora più attivo e, facendo leva sulla loro passione per la musica, è nata così il loro canto “Come un faro nel buio” (successivamente anche approvato dall’Ufficio Liturgico Diocesano dell’Arcidiocesi di Bologna), un canto con cui hanno voluto rendere grazie al Signore, che ha sempre per loro rappresentato una guida sicura per seguire per la giusta via da percorrere.

 

Come un faro nel buio

(testo di Francesco Venturini, melodia di Gloria Bedocchi, elaborazione e armonizzazione di Alessandra Mazzanti)

 
A Te, Signore, ci rivolgiamo,

con tutto il cuore noi Ti chiediamo

di perdonare i nostri peccati,

e grazie a Te saremo salvati…

 

Rit.

Come un faro nel buio sei per noi, Signore,

che ci illumina sempre nelle notti più oscure…

Quando noi Ti preghiamo vieni con la Tua luce

a indicarci la strada e a donarci la pace…

 

La Tua Parola è fonte di vita

di verità e di gioia infinita…

A chi la osserva Tu sei vicino,

In ogni istante lungo il cammino…

 

Sei Tu la sola via da seguire,

che non dobbiamo mai abbandonare…

Senza di Te noi siamo perduti:

vaghiamo disperati e smarriti…

 

martedì 22 ottobre 2024

LA CRISI DELLA CRISTIANITA’ OCCIDENTALE TRA SMASCHERAMENTO ED ERMENEUTICA

 






 

Paolo Cugini

 

Gli ultimi decenni sono stati un progressivo processo di smascheramento prodotto dalla cultura occidentale, che ha ridotto il cristianesimo a forma vuota, inutile per la vita. Il fallimento delle metanarrazioni moderne, per dirla con Lyotard, hanno manifestato il limite del metodo deduttivo, incapace di cogliere la realtà. Per secoli la cultura Occidentale ha preteso di orientare la realtà a partire da schemi concettuali predefiniti. La profonda crisi climatica che sta devastando il pianeta, la costante crisi economica frutto del modello neoliberale che sta aumentando giorno dopo giorno il fosso da i pochi ricchi e una moltitudine di poveri, la crisi delle democrazie segnate da un’avanzata impressionante degli schieramenti politici di estrema destra, sono alcuni sintomi di un crollo definitivo della proposta moderna, della possibilità di controllare l’evoluzione della storia a partire da idee predefinite. In questo percorso la Chiesa ha le sue responsabilità e, per questo, la crisi globale la sta intaccando in profondità. Tutte le volte che si è irrigidita trincerandosi nella difesa di principi assoluti, ha perso la possibilità di mettersi in ascolto della realtà e percepire la voce del Verbo Incarnato. Si è lentamente sfaldato, sgretolato il castello esteriore di sicurezze precostituite, che non ha retto all’impatto della realtà, che ha evidenziato il fallimento di un metodo, di una modalità di abitare la realtà. Processo di smascheramento che ha una duplice direzione. Da un lato rivela il fallimento di un’idea; dall’altro indica un cammino. Per questo motivo la fase di passaggio che stiamo vivendo è estremamente delicata. Solo rendendoci conto del cambiamento in atto possiamo avere il coraggio di cambiare rotta.

Accanto allo smascheramento, l’occidente ha vissuto anche l’epoca dellermeneutica, che ha progressivamente indebolito la forza della verità metafisica. È questa una chiave di lettura importante, necessaria per cogliere la direzione che sta prendendo la cultura Occidentale. L’ermeneutica ha sostituito la metafisica: è questo uno degli esiti, a mio avviso positivi, del cambiamento in atto. I sistemi rigidi elaborati nell’epoca moderna, hanno mostrato il grande limite di irrigidire la verità, mostrandone solo un aspetto, che emerge dalla definizione. La verità manifestata dal Mistero è per sua natura molteplice, poliedrica, come ho già ricordato nella pima parte. La definizione del Mistero può avere un aspetto pedagogico, ma non può avere la presunzione di dire tutto il Mistero. Se questo discorso vale in genarle, ancora di più assume un significato quando in gioco c’è la Verità del Mistero manifestata da Gesù Cristo, il Verbo che si è fatto carne, è venuto ad abitare in mezzo a noi, camminando con noi. In questa prospettiva, la storicità dell’evento non può essere dimenticata, per non correre il rischio, come di fatto è avvenuto in passato con il pensiero metafisico, di ridurre l’evento dell’Incarnazione ad un concetto astratto. La rivelazione del Mistero in Gesù Cristo, richiede un costante sforzo ermeneutico, perché la verità, d’ora innanzi, prima di essere un concetto astratto, è una persona viva che cammina con noi, che dev’essere accolta così com’è e come si manifesta e non intrappolata in rigidi rivestimenti concettuali. È proprio questo uno degli aspetti più positivi dell’attuale contesto post-moderno: la possibilità di pensare la verità nel suo contesto storico e non di coglierla come un’idea astratta. Tutto ciò ha conseguenze immediate nel camino della comunità, conseguenze che analizzeremo nella terza parte.

Che cosa lascia dietro di sé la scomparsa della cristianità? Un vuoto incolmabile. Forse, soprattutto, la percezione di un tempo perduto in cose senza senso, soprattutto da parte di coloro che ci hanno creduto, di coloro, cioè, che hanno creduto che la forma cristiana fosse portatrice del divino, di qualcosa, dunque, di assoluto, eterno. Possiamo, invece, tranquillamente dire, che si è trattato di una grande mistificazione, di un enorme sopruso, di una grande manipolazione del Mistero. Abbiamo trascorso secoli identificando il Mistero rivelato in Gesù Cristo, con quel sacro e quella struttura religiosa che Gesù era venuto a scardinare. Come ci dimostrano alcuni studi di Patristica e di storia della liturgia, in pochi decenni abbiamo rimesso le cose apposto, abbiamo risistemato in ordine quello che Gesù aveva, a detta loro, disordinato, sconquassato, destrutturato. Sono tutti sinonimi di un unico processo metto in atto da Gesù per manifestare la grande manipolazione realizzata dagli uomini del culto in Israele: identificare il Mistero con il sacro, la religione con la fede, le tradizioni umane con la Parola di Dio. Secoli di manipolazioni sacrali hanno prodotto una religione materiale dominata da una casta sacerdotale che ha ridotto la religione a pura formalità rituale, impedendo in questo modo al popolo di Dio di fare esperienza del Volto del Mistero manifestato in Gesù.  

Con gli occhi di poi possiamo dire: non era proprio da buttare via il grande critico della cristianità: Friedrich Nietzsche. Aveva già detto tutto, o quasi. Aveva percepito in profondità la fine dell’epoca cristiana e intravisto la nuova, in cui gli uomini avrebbero dovuto imparare a vivere senza appoggiarsi a Dio, ovvero, al Dio inventato dagli uomini, al dio analgesico, al rifugio dalla durezza della vita. Aveva capito che il Dio costruito nei secoli dall’occidente era ormai morto. Nietzsche percepiva tutta la tragicità di questo annuncio, anche perché era consapevole del disastro che la struttura religiosa aveva provocato nell’anima d’intere generazioni. Secoli di pietismo religioso hanno lasciato il segno: era questa la preoccupazione di Nietzsche. Secoli di fuga dalla realtà, hanno manifestato un’infedeltà alla terra, per dirla sempre con Nietzsche, che ha avuto come conseguenza immediata la creazione di una religione incapace di dialogare con il mondo. Lo smantellamento delle strutture forti della modernità permette alle attuali generazioni di uscire dal tempio per assaporare la vita e costruire percorsi in cui sia visibile la fedeltà alla terra, il rispetto delle culture altre, la creazione di spazi affinché tutti e tutte possano manifestare la loro diversità senza preclusioni o preconcetti.

 

Dom Evaristo Spengler: “Dialogo con coloro che hanno un’altra forma di presenza divina nella loro vita”

 




 

Testo di Padre Luis Miquel Modino

Traduzione: Paolo cugini

 

Il 20 ottobre 2024, Giornata Missionaria Mondiale, Piazza San Pedro ha accolto la canonizzazione di 14 nuovi santi, tra cui San Giuseppe Allamano , fondatore dei Missionari della Consolata. Il miracolo della canonizzazione è avvenuto all'indigeno Sorino Yanomami, della missione Catrimani, nella diocesi di Roraima.

Opzione per le popolazioni indigene

Secondo il vescovo di Roraima, dom Evaristo Spengler, presente alla celebrazione, la diocesi di Roraima, fin dalla sua creazione come prelatura, “ ha fatto un'opzione chiara per i popoli indigeni, questo con molta persecuzione, con molto sacrificio ” , perseguitati e minacciati di morte, compresi alcuni vescovi. “Significa che l'opzione ha avuto un costo altissimo e ha un costo ancora oggi” ha sottolineato il vescovo.

“Il miracolo avvenuto ad un indigeno yanomami, e operato dal fondatore dei Missionari della Consolata, José Allamano, oggi santo, è per noi simbolico. Vuol dire che Dio ci sta dando un segno che questa è la strada, l' alleanza con i popoli indigeni, con i più fragili della società , questa è la strada dove si realizza il Regno di Dio in questo momento, dove Dio vuole la sua Chiesa”, ha evidenziato Dom Evaristo Spengler.

 

Valorizzare il popolo Yanomami

Il miracolo è avvenuto in una missione dove i Missionari della Consolata arrivarono nel 1965. Lì svolgono una missione di presenza, senza celebrare sacramenti con gli indigeni, un atteggiamento che «vuole dirci che Dio vuole il dialogo e il rispetto per chi è diverso ”, secondo il vescovo di Roraima. Ha detto che “ essere missionario della Consolata a Catrimani significa valorizzare quella gente, con le loro convinzioni, la loro cultura ”. Dom Evaristo Spengler ha sottolineato che “credono in Dio, un Dio che si rivela in modo diverso, ma iniziano a dialogare con noi”, riconoscendo la grandezza di un Dio che è riuscito a guarire l’indigeno Sorino.

Un dialogo che, secondo il vescovo di Roraima, “è molto importante anche per noi per conoscere come Dio si rivela in tanti modi. Dio si rivela nel passato, Dio si rivela nel presente”, sottolineando che “la piena rivelazione è con Gesù Cristo, ma noi siamo capaci di dialogare con coloro che hanno un'altra forma di presenza divina nella loro vita”.

Roraima, una Chiesa con una storia sinodale

Il vescovo ha sottolineato che “ la Chiesa di Roraima ha una storia molto sinodale , è un cammino insieme al vescovo, con i sacerdoti, i missionari e il popolo di Dio, tutti i laici”. Secondo Dom Evaristo Spengler, “questa apertura a camminare insieme dà anche un'apertura verso culture diverse”, riferendo dell'esistenza di 12 popoli indigeni a Roraima, i più numerosi sono gli Yanomami, i Macuxi e i Wapichana, molti dei quali battezzati, con catechisti e ministri della Parola.

Dom Evaristo Spengler ha detto che “tra gli Yanomami era diverso, è un dialogo interculturale, interreligioso, perché la presenza di Dio è forte nella loro vita, e noi dobbiamo ascoltarli, è Dio che si è rivelato nel passato, ha visto il sofferenza del suo popolo, è sceso per liberarlo, e oggi ascolta questa gente in modi diversi . Si rivela anche con segni diversi, ma il segno dell'aggregazione, dell'unità, per noi in questo momento, è il segno di questo miracolo che accade all’indigeno Sorino, operato da Dio attraverso san Giuseppe Allamano”.

 

sabato 19 ottobre 2024

IL NOME DEL MISTERO

 




 

Paolo Cugini

Lo abbiamo sempre chiamato così: Dio. Sono secoli, millenni che il nome Dio risolve i problemi. Tutto ciò che non è possibile spiegare razionalmente o ragionevolmente può essere trasferito immediatamente alla parola Dio. Tutto ciò che di misterioso si è presentato nei secoli all’essere umano è stato risolto facendo appello a questa semplice parola: Dio. Quando gli eventi sono misteriosi, incomprensibili, difficili da spiegare, allora non ci resta altro che rifugiarci in Dio. Accade così anche oggi. Invochiamo Dio affinché ci aiuti in una determinata situazione della nostra vita divenuta complicata. Dio è un nome che se è vero, come vedremo, appartiene all’ambito religioso, ma è altrettanto vero che è sulla bocca di tante persone che non s’identificano con una specifica religione. È un aspetto così normale e spontaneo invocare il nome di Dio che, qualche filosofo, è arrivato a sostenere che è una idea innata, che troviamo dentro di noi al momento della nascita. Può darsi, anche, che a forza di pronunciare il nome di Dio da migliaia di anni, sia divenuto qualcosa di talmente presente alla nostra coscienza da renderlo reale.

Non c’è solamente, comunque, un’esperienza esterna di ciò che è misterioso che ci spinge a invocare Dio. Ci sono anche percorsi interiori dell’animo umano, che sperimenta la percezione di una realtà che non può essere classificata con i soliti criteri che mettiamo in atto nella vita quotidiana. Accade, per esempio, quando la malattia passa vicino a persone che amiamo e che ci spingono ad invocare quella forza che sembra essere capace di intervenire nella realtà modificandone l’orizzonte. Sono gli eventi estremi che ci spingono a pensare che esita una forza amica che può sistemare le cose, una forza nell’universo che ci conosce, sa cosa pensiamo e cosa sentiamo. Questa forza la chiamiamo Dio perché è il nome che abbiamo trovato nella nostra cultura e che viene utilizzato proprio in questi casi.

Il problema è che questo nome attraverso i secoli ha subito un tale rivestimento di significati da non riuscire più a coglierne l’essenza. Mi chiedo allora: è possibile dire Dio senza Dio? Sembra un gioco di parole, ma esprime una realtà molto profonda. È possibile provare a dire che cosa esprime il contenuto della parola dio mettendo da parte ciò che di Dio dicono le religioni?  C’è una forza nell’universo che, come tale, è immanente, cioè non è nel cielo così come l’hanno pensato gli antichi. Il cielo, di fatto, appartiene alla realtà immanente, perché fa parte dell’universo. è possibile dire Dio senza fare ricorso alla dimensione trascendente? Può sembrare blasfema una simile operazione anche perché da sempre Dio è stato pensato in questo modo: un essere trascendente che abita il cielo. Famose sono le parole di Aristotele che arriva a definire Dio come la causa di tutto, il motore immobile, che muove il mondo con la forza di attrazione. Un Dio, quello di Aristotele, così fuori dal mondo e dalla prospettiva immanente, da non poter pensare ciò che a lui è inferiore e da essere considerato come pensiero di pensiero. Interessante è notare che, proprio questa struttura filosofica, che è arrivata ad elaborare una concezione di Dio così mostruosa, è stata utilizzata dalla Chiesa cattolica per definire in modo sistematico i contenuti della propria esperienza di Dio: san Tommaso docet.

Ancora. È possibile dire Dio sganciandolo dalla prospettiva metafisica elaborata dalla filosofia greca? C’è un desiderio di liberazione, il desiderio, cioè, di liberare Dio dalla prigione dell’essere. Solo così, forse, è possibile iniziare una ricerca che riesca non tanto a dare un nome, ma un contenuto a quelle esperienze che possiamo definire spirituali, che vengono immediatamente associate ad una religione e, in questo modo, interpretata dai sistemi di concetti messi in atto da secoli. Per questo tipo di ricerca non ci si può affidare ai libri di teologia, ma a quelli di mistica e di spiritualità, anche se anche questi possono essere contaminati negativamente dalle scuole di pensiero teologico dell’epoca in cui sono stati scritti. E se andassimo da soli alla ricerca del senso di Dio? E se provassimo a liberarci in un colpo di tutti gli scaffali di libri che parlano di lui e provare a dire ciò che percepiamo con parole nostre, senza paura di essere giudicati? Solo a pensarci mi dà un brivido intellettuale spaventoso.

 

martedì 15 ottobre 2024

Il cardinale Steiner non vede alcuna difficoltà nell'ordinazione di diaconesse e uomini sposati in alcune realtà

 



Testo di don Luis Modino, prete spagnolo, giornalista che svolge il Ministero nell’arcidiocesi di Manaus.

Traduzione: Paolo Cugini

 

L'arcivescovo di Manaus, cardinale Leonardo Steiner, era presente martedì 15 ottobre nella Sala Stampa del Vaticano, rispondendo ad alcune domande. Tra questi la situazione climatica in Amazzonia, il ruolo delle donne e la possibile ordinazione di diaconesse e uomini sposati, e come si vive la sinodalità nella Chiesa di Manaus e in Amazzonia.

 

La sinodalità ha a che fare con l’ambiente

Di fronte alla situazione climatica che sta vivendo l’Amazzonia, punita per il secondo anno con una siccità estrema, l’arcivescovo di Manaus ha affermato che “la sinodalità ha a che fare con l’ambiente”. Riconoscendo che questo non verrà affrontato nella Seconda Sessione dell’Assemblea sinodale, ha affermato che “se guardiamo a Querida Amazonia, Papa Francesco ci offre un’ermeneutica della totalità che è tremendamente sinodale. Cultura, questioni sociali, questioni ambientali e vita ecclesiastica. Tutto ciò costituisce una totalità ermeneutica”.

In questo senso, ha evidenziato il cardinale, “affrontiamo la questione dell'ambiente nella nostra arcidiocesi di Manaus, ma anche nelle altre diocesi che compongono la nostra Regione Nord1”. Ha denunciato il momento drammatico che sta vivendo l’Amazzonia, dettagliando alcune situazioni che rendono difficile l’accesso alle comunità e al lavoro pastorale in esse. Una situazione climatica che colpisce altre regioni del Brasile e che diviene drammatica a causa della deforestazione, “quest’aggressione all’ambiente in Amazzonia, attraverso l’attività mineraria, l’inquinamento delle acque dovuto al mercurio proveniente dalle miniere, la pesca predatore."

Tutto ciò significa che noi come Chiesa abbiamo l’obbligo di raggiungere le comunità, ma anche di sensibilizzare la società nella nostra regione alle questioni climatiche e ambientali”, ha affermato. L'arcivescovo spiega che la Chiesa di Manaus sta portando rifornimenti e acqua alle comunità, quasi una contraddizione in una regione con tanta acqua, che oggi non è più potabile.




Le donne nella Chiesa amazzonica

Il ruolo delle donne in Amazzonia è fondamentale. In una regione dove le comunità hanno vissuto per più di 100 anni senza la presenza del sacerdote, “e le comunità hanno continuato ad essere vive, pregando, celebrando e avendo i loro modi di pregare le donne hanno portato avanti le comunità e oggi portano avanti le nostre comunità”.

Molte delle nostre donne sono vere diaconesse, senza aver ricevuto l'imposizione delle mani. E queste diaconesse, vorremmo chiamarle diaconesse, ma per evitare confusione con il ministero ordinato, non abbiamo ancora trovato una parola adatta” ha affermato l'arcivescovo di Manaus. Sempre Steiner ha affermato che: «è ammirevole quanto le donne siano responsabili della nostra Chiesa, è ammirevole. Molte di loro sono a capo delle comunità, sono leader della Parola di Dio, riuniscono le comunità per un momento di preghiera”. Un lavoro che ha portato il cardinale ad affermare che “la nostra Chiesa non sarebbe la Chiesa che è senza la presenza delle donne”.

Riguardo all'ordinazione delle diaconesse, l'arcivescovo di Manaus ha ricordato l'esistenza di una commissione che studia storicamente questa questione. Si è chiesto: «se vediamo che questo è stato storicamente presente nella Chiesa, perché non ripristinare il diaconato femminile ordinato se esisteva già nella storia della Chiesa, come è stato fatto dopo il Concilio restaurando il diaconato permanente per gli uomini?».

Dal Sinodo dell’Amazzonia al Sinodo della sinodalità

L'Arcivescovo di Manaus ha riflettuto sulla realtà dell'arcidiocesi, segnata dalla presenza indigena, di migranti, con comunità indigene che hanno un modo diverso di strutturarsi, una realtà di cui tenere conto. Parlando della continuità tra il Sinodo per l’Amazzonia e quello attuale, ha affermato che “il Sinodo per l’Amazzonia ha aperto la possibilità di avere un Sinodo di sinodalità”, sottolineando la partecipazione di oltre 80mila persone alla preparazione del Sinodo per l’Amazzonia. La sinodalità è una strada senza ritorno perché tutti entriamo in un movimento di essere Chiesa. Nell'Assemblea sinodale, il cardinale ha affermato di voler condividere l'esperienza della partecipazione di tutti, una ricchezza enorme che abbiamo, ricordando che questo cammino è presente da più di 50 anni in Amazzonia. Una pratica presente nell'arcidiocesi di Manaus, dove più di mille comunità vengono consultate per vedere come essere una Chiesa più missionaria. Una Chiesa dove “i laici sono entusiasti di poter essere missionari”.



Possibilità di ordinare uomini sposati in alcune realtà

Riguardo all'ordinazione degli uomini sposati, ha detto che nell'arcidiocesi di Manaus ci sono più di mille comunità e 172 sacerdoti, per cui non è possibile seguire la vita sacramentale delle comunità. Dopo aver affermato che il Santo Padre non ha chiuso la questione, ha sottolineato che “per certe realtà non sarebbe una difficoltà ammettere all'ordinazione uomini sposati”. Alla fine dell’intervento il cardinal Steiner ha chiesto di continuare a dialogare, guardando alla comunità, che è la ragione dell'esistenza della Chiesa.

lunedì 14 ottobre 2024

COME DIRE IL MISTERO

 




 

Paolo Cugini

 

I problemi nascono quando si pensa di aver individuato il metodo per dire il Mistero e trasmetterlo in modo uniforme. Questo tentativo metodologico non è opera di coloro che ne hanno avuto esperienza, ma di coloro che desiderano sistemare e ordinare la realtà in tutte le sue manifestazioni.  Questo aspetto di un modo di dire univoco del Mistero in una griglia concettuale rigida e uniforme è avvenuto in modo particolare in Occidente ed ha riguardato la religione cristiana nella sua versione Cattolica. Secondo Ratzinger l’incontro del cristianesimo con il pensiero greco è stato provvidenziale e cioè non è stato semplicemente frutto del caso. Attraverso le categorie della filosofia greca, il cristianesimo ha pensato di spiegare ciò che con i semplici strumenti offerti dalla Bibbia non sarebbe mai riuscito a realizzare.

Il problema è che il Mistero non può essere detto in un modo e con un solo metodo. Proprio perché ci si trova dinanzi ad una realtà che è molto più complessa dei dati che incontriamo nella realtà e che riusciamo a spiegare con gli strumenti offerti dalla logica e dal discorso razionale, occorre lasciare aperto il campo ad altri modi di narrare il Mistero. Il cristianesimo ha veicolato un modo unico di dire il Mistero, autorizzando una unica proposta di pensiero, la filosofia classica, a fornire gli strumenti ermeneutici in gradi di spiegare gli aspetti rivelati del Mistero nella specifica esperienza cristiana. Per chi guarda dal di fuori e in modo distaccato il fenomeno, ci si rende conto di un’identificazione tra il Mistero e il modo di esprimerlo. Identificando il Mistero con l’essere dei filosofi, lo si è per così dire, incatenato, imprigionato, con l’aggravante che, chi ha imprigionato il Mistero identificandolo con l’essere, si sente l’unico garante della sua interpretazione.

C’è, dunque, una narrazione e una descrizione del Mistero, che non permette alternative. La dottrina prodotta per spiegare nei dettagli la natura del Mistero, facendo uso degli strumenti offerti dalla filosofia classica, è così univoca e rigida da non permettere la minima divergenza. La dottrina, per il fatto di avere la presunzione di dire il Mistero in modo certo, delegittima allo stesso tempo qualsiasi altro tipo di ricerca.

 

sabato 5 ottobre 2024

AZIONE CONTRO LA CORRUZIONE POLITICA: ULTIME ORE

 




Paolo Cugini

 

Abbiamo fatto la nostra parte: questa è la nostra grande soddisfazione. Un processo politico è sempre molto delicato, soprattutto quando si parla di elezioni municipali dove la corruzione è molto visibile.

Venerdì 4 ottobre 2024, due giorni prima delle elezioni, il Movimento Fede e Cittadinanza della Parrocchia San Vincenzo de’ Paoli ha realizzato il suo ultimo evento visitando le comunità di San Vincenzo, San Pietro e Cristo Re, distribuendo il testo della legge 9840 contro la corruzione politica e, soprattutto, manifestando la nostra presenza nelle strade del quartiere Compensa.



Da queste parti si dice che i candidati ad assessori nel quartiere li decidono i trafficanti. In effetti, il ricordo che ho delle elezioni Municipali nell’esperienza fatta nelle città dello Stato della Bahia è di una disputa molto combattuta sino all’ultima notte. In questi mesi a Manaus non ho visto di tutto ciò, anzi sono rimasto stupito del silenzio che ha regnato, come se i giochi fossero già decisi.

Magari non cambierà nulla, come si dice sempre, ma almeno noi della parrocchia abbiamo la coscienza a posto, perché abbiamo fatto la nostra parte.



Penso che sia importante che questo servizio di coscientizzazione contro la corruzione politica, lo facciano le persone che frequentano una parrocchia e celebrano il Giorno del Signore. Scendiamo in piazza con il desiderio di giustizia che Gesù aveva nel cuore. Quello che viviamo nella liturgia l’abbiamo portato nelle strade. È stato meraviglioso.