Paolo Cugini
Nelle
pagine degli autori del post-teismo è iniziata una lettura critica del
cristianesimo che, in sintesi, può essere condotta a tre filoni principali. In
primo luogo, vi è un’ala radicale che sta mettendo in soffitta tutto l’apparato
concettuale del cristianesimo, considerandolo superato e improponibile. Ci
sono, in secondo luogo, autori che stanno elaborando una proposta alternativa
al post-teismo recuperando in modo critico alcuni elementi del cristianesimo.
Per ultimo, vi sono coloro che interpretano il cristianesimo nell’epoca del
post-teismo rileggendo i dati del cristianesimo senza stravolgerli, ma operando
un’operazione ermeneutica in grado di continuare il cammino sui contenuti della
Tradizione.
In
primo luogo, dunque, c’è una riflessione che sta prendendo le distanze in modo
radicale e senza continuità con i contenuti del cristianesimo elaborati nei
primi secoli e che hanno influenzato tutto il cammino. Tra questi autori
spiccano le analisi in prima battuta del vescovo episcopaliano statunitense
John Shelby Spong[1]
e del gesuita belga Roger Lenaers[2] e, le analisi più recenti
del teologo latino-americano José Maria Vigil[3] e del teologo spagnolo
José Arregui[4].
Basta sfogliare le 12 tesi di Spong[5]per rendersi conto che del
cristianesimo, così com’è stato elaborato nella cristianità, ci rimane ben
poco, anzi nulla. Si passa infatti, dall’affermazione del non senso del
“cercare di credere Gesù come incarnazione di una divinità teistica”[6], alla negazione della
verginità intesa in senso biologico perché, secondo Spong, renderebbe
impossibile la divinità di Cristo così com’è stata tradizionalmente compressa[7]. In un contesto culturale
post-newtoniano, non c’è più spazio per la narrazione dei miracoli di Gesù, che
possono essere spiegati come “versioni ampliate di storie di Mosè, Elia e di
Eliseo, o come applicazioni alla vita di Gesù, in senso messianico, dei segni
del Regno di Dio in Isaia”. Lo stesso vale per la resurrezione che: “non può
consistere in un risuscitare fisico all’interno della storia umana”. La chiave
ermeneutica di questa presa di posizione così radicale nei confronti dei
contenuti della Tradizione è proprio quel teismo che stiamo analizzando e che,
a detta di Spong, è stato utilizzato dalla prima comunità cristiana per leggere
i contenuti del messaggio evangelico. Siccome il teismo come modo di definire
Dio è morto e la maggior parte di ciò che si dice di Dio non ha più senso,
“dobbiamo trovare un nuovo modo di concettualizzare Dio e parlarne”.
Dello
stesso parere è il gesuita Roger Lenaers. Per comprendere la sua analisi
occorre inquadrare bene la sua griglia concettuale. Invece di parlare di Teismo
e post-teismo, Lenaers parla di eteronomia e teonomia[8]. Eteronoma indica la
concezione dualista della realtà, in cui gli elementi della realtà terrena
fanno riferimenti ad un mondo altro (heteros in greco), il mondo trascendente.
È questo il paradigma – che Lenaers indica con il termine assioma – che è servito
come chiave d’interpretazione della realtà e che il cristianesimo delle
origini, in modo particolare il riferimento è ai primi quattro Concili
ecumenici, ha utilizzato per descrivere i misteri che riguardano Gesù di
Nazareth. La concezione eteronoma è un assioma che è stato recepito come
evidente, senza interrogarsi sull’origine delle cose e comprendere se stanno
davvero così, se c’è davvero di far riferimento ad un presunto mondo
trascendente per stabilire le leggi del nostro mondo immanente. L’accettazione
di questo assioma cominciò a crollare con l’emergere delle scienze esatte, che
aiutò a comprendere che “la natura segue proprie leggi interne, che possono
essere calcolate, i cui effetti possono essere previsti e spesso addirittura
evitati”[9]. Smantellato l’apparato
concettuale che reggeva la visione del mondo eteronoma, che aveva ipotizzato
l’esistenza di un Dio – il Teos del teismo -, si fa strada una concezione
autonoma, che considera per le proprie analisi la sola realtà immanente.
L’autonomia non è
l’affossatrice del vero Dio, ma solo dell’insoddisfacente immagine di un Dio in
cielo, che è una costruzione umana, anche troppo umana e, in ogni caso,
inadeguata a rappresentare per i tempi moderni il Dio che si rivela in Gesù […]
La riconciliazione di autonomia e fede in Dio è chiamata teonomia.
Nel
pensiero teonomo esiste solo il nostro mondo: non c’è più bisogno di alcuna
trascendenza. È questa la prospettiva aperta dal post-teismo che Lenaers chiama
teonomia. L’autore è consapevole che, secoli di assioma eteronomo, hanno
plasmato in modo così profondo la dottrina cristiana da rendere difficile una
rilettura diversa, teonoma, per l’appunto. In ogni modo, il crollo dell’assioma
eteronomo è sotto gli occhi di tutti e ciò provoca un cambiamento radicale del
modo d’intendere i contenuti della vita cristiana. Se, infatti, non esiste più
un’istanza soprannaturale perché l’unica realtà è quella immanente, allora:
anche il concepimento
di Gesù senza un padre umano è diventato impensabile, e anche la risurrezione
intesa come la rianimazione di un organismo completamente morto; e le sacre
formule fu concepito per opera dello Spirito Santo ed è nato dalla Vergine Maria
e il terzo giorno risuscitò, come pure la resurrezione della carne, diventano
obsolete, perché teli dichiarazioni presuppongono l’intervento sovvertitore di
Dio nell’ordine cosmico.
Il
pensiero autonomo che si sviluppa e prende piede in occidente a partire dalle
scoperte scientifiche e dal paradigma scientifico che si modella nell’epoca
moderna, oltre a generare il paradigma teonomo produce la crisi della Chiesa
come istituzione e come dottrina. “Come la pietra nel sogno di Nabucodonosor no
ha lasciato in piedi niente della statua che si ergeva verso il cielo”, così
sta avvenendo per la Chiesa che si sta sgretolando a causa del paradigma
teonomo, che legge il Mistero in modo nuovo, opposto a quello eteronomo. È
l’illuminismo che ha trasformato in pensiero critico le intuizioni che le
scoperte scientifiche offrivano al pensiero occidentale. È a questo punto che
inizia un processo di demitizzazione che conduce a prendere le distanze da
quelle forme mitiche che, secondo Lenaers hanno caratterizzato il pensiero
cristiano delle origini. La cristianità si è sviluppata all’interno delle
antiche culture greca e romana che conoscevano la cultura mitica. “Finché la
gente – sentenzia Lenaers – accetterà queste storie come vere rappresentazioni
della realtà, non si porrà mai la domanda di quale logos si nasconda dietro i miti
[...] Non possiamo più credere nel modo in cui sono state finora presentate le
storie e le immagini della vecchia mitologia cristiana”. Secondo Lenaers è
assurdo che, nonostante i dati della scienza siano ormai alla portata di tutti,
la Chiesa ancora oggi non riesca a distanziarsi dall’assioma eteronomo. Questa
difficoltà è visibile nelle formulazioni del Catechismo della Chiesa Cattolica
del 1992 in cui non appare mai la parola evoluzione, riproponendo, invece, il
concetto di peccato originale, che apre una serie di affermazioni che, a suo
modo di vedere, sono oggi improponibili.
L’ultimo
aspetto che intendo sottolineare dell’analisi di Lenaers è la questione di Dio
come persona, un tema al centro del dibattito promosso dalla corrente
post-teista. L’autore si chiede: “se nel pensiero teonomo Dio è la profondità
ultima e l’essenza interiore del cosmo, è ancora possibile, allora, parlare di
qualcuno?”. Tradotta, la domanda cerca di porre innanzi al dibattito teologico
il problema se è ancora possibile indicare Dio come una persona, un Tu. Il
problema non è di poco conto, perché, com’è possibile percepire, coinvolge la
dinamica della preghiera tipicamente cristiana. Anche nei vangeli Gesù si
rivolge a Dio come ad un Padre, anzi ci sono moltissime pagine di spiritualità
e mistica cristiana che ci dicono che proprio Gesù ci ha mostrato il volto
paterno di Dio come persona. La risposta di Lenaers è in linea con il pensiero
post-teista ed è coerente con quanto lui stesso ha affermato a proposito
dell’impostazione teonoma, contraria a quella eteronoma. In una prospettiva
teonoma, esiste solo la realtà immanente e quindi anche nella preghiera non ci
dirigiamo più ad un Tu presente in un aldilà che non esiste e che è pura
invenzione umana. Infatti, “molte formulazioni tradizionali sul Tu divino sono
incomprensibili per i moderni fedeli pensanti, specialmente coloro che
proiettano questo Mistero in un mondo separato”. L’unico posto dove possiamo
trovare Dio è in questo mondo, ma questo non ci impedisce di accostare Dio come
un Tu. “In altre parole – conclude Lenaers – non tocca il linguaggio della
preghiera. Tocca solo la comunicazione terminologica del rapporto tra Dio e gli
altri, cioè la teologia e la dogmatica”.
Anche
José Arregi e José Maria Vigil sono su questa stessa linea di un cristianesimo
post-teista che non può più sostenere le costruzioni dogmatiche messe in atto
dalla Chiesa utilizzando il paradigma teista. Nella presa di coscienza che,
come le altre religioni, anche il cristianesimo si dissolverà in quanto
“sistema obsoleto di credenze”, Arregi s’interroga sull’eredità della figura di
Gesù. In primo luogo, dopo aver liberato il campo dalle costruzioni culturali e
dogmatiche su Gesù, occorre guardare a lui come a un simbolo o icona
dell’essere umano in comunione con tutti i viventi. Gesù, dunque, è icona
dell’essere umano a favore della convivialità, della liberazione e della piena
convivialità condivisa. “Sia chiaro – sottolinea Arregi – non guardo a Gesù
come figura unica o perfetta o superiore alle altre, ma perché la sua figura fa
parte in maniera particolare delle sue radici, delle nostre radici culturali e
spirituali, personali e collettive”. Più che a guardare a Gesù come ce l’ha
presentato la dogmatica cattolica che, a suo dire, non funziona più, occorre
guardare a lui come ad una fonte d’ispirazione. Possiamo lasciarci ispirare da
Gesù per la sua insistenza sulla misericordia, la sua rivoluzione dei valori,
la sua libertà interiore, infine: “la sua personalità di profeta carismatico
itinerante e il fatto che, nel corso della vita, si facesse accompagnare da
uomini e donne allo stesso modo, per lo scandalo della gente per bene”. Più che
personaggio di una religione, dunque, con le sue strutture concettuali rigide,
Gesù ancora oggi è fonte d’disperazione per gli uomini e le donne libere,
desiderosi di uno stile di vita più umano e autentico.
Sula stessa linea di pensiero è José Maria
Vigil, che pone come centro della riflessione il contesto culturale attuale,
visibile nella distanza radicale che le nuove generazioni hanno preso nei
confronti della religione. “Con una frequenza sempre maggiore, i giovani sono
no solo post-teisti ma pure non-credenti, positivamente nemici di ogni credenza
religiosa”[10].
Nelle nuove generazioni è visibile che l’impianto dogmatico delle religioni in
generale e del cristianesimo in particolare non dice nulla per il semplice
fatto che non corrisponde al paradigma scientifico che legge i dati della
realtà non più in modo mitico, ma con i criteri offerti dalle discipline
scientifiche. Ciò significa, secondo Vigil, il cammino verso una nuova
antropologia che genera una nuova spiritualità. In questo nuovo contesto
culturale che sta avanzando, la stessa figura di Gesù appare liberata dalla
struttura dogmatica che l’ha ingabbiata per secoli e “sottratta a ogni
monopolio e a ogni pretesa di possesso”, perché Gesù, afferma sempre Vigil, non
può essere patrimonio delle chiese né del cristianesimo, ma appartiene a tutta
l’umanità.
[1] spong,
J.S. Vita eterna. Una nuova visione. Oltre la religione, il teismo,
il cielo e l’inferno. Verona: Gabrielli, 2017; spong, J.S. Incredibile. Perché il credo delle chiese
cristiane non convince più. Milano: Mimesis, 2020.
[2] lenaers,
R. Il sogno di Nabucodonosor. O la fine di una Chiesa medievale.
Viterbo: Massari, 20172; lenaers,
R. Cristiani nel XXI secolo? Una ri-lettura radicale del credo. Trapani:
Il Pozzo di Giacobbe, 2018.
[3] vigil,
J.M. Teologia del pluralismo religioso. Torino: Borla, 2008; «Ricentrando il ruolo futuro della religione:
umanizzare l'umanità. il ruolo della religione nella società futura sarà
nettamente spirituale». In: Fanti C. - Sudati, F.
(a cura di), Oltre le
religioni, cit. p. 159-200; «Il nuovo paradigma
archeologico-biblico», in: Fanti C. -
Sudati, F. (a cura di), Oltre le religioni. Cit, p. 201-225.
[4] arregi, J. Mi Iglesia y mi Credo: Reflexiones sobre un
cristianismo creíble para hoy. London: Creio Edicines, 2013; Eclats
d'humanité: Journal d'un chrétien en liberté. Paris: Editions du Temps
Présent, 2019; Dio al di là di “dio” o del teismo. In:
AA.VV.Oltre Dio, cit. p. 87-128; «Trasformarsi o scomparire». In: Fanti C. (a cura di), Quale Dio,
quale cristianesimo. La metamorfosi della fede nel 20 XVI secolo. Verona:
Gabrielli, 2022, p. 27-48.
[5] Cfr. spong. j.s.. «Le 12 tesi. Appello a una
nuova riforma», in: Fanti C. - Sudati, F.
(a cura di), Oltre le religioni, cit. p. 69-120.
[6] Tesi 2, ivi, p. 81.
[7] Cfr. tesi 4, ivi, p. 93.
[8] Cfr. lenaers. r. Il sogno di Nabucodonosor. O la
fine di una Chiesa medievale. Viterbo: Massari, 20172, p. 19-35.
[9] Ivi, p. 22.
[10] vigil, j.m. «Aprire la matrioska. Decostruire il
teismo e continuare il cammino», in: Fanti C. - Vigil M. J. (a cura di), Oltre
Dio, cit. p. 90.
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