martedì 30 gennaio 2024
lunedì 29 gennaio 2024
IL CREDO DELLE DONNE CON ALICE BIANCHI - LUNEDI' 29 GENNAIO
Questa
sera ultimo incontro con Alice Bianchi del ciclo “Il Credo delle donne”. Alle 20.45 “Credo che
si è incarnato. Farsi maschio, farsi parziale”. Alice Bianchi, bresciana classe
1994, è dottoranda in teologia fondamentale alla Pontificia Università
Gregoriana di Roma e fa parte del Consiglio di Presidenza del Coordinamento
Teologhe Italiane. Collabora con il giornale della diocesi di Brescia e
insegna Introduzione alla Teologia nella scuola di formazione teologica
diocesana. Ha recentemente pubblicato La differenza che tiene in sospeso
il mondo. Donne, uomini, cristianesimo, Messaggero Padova, 2023.
Per
partecipare su meet utilizza questo link: https://meet.google.com/gtt-oefm-pxw
mercoledì 24 gennaio 2024
L’INFERNO É PIÚ BELLO
Paolo
Cugini
È
stato quello che ho pensato quando oggi pomeriggio sono stato a visitare una
zona di una delle sette comunità della parrocchia di San Vincenzi di Paolo, nel
quartiere Compensa di Manaus. Sono due settimane che sto organizzando questa
visita. Ho chiesto a Flavia, una catechista che abita nella biaxada di San
Pietro – è questo il nome della favela che ho visitato – di entrare in contatto
con uno di quelli che contano nella favela per darmi la possibilità di visitare
la zona. Questa è la situazione: nessuno entra senza permesso, nemmeno il
prete. La favela è considerata zona rossa di Manaus, per via dei trafficanti
che controllano la zona. La situazione si è aggravata negli ultimi mesi, perché
c’è un nuovo gruppo che è entrato nella favela e sta contendendo lo spazio a
quello che c’era già. La tensione che si è venuta a creare si vive
quotidianamente. L’altra sera, durante il consiglio pastorale in una delle due
comunità che vivono vicino alla favela, ad un certo punto è avvenuta una
sparatoria, un regolamento di conti, che ha provocato la paura tra le persone
presenti.
Abbiamo
visitato una parte della favela per capire che cosa fare e se è possibile fare
qualcosa. Si respira un senso di abbandono allucinante. Qui il comune non entra,
per cui acqua e luce arrivano per dei sotterfugi organizzati dagli abitanti. Le
costruzioni sono tutte abusive, oltre ad essere fatiscenti. Ci sono tantissimi
bambini e adolescenti. La favela è sorta con la costruzione abusiva di
abitazioni di coloro che arrivavano dai villaggi della foresta amazzonica, in
cerca della città con il mito di vivere meglio, avere più possibilità. In
realtà, che arriva in queste baracche viene a stare molto peggio.
La
droga è il pane quotidiano., Uno potrebbe dire: ma se non hanno nemmeno gli
occhi per piangere perché la droga e come fanno a comprarsela? La domanda
dovrebbe essere posta più a monte e cioè: a che cosa serve la droga? Serve per
dimenticare, per trascorrere qualche istante in pace. I ricchi si drogano per
riempire un vuoto, perché non sanno che cosa fare, mentre i poveri si drogano per
cercare di diminuire il dolore esistenziale, per dimenticare, anche solo per
qualche momento. Poi inizia l’inferno, dovuto all’impossibilità di pagare la
merce, l’entrata nel giro dei trafficanti, il coinvolgimento dei familiari. Il giorno
dopo la sparatoria c’era una testa che rotolava nelle strade della favela. Vari
corpi sono stati trovati nei cespugli dei dintorni della favela, di gente che
non riusciva a pagare i trafficanti locali. Qui nessuno entra, né il comune, né
la polizia: i conti se li regolano tra di loro.
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Se ogni tanto c'è un incendio nella favela si capisce perchè |
Dal
punto di vista religioso la stragrande maggioranza delle persone che abitano
nella favela sono evangelici. Qui si tocca con mano un vecchio discorso e cioè
della religione come una droga, con la differenza che, mentre la droga arriva
ad ammazzare, la religione venduta dagli pseudo pastori neopentecostali, conduce
fuori dalla realtà. Questi falsi pastori, veri e propri mercenari, attaccati ai
soldi in modo allucinante, assicurano ai poveri malcapitati un pezzettino di
paradiso in cambio di una tassa mensile. Fanno leva, infatti, su coloro che ricevano
benefici dal governo: pensionati, persone con deficienza fisica, famiglie povero
che ricevono un sussidio dal governo. Più sono povere, più le persone si
affidano ai mercenari di Dio, a pseudo pastori senza scrupoli che, come gli
avvoltoi, si nutrono della carne dei poveri malcapitati. I disperati non ascoltano
discorsi teologici raffinati, ma si affidano alle promesse di un futuro
glorioso. Probabilmente sanno che è tutto falso, ma che cosa importa! Un po’ di
consolazione illusoria può servire per andare avanti in mezzo allo schifo della
vita presente.
Abbiamo girato una parte della favela con la scusa di trovare un posto per celebrare una messa fra qualche domenica. In realtà, cercavo di vedere con i miei occhi il dramma della miseria umana, sin dove può arrivare il degrado umano, per capire che cosa si possa fare o se si possa davvero fare qualcosa, con la consapevolezza che dagli abitanti del posto non arriverà mai nessuna richiesta di aiuto. Il dato più allucinante è che a soli sei km di distanza c’è il quartiere di lusso Ponta Negra, con palazzi ed edifici da far invidia a Toronto. Tanta disuguaglianza in pochi metri. Forse, fra qualche mese andrò a trovare anche loro.
martedì 23 gennaio 2024
domenica 21 gennaio 2024
TORNA IL CREDO DELLE DONNE
Lunedì 22 gennaio 2024 alle ore 20,45 torna il percorso teologico, organizzato dalle
Edizioni San Lorenzo di Reggio Emilia, denominato: Il credo delle donne.
Siamo ormai al terzo anno e stiamo ascoltando alcune teologhe e bibliste italiane
che ci parlano degli articoli del credo.
La
teologa Alice Bianchi ci parlerà di: Credo in Gesù Cristo, Signore.
Potere, comunità e resurrezione.
L’incontro
si svolgerà, come sempre in meet.
https://meet.google.com/gtt-oefm-pxw
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La teologa Alice Bianchi |
Alcuni
dati sulla relatrice Alice Bianchi:
Classe 1994, bresciana, ha conseguito il Baccalaureato
presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale nel 2018. L’anno
seguente ha pubblicato Tecla. Io mi battezzo nell’ultimo giorno nella
collana Madri della fede (edizioni San Paolo).
Per le edizioni Messaggero di Padova ha pubblicato nel
2023: La Differenza che tiene in sospeso il mondo. Donne,
uomini, cristianesimo. .
Attualmente è dottoranda presso la Pontificia
Università Gregoriana di Roma dove ha ottenuto la Licenza in Teologia
Fondamentale nel 2021.
È consigliera nazionale per il Settore Giovani di
Azione Cattolica nel triennio 2021-2024.
Ha insegnato religione nella scuola primaria e nella secondaria di secondo
grado.
Le edizioni San Lorenzo hanno pubblicato i seguenti libri sul tema della teologia delle donne:
Uno sguardo diverso su Dio. La teologia delle donne (2021)
Il credo delle donne (2022)
I libri sono acquistabili sul sito delle Edizioni San Lorenzo:
https://www.edizionisanlorenzo.it/
sabato 20 gennaio 2024
Il ruolo fondamentale delle donne nelle comunità indigene
Paolo Cugini
La
Conferenza Ecclesiale dell’Amazonia (CEASA), venutasi a formare dopo il sinodo
dell’Amazzonia con l’obiettivo di mettere in pratica le indicazioni sia del
testo finale del Sinodo che di Querida Amazonia di Francesco, ha presentato
alcuni mesi fa un primo lavoro di ricerca nel tentativo di mettere le basi di
un rito amazonico, conforme la volontà di papa Francesco. Nella parrocchia in
cui opero a Manaus, abbiamo costituito un gruppo di ricerca che sta leggendo e
riflettendo sui testi prodotti dalla CEAMA
per prendere alcuni spunti da riportare poi nelle nostre celebrazioni,
Ci sono sembrati particolarmente significativi le indicazioni sul ruolo delle
donne nelle comunità indigene.
Nelle
cosmologie dei popoli indigeni, dei quilombola e di altre comunità tradizionali
la figura femminile ha un ruolo centrale in quanto è colei che genera e si
prende cura della vita. Esempio di questo sono le espressioni Madre Terra,
Madre dell'Acqua, Madre dei Pesci e Madre del Cespuglio. Questa centralità del
femminile si presenta nelle relazioni di socialità dei popoli indigeni, in cui
le donne hanno molteplici ruoli: generano e istruiscono i figli su come
trasmettere storie e conoscenze; indicano l’attenzione alla casa e alla
famiglia; consigliano i propri compagni su come prendere decisioni basate sui
sogni e segni sacri, che sanno interpretare con la propria sensibilità.
Ciò
dimostra il ruolo fondamentale che le svolgono in queste comunità. In questo
senso è opportuno sottolinearlo, per l'organizzazione dei riti e delle
celebrazioni che ne derivavano dalle interazioni tra cristianesimo, popolazioni
indigene, quilombolas e comunità tradizionali, il protagonismo delle donne è
fondamentale. Per un autentico Rito Amazzonico, è importante che le donne
possano occupare spazi di partecipazione e leadership in cui non si trovano in
una posizione subordinata, ma di simmetria e complementarità. Proprio come nel
lavoro collettivo in fattoria – in cui le donne lavorano (a fianco degli
uomini) nella piantagione, nella preparazione di cibi e bevande – nelle
comunità dove si svolgono le feste dei santi, sono loro che organizzano e
dirigono le litanie, le danze tradizionali e la preparazione e distribuzione di
cibi e bevande.
Un
rito amazzonico deve prevedere la ridistribuzione dei posti e dei ruoli
all’interno della Chiesa, accogliendo ufficialmente il ruolo delle donne come
predicatrici e officianti sacramenti.
Inculturazione e contaminazione
Paolo
Cugini
Leggendo
i documenti della Chiesa sul tema dell'inculturazione, ci si rende conto che il
discorso è unidirezionale. Al di là delle parole e delle riflessioni, il
discorso parte sempre dal presupposto che il Vangelo è l'unica parola vera e
che le verità delle altre culture sono tali quando sono in consonanza con le
verità e i valori del Vangelo. A questo punto è lecito una domanda: ci può
essere una verità, un valore in una cultura che non sia strettamente legato
alle verità e ai valori del Vangelo? La domanda intende porre il problema della
libertà dello Spirito Santo di fecondare in ogni cultura la verità. Se ciò
fosse possibile vorrebbe dire che la chiesa, incontrando altre culture, non
dovrebbe attivare semplicemente un processo di verifica di consonanza delle
verità e dei valori culturali con il Vangelo, ma porsi in un ascolto attento
per accogliere la novità apportata sul tema della verità da una cultura diversa
e per questo, essere disponibili ad accoglierla, così come si manifesta, senza
volerla modificare o, peggio ancora deturpare.
È
a questo livello che si pone il tema della contaminazione come elemento
positivo del cammino di evangelizzazione. Se esistono valori e verità
autentiche nelle altre culture che sono indipendenti, autonome, diverse dai
contenuti del Vangelo, ma che hanno una verità evidente, è possibile che queste
verità altre contaminino il contenuto del Vangelo? È possibile lasciarsi
contaminare positivamente senza paura di perdere l'identità cristiana,
ritenendo che l'identità che lo Spirito Santo è capace di produrre sia il
frutto dell'accoglimento delle diverse verità suscitate dallo spirito e non
elaborate dall'ideologia dominante?
Porre il problema della contaminazione in
teologia non significa scadere nel campo del sincretismo o del pluralismo a
basso costo, ma entrare nella verità profonda delle possibilità dello Spirito
Santo, che troppo spesso nella storia della teologia cattolica è stato
prigioniero di strutture filosofiche, metafisiche, ti teologie che più di
approfondirne il messaggio autentico, ne hanno ristretto il campo di azione e
la sua autentica possibilità di rivelazione.
Entrando
in questo tipo di riflessione che cerca di valutare la capacità di lasciarsi
contaminare di una cultura, diviene evidente il processo d’indurimento avvenuto
nella chiesa per proteggere i propri contenuti nei confronti delle possibili contaminazioni.
Potremmo leggere in questa prospettiva il fenomeno dell’inquisizione (Santa?),
della caccia alle streghe, delle torture di tutti coloro che erano ritenuti
eretici. Il fenomeno dell’eresia nasce proprio quando una istituzione difende
ad ogni costo quello che ritiene essere il proprio patrimonio ideologico
considerato inviolabile e inalterabile.
La
domanda a questo punto del discorso è la seguente: quando Gesù ha annunciato il
Vangelo ha voluto proporre una dottrina di tipo dogmatico da difendere con i
denti, oppure ha voluto indicare un cammino, uno stile di vita che, proprio
come tale, sarebbe dovuto rimanere aperto ad ogni possibile contaminazione in
sintonia con il messaggio annunciato?
giovedì 18 gennaio 2024
LIBERI COME LO SPIRITO
Paolo Cugini
E
se imparassimo a lasciare libero lo Spirito Santo, nel senso di liberarlo dalle
nostre catene teologiche, dottrinali, dogmatiche. Se riuscissimo a liberarci la
mente dalle precomprensioni accumulate nei secoli, che sin da prima di nascere
ci dicono come dobbiamo guardare la realtà e persino ci sanno perfettamente
dire come soffia lo Spirito, da che parte viene e dove va. Quanta arroganza in
tante pagine di teologia cattolica! Che boria, che tracotanza, ma, soprattutto,
quanta pigrizia! Sono i pigri, infatti, che preparano tutto a puntino per non
dover far fatica con delle novità, con delle sorprese. Sono i moderati, quegli
sfaticati, che per paura di dover sudare, preparano tutto a puntino in
precedenza, così possono stare tranquilli e sereni.
E se lo lasciassimo libero, così com’è, senza
pretendere di sapere più di Lui, di far finta di capire quello che umanamente è
difficile capire. Forse ci accorgeremmo che ci sono dei contenuti che ci
sfuggono, che non riusciamo a collocare dentro i nostri sistemi precostituiti.
Forse potremmo cogliere delle novità inaspettate, mai previste e pensate. È con
questo spirito che dobbiamo guardare alle culture altre, per poter cogliere la
novità, i doni che lo Spirito Santo ha fatto fecondare indipendentemente dalla
Chiesa e dal suo Magistero, perché lo Spirito è ben più della Chiesa e del suo
Magistero.
Forse
è con questo Spirito di libertà che potremmo sperimentare l’ebrezza dello
Spirito del Signore, che nessuno sa da dove venga e dove vada, e ci porta dove
vuole Lui. Forse è proprio questo il senso della vita nello Spirito: lasciarci
condurre da Lui, lasciarci trasportare dove lui vuole, senza pregiudizi, senza
sentirsi in obbligo di dover giudicare le esperienze altre alla luce dei nostri
piccoli paradigmi. Perché è proprio da qui la difficoltà di vivere il Vangelo
fino in fondo, assaporarne il suo Spirito, nel fatto cioè, che ci hanno
insegnato ad identificare il Vangelo con una religione specifica, con riti e
dogmi ben chiari, a vivere dentro dei limiti, dei confini. E allora lo Spirito
in questi piccoli e angusti cunicoli entra un po' stretto, e noi che nella
giovinezza percepiamo che sarebbe qualcosa d’altro, lentamente ci adattiamo a
questa identificazione dello Spirito con l’istituzione e i più devoti, paradossalmente,
ne diventano i più estremi difensori.
Ma
se un giorno riuscissimo a liberarci di tutto questo, quanto bello sarebbe!
venerdì 12 gennaio 2024
Una nuova spiritualità post-teista
Paolo Cugini
La
prospettiva inaugurata dal nuovo paradigma post-teista, non muta solo il modo
di intendere Dio, ma anche il modo d’intendere la spiritualità. Se Dio non
abita più in cielo perché, come abbiamo visto, viene superato il dualismo cielo
e terra, come chiamare d’ora innanzi Dio, con che nome? Ancora. Se esisteva ed
esiste tutt’ora, una spiritualità teista, è possibile parlare di una
spiritualità post-teista o trans-teita? Sono domande importanti che hanno già
trovato alcune risposte e che ora cercheremo di conoscere.
Secondo
il teologo della Liberazione Leonardo Boff, che ha dedicato molti anni di
studio al nuovo paradigma scientifico in una prospettiva teologica[1], l’uscita da una visione
dualista della realtà comporta l’assunzione del paradigma scientifico, che ci
mostra come tutto sia relazionato con tutto. La legge universale dell’Universo
è la cooperazione di tutti con tutti, in altre parole, la connettività. “Tale
interdipendenza – sostiene Boff – e tale solidarietà cosmica rendono tutti
complementari gli uni agli altri. Nulla è superfluo, nulla viene escluso”[2]. In questo modo di
percepire il mondo c’è una profonda spiritualità che tende verso l’unità. Boff
parla di spirito dell’Universo che è alla base di tutte le relazioni e
interconnessioni e, soprattutto, è responsabile dell’unità del Tutto. Questo
processo di unificazione percepibile nell’Universo è iniziato a realizzarsi dal
primissimo momento dopo il Big Bang, quando gli elementi primordiali sono
entrati in relazione tra loro.
Sono gli embrioni dello
spirito che hanno cominciato ad emergere. Per questo lo spirito germinale
presenta la stessa ancestralità dell’Universo: è nell’Universo prima ancora di
essere in noi. Perché sono sempre interconnessi, tutti gli elementi sono
portatori, a modo loro, dello spirito (Boff, p. 105).
Il
principio di relazionalità funziona allo stesso modo in una montagna come in
qualsiasi essere vivente, compreso l’uomo e la donna. Si può pensare a
gradualità differenti, ma l’idea che tutto è interconnesso ci conduce a pensare
che ogni organismo vive in relazione con gli altri. Percepire lo spirito
dell’Universo significa entrare all’interno di un cammino che ci fa sentire in
relazione con tutti a tutti i livelli. Questa cosmovisione, infatti, ci obbliga
a pensare alla realtà non come una macchina, ma come un organo vivo, impastato
di energia e noi stessi siamo imbevuti di energia vitale, spirituale, cosmica.
Questa energia che ci rende vivi “è l’altro nome di Dio, o dello Spirito
Creatore e Vivificatore” (Boff, p. 114). La comprensione della realtà così
intesa dà origine, secondo Boff, ad una spiritualità, perché: “abbracciare il
mondo significa abbracciare Dio, il quale si nasconde ed emerge in ogni essere”
(Boff, p. 114). Secondo il nostro autore è necessario riscattare quello che lui
chiama la ragione cordiale, che è il fondamento dell’etica e della
spiritualità. È il cuore cordiale che ci permette di andare oltre la ragione
analitica, che è alla base della spiritualità teista.
Il principio
cosmologico dell’auto-organizzazione dell’Universo sta operando in ciascuna
delle parti del Tutto. Sena nome e senza immagine. Dio è il nome che le
religioni hanno trovato per liberarlo dall’anonimato e inserirlo nella nostra
coscienza e nella nostra celebrazione. È un nome del Mistero, un’espressione
della nostra venerazione. Sta nel cuore dell’Universo. L’essere umano lo
percepisce nel suo cuore con entusiasmo (Boff, p. 115).
Secondo
Boff, la mentalità che attualmente esprime meglio questa nuova sensibilità
spirituale post-teista è quella ecologica. In effetti, il paradigma post-teista
aiuta meglio di quello teista a comprendere la realtà, mostrando come, a
differenza della mentalità teista che incentivava una spiritualità incentrata
sul soggetto, trascurando ogni riferimento al cosmo e alla natura, tutto è interconnesso
e come Dio sia presente in tutte le cose.
Il
teologo irlandese Diarmuid O’Murchu parla di orizzonte cosmico della
spiritualità emergente[3], e questo perché la
spiritualità è divenuta progressivamente un campo di studio interdisciplinare
in cui la cosmologia ha avuto un maggior impatto rispetto alle altre
discipline. Il paradigma post-teista apre non solo le porte ad una sensibilità
spirituale più attenta all’ecologia, ma anche alle questioni di genere. Ne sono
testimonianza i lavori della teologa brasiliana Ivone Gebara[4] e della teologa
statunitense che da più di trent’anni lavora in Cile: Mary Judith Ress[5]. Secondo Gebara, il teismo
ha contribuito a creare un processo di maschilizzazione della Terra Madre e
questo è dovuto anche al fatto che la natura è sempre stata considerata come un
luogo e “come luogo è divenuta oggetto piegato all’uso e al potere umano
razionale”[6]. Il paradigma post-teista
può contribuire a destrutturare la cultura patriarcale che ha utilizzato il
teismo per esprimere una religiosità e una spiritualità che ha generato
disuguaglianze e, di conseguenza, violenze di genere. Su questa stessa linea di
riflessione e accogliendo le istanze riportate sopra, Mary Judith Ress arriva
ad affermare che è proprio la prospettiva dell’interdipendenza di tutte le
cose, sostenuta anche dall’ecofemminismo, che sarà possibile recuperare la nostra
dimensione mistica e sciamanica. “Siamo parte del processo evolutivo cosmico –
afferma Ress – e da qui viene la nostra creatività. Da qui allineiamo la nostra
coscienza alla coscienza dell’universo, che è molto, molto più grande della
specie umana”[7].
Sempre
in questo cammino di ricerca, il teologo spagnolo Arregi parla di spiritualità
transteista. Ponendosi sull’onda della famosa profezia nietzschiana
dell’annuncio della morte di Dio, a suo modo di vedere grazie a questa “morte”
sarà possibile tornare ad incontrare Dio. Dal Dio tesista troppo ideologizzato,
nell’epoca post-teista che stiamo vivendo, si avrà la possibilità di riscoprire
il Dio che si manifesta nella Realtà. “L’umanità se vuole essere quello che è e
vivere davvero, dovrà cercare un nuovo modo di lasciarsi abitare più
profondamente dal Soffio Vitale, lo spirito universale che la anima in
comunione con tutti gli esseri”[8]. Secondo Arregi, esiste un
cammino di ritorno al Mistero o al Silenzio che è iniziato già all’interno
delle stesse religioni sin dall’origine. La spiritualità transteista è il
destino del nostro tempo e ciò vale sia per chi ancora segue una religione e
chi ha ormai da tempo abbandonato ogni tipo di religione. Il dato interessante,
secondo Arregi, sta nella scoperta che la spiritualità transteista non sorge
dopo quella teista ma, addirittura la precede e l’accompagna. Nel saggio che
stiamo analizzando, Arregi ripercorre da un punto di vista storico il cammino
delle religioni, mostrando come spesso nasca all’interno delle religioni una
sorta di percorso opposto. Mentre le religioni con il passare dei secoli si
trasformano in istituzioni con codici e regole fisse e sempre più rigide,
sviluppando un pensiero di tipo dogmatico, proprio al loro interno, come
critica e reazione:
sono sorti potenti movimenti
spirituali di riforma: una spiritualità mistica oltre il dogma e il tempio, una
spiritualità etica di fronte al culto e alla dottrina, una spiritualità
profetica-politica del Dio Unico oltre ogni immagine umana particolare e ogni
alleanza tra la corte e il clero. Nel seno di diverse filosofie e religioni è
emersa un’intensa aspirazione all’Uno senza nome” (Arregi, p. 102).
La fine del teismo prodotto in modo
particolare dalle rivoluzioni scientifiche e dalla potenza dei mezzi di
comunicazione, non significa la fine della spiritualità, ma solo di quel tipo
di spiritualità venutasi a creare dal paradigma teista. C’è un processo di
liberazione in atto, frutto del nuovo paradigma post-teista, che non
attribuisce più nomi specifici al Mistero, ma lo percepisce come Soffio vitale,
Spirito, Energia, Realtà. Liberarsi dalle forme illusorie del pensiero, che è
un processo tipico della cultura occidentale, permetterà all’umanità, secondo
Arregi, a scoprirsi “uno con l’Assoluto e, pertanto, con l’Essere profondo di
tutto ciò che è” (Arregi, p. 106).
C’è un ultimo aspetto che mi sembra
importante sottolineare in questa ricerca di una spiritualità transteista
proposta da Arregi. L’autore si chiede come mai viene manifestata tanta
resistenza dinanzi alla proposta di una mistica cristiana transteista. Tale
resistenza non si percepisce in altri contesti religiosi. È strana
l’opposizione che viene fatta tra il Dio impersonale della mistica indù e il
Dio personale della mistica cristiana. Secondo Arregi è una mera costruzione
della mente umana. Infatti, i contenuti della spiritualità universale sono la
profondità dello sguardo, ampiezza della coscienza, la comunione dei viventi
nella fonte comune della vita: qui non c’è contrapposizione tra religioni, ma
sentire spirituale comune. Lo stesso si può dire per l’esperienza dell’Infinito
nella tradizione monoteista giudaico-cristiana e mussulmana, che: “c’invitano,
oggi più che mai, a superare tale opposizione, quelle pretese di verità
assoluta che tanto profondamente arrecano danno alla vita” (Arregi, p. 111). Valgono
allora, come conclusione del percorso proposto da Arregi, le riflessioni del
teologo del XIV secolo d. C. Maestro Eckart, indicato come antesignano della
spiritualità transteista, il quale invitava a liberarsi di “Dio” per liberarsi
in Dio, con o senza nome, “per essere uno con tutto l’Uno, per promuovere la
liberazione universale in un mondo che geme” (Arregi, p. 113).
[1] Cfr. boff, l. Il Tao della liberazione,
Roma: Fazi Editore, 2014.
[2] boff, l. «Il
Dio che sorge nel processo della cosmogenesi» in: fanti, c. vigil, j.m. (a cura di), Il cosmo come
rivelazione. Una nuova storia sacra per l’umanità. Verona: Gabrielli, 20224,
p. 105.
[3] diarmuid o’murchu. «Orizzonti dello
spirito nel XXI secolo» in: fanti, c.
vigil, j.m. (a cura di), Il cosmo come rivelazione. Cit. p. 179.
[4] gebara, i. «Un contributo
dell’ecofemminismo teologico a una migliore convivenza planetaria» in: fanti, c. vigil, j.m. (a cura di), Il
cosmo come rivelazione. Cit. p. 137-162.
[5] ress, m.j. «Da una prospettiva
ecofemminista. Re-immaginando la Sapienza che ci sostiene» in: fanti, c. vigil, j.m. (a cura di), Oltre
Dio. Cit. p. 227-246.
[6] gebara, i. «Un contributo dell’ecofemminismo
teologico a una migliore convivenza planetaria» in: fanti, c. vigil, j.m. (a cura di), Il cosmo come
rivelazione. Cit. p. 142.
[7] ress, m.j. «Da una prospettiva ecofemminista.
Re-immaginando la Sapienza che ci sostiene» in: fanti,
c. vigil, j.m. (a cura di), Oltre Dio. Cit. p. 228.
[8] arregi, t. «Dio al di là di “dio” o del
teismo. Riflessioni teologiche in prospettiva storica» in: fanti, c. vigil, j.m. (a cura di), Oltre
Dio, cit. p. 102.
martedì 9 gennaio 2024
UNA BIBLIOTECA PER LA FACOLTA’ CATTOLICA DELL’AMAZZONIA
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Un evento culturale organizzato dalla FCA con al centro Mons Steiner, Cardinale di Manaus |
Paolo
Cugini
Lavoro
da circa sei mesi nella Facoltà Cattolica dell’Amazzonia (FCA) con sede a
Manaus e mi colpisce la voglia dell’equipe coordinatrice del progetto, di
costruire una realtà formativa creativa e attenta al territorio. Nell'equipe c'è il direttore della facoltà padre Hudson che recentemente è diventato vescovo ausiliare di Manaus e che contiunerà a svolgere il servizio in Facoltà.
La
FCA nata lo scorso anno, ha già ottenuto il riconoscimento dallo Stato brasiliano
con il massimo dei voti. In questi primi mesi di attività, sta pianificando il
lavoro dei prossimi anni. L’obiettivo principale consiste nel divenire un’entità
formativa su tutto il territorio amazzonico, con una particolare attenzione
alle fasce sociali più deboli, come gli abitanti delle comunità che vivono sul
Rio delle Amazzoni e coloro che vivono nei quartieri più poveri.
La
FCA desidera dedicarsi allo studio della realtà amazzonica, essendo uno spazio
di dialogo interdisciplinare, interreligioso, interculturale ed ecumenico, alla
ricerca di nuovi percorsi verso un'ecologia integrale. Intende articolare un
rapporto di solidarietà e reciprocità con la comunità, attraverso attività di
estensione, attività pastorali, corsi e progetti di estensione.
Per
poter svolgere questo fondamentale lavoro formativo la Facoltà Cattolica deve
divenire al più presto autonoma dal punto di vista economico. Per questo sta
pensando di aprire nei prossimi tre anni nuovi corsi di pedagogia, giurisprudenza,
psicologia, mantenendo sempre aperta l’attenzione allo specifico del
territorio, ai temi che lo caratterizzano come l’ecologia, la grande diversità
di popoli e lingue, la situazione di povertà di una grande fascia di
popolazione.
Per
riuscire a raggiungere gli obiettivi proposti, la FCA ha bisogno di aggiornare
il Fondo Generale della Biblioteca a favore della strutturazione del corso di
Filosofia e Teologia, e essere di sostegno all'insegnamento,
all'approfondimento e alla ricerca. Attualmente
il patrimonio della Biblioteca della FCA è piuttosto carente, costituito per lo
più da libri che provengo da donazioni. Si tratta, dunque di un materiale non
aggiornato.
Gli
studenti che arrivano in Facoltà spesso non sono in condizioni id comprarsi dei
libri, anche perché devono già fare un grande sforzo per pagare la tassa
mensile. Avere una biblioteca ben fornita e attualizzata è di fondamentale
importanza per il buon esito dei percorsi formativi degli studenti. Altro dato
interessante per comprendere la situazione culturale di Manaus è che in una
città di più di due milioni di abitanti non esiste una sola libreria. Ci sono
alcuni negozi di cartoleria che vendono anche libri, ma non esiste attualmente
un luogo in cui si vendono solo libri. Questo dato, a mio avviso, dice molto della
situazione culturale di questo popolo e delle politiche che sono state pensate
in questi anni.
Dall’esperienza
acculata in tanti anni di missione in zone povere so benissimo che le persone che
vivono in Occidente, storcono il naso quando il missionario chiede offerte per
dei libri da mettere in una biblioteca pubblica. È un pregiudizio che viene da
molto lontano, che considera la cultura come un lusso. Ho scoperto che la
realtà è esattamente il contrario, vivendo in mezzo ai poveri, parlando con
giovani che mi chiedevano libri, possibilità di studiare, come unico cammino
per uscire da un destino di povertà e esclusione. Per questo motivo, negli anni
trascorsi in Bahia (Brasile) assieme ad un mio amico, abbiamo costituito un’associazione
(che esiste ancora) che negli anni ha messo in piedi quattro biblioteche e
attivato vari corsi professionali o di preparazione all’esame di entrata all’Università.
Adesso sono in Amazzonia e sono stato subito coinvolto in un progetto culturale
di grande respiro, che abbraccio con tutto il cuore, perché capisco quanto sia
importante un libro, per imparare a sognare, ad avere un’opinione propria, a
contrastare le menzogne che il mondo politico ed economico raccontano per
mantenere il popolo schiacciato in una povertà disumana.
Se
desideri contribuire a questo progetto culturale entra in contatto con Il
Centro Missionario Diocesano di Reggio Emilia e riceverai tutte le istruzioni.
Intanto,
a nome della Facoltà Cattolica dell’Amazzonia, ti ringrazio di cuore.
CMD
Reggio Emilia:
indirizzo: Via Vittorio
Veneto, 6, 42121 Reggio Emilia RE, Italia
E-mail: missioni@cmdre.it
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domenica 7 gennaio 2024
ASSEMBLEA DELLE COMUNITA’
Il ponte dal quale varie persone si sono gettate negli ultimi anni |
Parrocchia san Vincenzo de Paulo-Compensa, Manaus
Il problema della sofferenza psichica
Paolo Cugini
Si
sta svolgendo in questo fine di settimana – 5/7 gennaio – l’assemblea delle 7
comunità della parrocchia san Vincenzo di Paola, che accompagno da più di due
mesi. L’abbiamo strutturata sul metodo: vedere, giudicare, agire, celebrare,
utilizzato da sempre dalla chiesa Latino-americana. Dopo una serata dedicata
alla riflessione biblica per cercare spunti per migliorare le relazioni umane
nelle comunità, sabato mattina l’abbiamo dedicata ad un’analisi della
congiuntura socioeconomica del quartiere Compensa in cui viviamo, composto da
circa 100 mila abitanti.
![]() |
Un angolo del quartiere Compensa di Manaus |
Abbiamo
invitato due psicologhe, una che lavora nelle strutture pubbliche e una qui in
parrocchia; un assistente sociale e un personale sanitario. L’obiettivo della
mattina è stato quello di capire meglio la situazione sociale di uno dei quartieri
più poveri e pericolosi di Manaus. I dati riportati sono allarmanti. Ha colpito,
soprattutto, il dato riportato dall’assistente sociale Elizabeth sulla salute
mentale degli abitanti e il grande numero di persone che soffrono di disturbi
psichici. Il motivo di ciò è stato individuato da una serie di fattori, tra i quali
il grande tasso di disoccupazione. Quasi il 40% delle persone vive con meno di
150 euro al mese e molte famiglie fanno parte del programma sociale che distribuisce
borse della spesa. C’è poi tutta una zona del quartiere Compensa che vive nella
miseria. È questo un territorio dominato dal traffico di droga in cui è anche
difficile l’azione pastorale.
![]() |
Un altro angolo del quartiere Compensa |
Il
dato che più ha allarmato l’assemblea è stato quello riguardante la salute
mentale degli abitanti del quartiere. C’è molta sofferenza psichica e poco
personale per attendere la domanda. Nel nostro quartiere ci sono solo due
psicologhe. Anche la parrocchia da anni ha messo a disposizione una psicologa
e, nell’ultimo consiglio pastorale delle comunità abbiamo deciso di fare uno
sforzo per mettere a disposizione della comunità un’altra psicologa.
Altro
dato in linea con quelli accennati è l’alto tasso di suicidi. Secondo la
psicologa Daianne Veras Tavares, che da anni lavora nel quartiere Compensa, da
quando il Governo ha costruito il ponte che unisce le due rive del Rio Negro il
tasso di suicidi è aumentato molto. Proprio per questo, alcune entità si sono
organizzate per elaborare un progetto chiamato: “Non è ancora il tuo ultimo
viaggio”, con l’obiettivo di prevenire il suicidio. Lo scorso anno il
numero di suicidi nel quartiere Compensa, secondo i dati che si hanno a
disposizione, è stato di 124. “Oggi lo psicologo – ha dichiarato la psicologa Daianne-
è più importante del dentista”. Secondo Daianne l’altissimo tasso di suicidi
rivela una bassissima capacità di resistere alla sofferenza psichica. Oltre ai
problemi economici come causa della sofferenza mentale, la psicologa ha
segnalato anche la grande solitudine in cui si trovano gli anziani e il numero
crescente di persone che soffrono di depressione. C’è tutto un mondo che sembra
non reggere più il peso di una vita che sembra essere senza vie di uscita.
Altro
dato significativo riportato dall’assistente sociale Elizabeth è sul tasso di
scolarità. “I dati che abbiamo – sostiene Elizabeth – non corrispondono alla
realtà. Nonostante i numeri del Governo indichino percentuali alte di successo
scolastico, in realtà i bambini non sanno leggere e nella Compensa c’è una
percentuale altissima di abbandono scolastico”. Il Governo, per non perdere gli
incentivi economici delle entità Internazionali, proibisce agli insegnanti di
bocciare e, così, nelle classi anche delle scuole superiori si trovano ragazzi
che fanno fatica a leggere e a comprendere il testo.
Nelle
prossime settimane nei consigli pastorali delle comunità cercheremo di capire
come annunciare il Vangelo in questo contesto di grande sofferenza.
lunedì 1 gennaio 2024
Quale cristianesimo nel post-teismo?
Paolo Cugini
Nelle
pagine degli autori del post-teismo è iniziata una lettura critica del
cristianesimo che, in sintesi, può essere condotta a tre filoni principali. In
primo luogo, vi è un’ala radicale che sta mettendo in soffitta tutto l’apparato
concettuale del cristianesimo, considerandolo superato e improponibile. Ci
sono, in secondo luogo, autori che stanno elaborando una proposta alternativa
al post-teismo recuperando in modo critico alcuni elementi del cristianesimo.
Per ultimo, vi sono coloro che interpretano il cristianesimo nell’epoca del
post-teismo rileggendo i dati del cristianesimo senza stravolgerli, ma operando
un’operazione ermeneutica in grado di continuare il cammino sui contenuti della
Tradizione.
In
primo luogo, dunque, c’è una riflessione che sta prendendo le distanze in modo
radicale e senza continuità con i contenuti del cristianesimo elaborati nei
primi secoli e che hanno influenzato tutto il cammino. Tra questi autori
spiccano le analisi in prima battuta del vescovo episcopaliano statunitense
John Shelby Spong[1]
e del gesuita belga Roger Lenaers[2] e, le analisi più recenti
del teologo latino-americano José Maria Vigil[3] e del teologo spagnolo
José Arregui[4].
Basta sfogliare le 12 tesi di Spong[5]per rendersi conto che del
cristianesimo, così com’è stato elaborato nella cristianità, ci rimane ben
poco, anzi nulla. Si passa infatti, dall’affermazione del non senso del
“cercare di credere Gesù come incarnazione di una divinità teistica”[6], alla negazione della
verginità intesa in senso biologico perché, secondo Spong, renderebbe
impossibile la divinità di Cristo così com’è stata tradizionalmente compressa[7]. In un contesto culturale
post-newtoniano, non c’è più spazio per la narrazione dei miracoli di Gesù, che
possono essere spiegati come “versioni ampliate di storie di Mosè, Elia e di
Eliseo, o come applicazioni alla vita di Gesù, in senso messianico, dei segni
del Regno di Dio in Isaia”. Lo stesso vale per la resurrezione che: “non può
consistere in un risuscitare fisico all’interno della storia umana”. La chiave
ermeneutica di questa presa di posizione così radicale nei confronti dei
contenuti della Tradizione è proprio quel teismo che stiamo analizzando e che,
a detta di Spong, è stato utilizzato dalla prima comunità cristiana per leggere
i contenuti del messaggio evangelico. Siccome il teismo come modo di definire
Dio è morto e la maggior parte di ciò che si dice di Dio non ha più senso,
“dobbiamo trovare un nuovo modo di concettualizzare Dio e parlarne”.
Dello
stesso parere è il gesuita Roger Lenaers. Per comprendere la sua analisi
occorre inquadrare bene la sua griglia concettuale. Invece di parlare di Teismo
e post-teismo, Lenaers parla di eteronomia e teonomia[8]. Eteronoma indica la
concezione dualista della realtà, in cui gli elementi della realtà terrena
fanno riferimenti ad un mondo altro (heteros in greco), il mondo trascendente.
È questo il paradigma – che Lenaers indica con il termine assioma – che è servito
come chiave d’interpretazione della realtà e che il cristianesimo delle
origini, in modo particolare il riferimento è ai primi quattro Concili
ecumenici, ha utilizzato per descrivere i misteri che riguardano Gesù di
Nazareth. La concezione eteronoma è un assioma che è stato recepito come
evidente, senza interrogarsi sull’origine delle cose e comprendere se stanno
davvero così, se c’è davvero di far riferimento ad un presunto mondo
trascendente per stabilire le leggi del nostro mondo immanente. L’accettazione
di questo assioma cominciò a crollare con l’emergere delle scienze esatte, che
aiutò a comprendere che “la natura segue proprie leggi interne, che possono
essere calcolate, i cui effetti possono essere previsti e spesso addirittura
evitati”[9]. Smantellato l’apparato
concettuale che reggeva la visione del mondo eteronoma, che aveva ipotizzato
l’esistenza di un Dio – il Teos del teismo -, si fa strada una concezione
autonoma, che considera per le proprie analisi la sola realtà immanente.
L’autonomia non è
l’affossatrice del vero Dio, ma solo dell’insoddisfacente immagine di un Dio in
cielo, che è una costruzione umana, anche troppo umana e, in ogni caso,
inadeguata a rappresentare per i tempi moderni il Dio che si rivela in Gesù […]
La riconciliazione di autonomia e fede in Dio è chiamata teonomia.
Nel
pensiero teonomo esiste solo il nostro mondo: non c’è più bisogno di alcuna
trascendenza. È questa la prospettiva aperta dal post-teismo che Lenaers chiama
teonomia. L’autore è consapevole che, secoli di assioma eteronomo, hanno
plasmato in modo così profondo la dottrina cristiana da rendere difficile una
rilettura diversa, teonoma, per l’appunto. In ogni modo, il crollo dell’assioma
eteronomo è sotto gli occhi di tutti e ciò provoca un cambiamento radicale del
modo d’intendere i contenuti della vita cristiana. Se, infatti, non esiste più
un’istanza soprannaturale perché l’unica realtà è quella immanente, allora:
anche il concepimento
di Gesù senza un padre umano è diventato impensabile, e anche la risurrezione
intesa come la rianimazione di un organismo completamente morto; e le sacre
formule fu concepito per opera dello Spirito Santo ed è nato dalla Vergine Maria
e il terzo giorno risuscitò, come pure la resurrezione della carne, diventano
obsolete, perché teli dichiarazioni presuppongono l’intervento sovvertitore di
Dio nell’ordine cosmico.
Il
pensiero autonomo che si sviluppa e prende piede in occidente a partire dalle
scoperte scientifiche e dal paradigma scientifico che si modella nell’epoca
moderna, oltre a generare il paradigma teonomo produce la crisi della Chiesa
come istituzione e come dottrina. “Come la pietra nel sogno di Nabucodonosor no
ha lasciato in piedi niente della statua che si ergeva verso il cielo”, così
sta avvenendo per la Chiesa che si sta sgretolando a causa del paradigma
teonomo, che legge il Mistero in modo nuovo, opposto a quello eteronomo. È
l’illuminismo che ha trasformato in pensiero critico le intuizioni che le
scoperte scientifiche offrivano al pensiero occidentale. È a questo punto che
inizia un processo di demitizzazione che conduce a prendere le distanze da
quelle forme mitiche che, secondo Lenaers hanno caratterizzato il pensiero
cristiano delle origini. La cristianità si è sviluppata all’interno delle
antiche culture greca e romana che conoscevano la cultura mitica. “Finché la
gente – sentenzia Lenaers – accetterà queste storie come vere rappresentazioni
della realtà, non si porrà mai la domanda di quale logos si nasconda dietro i miti
[...] Non possiamo più credere nel modo in cui sono state finora presentate le
storie e le immagini della vecchia mitologia cristiana”. Secondo Lenaers è
assurdo che, nonostante i dati della scienza siano ormai alla portata di tutti,
la Chiesa ancora oggi non riesca a distanziarsi dall’assioma eteronomo. Questa
difficoltà è visibile nelle formulazioni del Catechismo della Chiesa Cattolica
del 1992 in cui non appare mai la parola evoluzione, riproponendo, invece, il
concetto di peccato originale, che apre una serie di affermazioni che, a suo
modo di vedere, sono oggi improponibili.
L’ultimo
aspetto che intendo sottolineare dell’analisi di Lenaers è la questione di Dio
come persona, un tema al centro del dibattito promosso dalla corrente
post-teista. L’autore si chiede: “se nel pensiero teonomo Dio è la profondità
ultima e l’essenza interiore del cosmo, è ancora possibile, allora, parlare di
qualcuno?”. Tradotta, la domanda cerca di porre innanzi al dibattito teologico
il problema se è ancora possibile indicare Dio come una persona, un Tu. Il
problema non è di poco conto, perché, com’è possibile percepire, coinvolge la
dinamica della preghiera tipicamente cristiana. Anche nei vangeli Gesù si
rivolge a Dio come ad un Padre, anzi ci sono moltissime pagine di spiritualità
e mistica cristiana che ci dicono che proprio Gesù ci ha mostrato il volto
paterno di Dio come persona. La risposta di Lenaers è in linea con il pensiero
post-teista ed è coerente con quanto lui stesso ha affermato a proposito
dell’impostazione teonoma, contraria a quella eteronoma. In una prospettiva
teonoma, esiste solo la realtà immanente e quindi anche nella preghiera non ci
dirigiamo più ad un Tu presente in un aldilà che non esiste e che è pura
invenzione umana. Infatti, “molte formulazioni tradizionali sul Tu divino sono
incomprensibili per i moderni fedeli pensanti, specialmente coloro che
proiettano questo Mistero in un mondo separato”. L’unico posto dove possiamo
trovare Dio è in questo mondo, ma questo non ci impedisce di accostare Dio come
un Tu. “In altre parole – conclude Lenaers – non tocca il linguaggio della
preghiera. Tocca solo la comunicazione terminologica del rapporto tra Dio e gli
altri, cioè la teologia e la dogmatica”.
Anche
José Arregi e José Maria Vigil sono su questa stessa linea di un cristianesimo
post-teista che non può più sostenere le costruzioni dogmatiche messe in atto
dalla Chiesa utilizzando il paradigma teista. Nella presa di coscienza che,
come le altre religioni, anche il cristianesimo si dissolverà in quanto
“sistema obsoleto di credenze”, Arregi s’interroga sull’eredità della figura di
Gesù. In primo luogo, dopo aver liberato il campo dalle costruzioni culturali e
dogmatiche su Gesù, occorre guardare a lui come a un simbolo o icona
dell’essere umano in comunione con tutti i viventi. Gesù, dunque, è icona
dell’essere umano a favore della convivialità, della liberazione e della piena
convivialità condivisa. “Sia chiaro – sottolinea Arregi – non guardo a Gesù
come figura unica o perfetta o superiore alle altre, ma perché la sua figura fa
parte in maniera particolare delle sue radici, delle nostre radici culturali e
spirituali, personali e collettive”. Più che a guardare a Gesù come ce l’ha
presentato la dogmatica cattolica che, a suo dire, non funziona più, occorre
guardare a lui come ad una fonte d’ispirazione. Possiamo lasciarci ispirare da
Gesù per la sua insistenza sulla misericordia, la sua rivoluzione dei valori,
la sua libertà interiore, infine: “la sua personalità di profeta carismatico
itinerante e il fatto che, nel corso della vita, si facesse accompagnare da
uomini e donne allo stesso modo, per lo scandalo della gente per bene”. Più che
personaggio di una religione, dunque, con le sue strutture concettuali rigide,
Gesù ancora oggi è fonte d’disperazione per gli uomini e le donne libere,
desiderosi di uno stile di vita più umano e autentico.
Sula stessa linea di pensiero è José Maria
Vigil, che pone come centro della riflessione il contesto culturale attuale,
visibile nella distanza radicale che le nuove generazioni hanno preso nei
confronti della religione. “Con una frequenza sempre maggiore, i giovani sono
no solo post-teisti ma pure non-credenti, positivamente nemici di ogni credenza
religiosa”[10].
Nelle nuove generazioni è visibile che l’impianto dogmatico delle religioni in
generale e del cristianesimo in particolare non dice nulla per il semplice
fatto che non corrisponde al paradigma scientifico che legge i dati della
realtà non più in modo mitico, ma con i criteri offerti dalle discipline
scientifiche. Ciò significa, secondo Vigil, il cammino verso una nuova
antropologia che genera una nuova spiritualità. In questo nuovo contesto
culturale che sta avanzando, la stessa figura di Gesù appare liberata dalla
struttura dogmatica che l’ha ingabbiata per secoli e “sottratta a ogni
monopolio e a ogni pretesa di possesso”, perché Gesù, afferma sempre Vigil, non
può essere patrimonio delle chiese né del cristianesimo, ma appartiene a tutta
l’umanità.
[1] spong,
J.S. Vita eterna. Una nuova visione. Oltre la religione, il teismo,
il cielo e l’inferno. Verona: Gabrielli, 2017; spong, J.S. Incredibile. Perché il credo delle chiese
cristiane non convince più. Milano: Mimesis, 2020.
[2] lenaers,
R. Il sogno di Nabucodonosor. O la fine di una Chiesa medievale.
Viterbo: Massari, 20172; lenaers,
R. Cristiani nel XXI secolo? Una ri-lettura radicale del credo. Trapani:
Il Pozzo di Giacobbe, 2018.
[3] vigil,
J.M. Teologia del pluralismo religioso. Torino: Borla, 2008; «Ricentrando il ruolo futuro della religione:
umanizzare l'umanità. il ruolo della religione nella società futura sarà
nettamente spirituale». In: Fanti C. - Sudati, F.
(a cura di), Oltre le
religioni, cit. p. 159-200; «Il nuovo paradigma
archeologico-biblico», in: Fanti C. -
Sudati, F. (a cura di), Oltre le religioni. Cit, p. 201-225.
[4] arregi, J. Mi Iglesia y mi Credo: Reflexiones sobre un
cristianismo creíble para hoy. London: Creio Edicines, 2013; Eclats
d'humanité: Journal d'un chrétien en liberté. Paris: Editions du Temps
Présent, 2019; Dio al di là di “dio” o del teismo. In:
AA.VV.Oltre Dio, cit. p. 87-128; «Trasformarsi o scomparire». In: Fanti C. (a cura di), Quale Dio,
quale cristianesimo. La metamorfosi della fede nel 20 XVI secolo. Verona:
Gabrielli, 2022, p. 27-48.
[5] Cfr. spong. j.s.. «Le 12 tesi. Appello a una
nuova riforma», in: Fanti C. - Sudati, F.
(a cura di), Oltre le religioni, cit. p. 69-120.
[6] Tesi 2, ivi, p. 81.
[7] Cfr. tesi 4, ivi, p. 93.
[8] Cfr. lenaers. r. Il sogno di Nabucodonosor. O la
fine di una Chiesa medievale. Viterbo: Massari, 20172, p. 19-35.
[9] Ivi, p. 22.
[10] vigil, j.m. «Aprire la matrioska. Decostruire il
teismo e continuare il cammino», in: Fanti C. - Vigil M. J. (a cura di), Oltre
Dio, cit. p. 90.