Paolo Cugini
Può sembrare paradossale e provocatoria questo parallelismo,
ma tanto paradossale non è. Bisognerebbe prestare attenzione alla genealogia di
ciò che chiamiamo religione per capire che non è proprio tutto positivo ciò che
abbraccia l’ambito religioso. Prima di tutto, per comprendere il discorso,
occorre definire il concetto. Con religione si indica un complesso di credenze,
sentimenti, riti che legano un individuo o un gruppo umano con ciò che esso
ritiene sacro, in particolare con la divinità. E’, dunque, il
complesso dei dogmi, dei
precetti, dei riti che costituiscono un dato culto religioso (cfr. Treccani https://www.treccani.it/vocabolario/religione/
). Religione indica ciò che l’uomo ha fatto di Dio, come gli uomini hanno
strutturato l’esperienza di Dio. Il sacro, in questa prospettiva, è l’insieme
delle strutture che gli uomini hanno installato per proteggersi dalla divinità,
per mantenerla a distanza.
Questo aspetto sacrale della religione lo si comprende
osservando la vita di Gesù, le sue polemiche con i rappresentanti della
religione del tempio e del tempo. Gesù ha smascherato il vuoto della religione
e l’ha indicata come la fonte originale del male. Gesù ha svuotato il sacro dall’interno,
manifestando la presenza di Dio in mezzo agli uomini e alle donne. Se Dio è
venuto ad abitare in mezzo a noi attraverso la presenza di suo Figlio Gesù, a
cosa servono gli apparati sacrali?
Il problema si presenta quando nel cristianesimo troviamo dei
residui della religione, delle sue forme. C’è molta religione nel cristianesimo e questa
non era volontà di Gesù. La religione è un male quando non permette all’uomo e
alla donna di realizzare la loro umanità, quando li lega, li intrappola con
delle leggi umane spacciate per divine, appesantendone la vita. La religione,
così come emerge dal Vangelo, non è altro che una struttura umana spacciata per
divina a servizio del potere politico di turno. Chi vive la religione come qualcosa di
positivo è il popolo, che ha bisogno di credere che la realtà non può
identificarsi e finire con ciò che ha sotto gli occhi: sarebbe troppo crudele. La
religione così come si è strutturata nel tempo sfruttando il sentimento
religioso, è divenuta un potente strumento di controllo delle coscienze.
C’è anche una ritualità cultuale che risponde a criteri umani,
vale a dire sacrali e religiosi, che servono per riprodurre nella liturgia un’immagine
del Dio potente e distante, che incute paura agli uomini e alle donne. C’è una liturgia
cattolica che, più che riprodurre i tratti del Vangelo, della misericordia di
Dio manifestata nella vita di Gesù, del suo desiderio di avvicinarsi all’uomo e
alla donna di ogni tempo e di ogni luogo, trasmettono freddezza, distanza,
volontà di potenza. Se questo stile arrogante della liturgia del palazzo poteva
funzionare nell’epoca dei palazzi, ora sta svuotando le chiese.
Paradossalmente sembra questo tempo postmoderno, indifferente
alla religione, anche perché ne ha visti gli effetti nefasti sui popoli, un
periodo più favorevole allo stile evangelico che quello del passato delle cattedrali
e dei palazzi vescovili. Un periodo, quello che stiamo vivendo, meno propenso a
lasciarsi trasportare dalle ideologie e più attento alla realtà presente. Proviamo
a metterci in ascolto del presente per cogliere, forse, la presenza della
trascendenza in mezzo a noi.
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