venerdì 18 settembre 2020

Migrazioni, lavoro e welfare

 


 

 

prof. Devi Sacchetto

Università di PADOVA

 

Sintesi: Paolo Cugini

 

Migrazione è una nozione di una sistemazione di lungo periodo, ma è una sottocategoria di un concetto di movimento, relativa alla mobilità. Tiene insieme sia i movimenti coatti come la tratta degli schiavi e migrazioni libere. Uno degli aspetti importanti è che c’è un’immigrazione. Saiad: prima di diventare un immigrato una persona è un emigrato. C’è uno staccarsi dal proprio luogo di origine prima di arrivare ad un altro paese. L’aspetto di emigrazione, di distacco dal proprio paese di origine è molto importante.

L’indicazione di genere risulta oscurato in molte lingue e si tende ad avere un neutro che nasconde differenze. Migrante viene spesso declinato al maschile.

Le migrazioni producono delle elaborazioni sui modelli di società. Integrazione è una parola che si presta a questa riflessione. Simmel: uno entra in una nuova società e la popolazione locale deve rielaborare il suo stare nel mondo. L’immigrazione costringe le società a ripensare il proprio modello di socialità, di ordine. C’è un proliferare di normative sull’immigrazione che rivela la complessità del problema.

C’è una distinzione tra un noi e gli altri. L’invenzione della tradizione di Husban. Un tempo l’attraversamento delle frontiere era molto più libero.

La divisione delle scienze sociali in molti sottocampi ha differenziato i vari aspetti delle migrazioni provocando la nascita di una pluralità di metodi di approcci al problema. Siamo di fronte ad un fenomeno complessivo che trasforma la società. È lo Stato che vuole studiare gli individui per plasmarne i comportamenti.

Le immigrazioni avvengono all’interno di un sistema capitalista. La produzione del profitto è lo sfondo all’interno del quale ci muoviamo. Vi sono diversi livelli di analisi che riguardano il livello macro. Poi c’è un livello medio che riguarda il livello delle famiglie, i rapporti sociali tra gli individui. Da ultimo, un livello micro che riguarda il singolo individuo. Questo livello è sempre legato ad un approccio razionale. Occorre tenere presente questi tre livelli di analisi.

Se guardiamo i modelli migratori i due poli ideali sono: migrazioni libere e migrazioni forzate. Quelle che viene chiamata la tratta dei migranti, in molti casi si vuole sottolineare che il migrante è una vittima, e forse non è così. Oggi c’è una forte retorica che spinge a vittimizzare il migrante e riduce l’idea che sia un individuo come altri.

Rapporto tra individuo e società. In alcune aree – paesi africani – la migrazione è una tappa considerata normale, diffusa. È la società che ti spinge alla migrazione.

Quello che ci rendiamo conto lavorando sulla migrazione è che ogni individuo porta con sé la propria biografia e ognuna diversa dall’altra. Cerchiamo sempre di fare un processo di riduzione, con il rischio di perdere elementi fondamentali. Dobbiamo stare attenti alla stereo - tipizzazioni.

 

Teorie delle migrazioni.

Una delle prime teorie è la teoria neoclassica che restringe le immigrazioni a essere umani irrazionali.

Nella nuova economia dell’immigrazione l’oggetto è spostato dal singolo individuo alla famiglia, che lotta per gestire il quotidiano e per distribuire i diversi membri sui diversi mercati. La famiglia come attore razionale.

Teoria del mercato del lavoro segmentato. Spiega il processo immigratorio a livello meso. Nei paesi occidentali ci sono due mercati del lavoro, primario. maschi locali -, nel secondario ci sono le donne, i giovani e gli immigrati. È l’idea che gli immigrati fanno i lavori che gli italiani non voglio fare. Il limite è non capire che probabilmente ci sono molti più livelli di mercato. È una teoria che non ci mostra la soggettività dei migranti.

Teoria del sistema mondo. Pensa un modello centrato sull’Europa e sul Nord America. Le immigrazioni internazionali si sviluppano a partire dalle trasformazioni socioeconomiche, investiti dagli investimenti dei paesi ex imperiali. Depredazione delle risorse minerarie. Limite di queste teorie: guarda solo al macro e poco al micro e non prende in considerazione gli individui.

Teoria del capitale sociale. Lo sviluppo del capitale sociale permette le migrazioni degli individui. Alla fine ciò che dice questa teoria è che per emigrare serve conoscere un minimo di geografia di come ci si muove davanti ad una frontiera. In questo caso si guarda poco il denaro.

Causazione cumulativa. Nel tempo i processi migratori tendono a perpetuarsi.

Concetto di transnazionalismo. Si riferisce alle continuità delle esperienze migratorie, vivere simultaneamente due culture, su due paesi contemporaneamente.

 


Un approccio di sistema

Società di partenza e destinazione hanno rapporti a livello regionale. Quasi sempre sono studiosi occidentali che studiano le migrazioni dei così detti paesi poveri. Queste migrazioni sono internazionali perché c’è una struttura politica e giurisdizionale. Ogni paese tende a specializzarsi su alcune produzioni. Le immigrazioni avvengono all’interno di questa divisione internazionale del lavoro.

Società di partenza e di destinazione articolata a livello locale e statale con le loro cornici globali

Ruolo degli stati (di im/emigrazione) in tema di politica migratoria

Mezzi di trasporto e i livelli di comunicazione nell’epoca data

la società o le società di destinazione di nuovo a livello micro, meso e macro

Legami tra comunità nelle quali i migranti spendono in parte o completamente la loro vita; rapporti tra stati a livello politico-istituzionale (colonie, neo-colonie ma anche im/emigrazione selezionata, vedi Golfo Persico); economico (scambi commerciali frequenti o meno);

Rapporti lavorativi; sindacati e movimento operaio; livelli salariali;

Rapporti sociali dal punto di vista del genere, del lavoro, religioso in entrambi i paesi;

Conflitti bellici.

 

Le migrazioni internazionali nelle diverse ere economiche

1) Contratti e coercizione 1600-1790: il grosso delle migrazioni avviene attraverso la tratta degli schiavi. La crescita di quelli che erano lavoratori con un contratto. Negli USA chi aveva un contratto non poteva andarsene. Film Jango: si vedono le varie categorie di schiavi.

2) La crescita dei coloni liberi 1790-1850: inizia ad essere consistenze l’afflusso di coloni liberi, che pagano il loro viaggio. Per un lungo periodo gli schiavi sono molto più consistenti dei coloni liberi negli USA.

3) L’età delle migrazioni di massa dall’Europa 1850-1913: primo vero grande movimento a partire dalle carestie dell’Irlanda, Italia verso l’America.

4) L’emigrazione asiatica dell’Ottocento e dei primi del Novecento: la studiamo poco, è l’immigrazione verso la Manciuria.

5) Guerra, depressione e restrizione 1914-1945: negli anni ’20 sono impauriti di quello che sta avvenendo in Europa. Periodo di deglobalizzazione. Il fascismo viete la migrazione interna verso le città per evitare che tutti quanti finiscano nelle grandi città. Un fenomeno simile viene in Cina.

6) Migrazioni di massa vincolate 1946-2000: caratterizzate da categorie di lavoratori ospiti per cui italiani, spagnoli, portoghesi, greci emigrano verso l’Europa Settentrionale da soli per un periodo preciso, ma non si possono portare figli o famiglia. Il lavoratore è ospite momentaneo. È un sistema che è stato applicato nel Golfo Persico. Esempio degli italiani in Svizzera. Poi succede che si portava lo stesso la famiglia.

7) I lavoratori a contratto nel Golfo Persico nel periodo post-1970: gestire le immigrazioni in modo occasionale.

Oggi abbiamo una moltiplicazione della migrazione. I migranti continua ad essere un numero risibile nel mondo, 3%. Oggi i flussi migratori sono più complessi rispetto a prima. Le migrazioni interessano sempre più il Sud del mondo. Da un paese africano ad un altro paese africano.

 



Le migrazioni internazionali nelle diverse ere economiche

´ Diverse aree di e/immigrazione e numero paesi

´ Modalità

´ Volume

´ Spazi culturali creati

´ Velocità spostamenti e comunicazioni (ma solo il 2% delle telefonate sono internazionali)

´ Politiche migratorie e il just-in-time delle migrazioni: circolari, stagionali, Cie, agenzie di reclutamento

 

Migrazioni internazionali

Nel 2015 l’Organizzazione internazionale delle migrazioni (IOM) stimava che vi fossero:

244 milioni di migranti internazionali, cioè circa il 3 (TRE) per cento della popolazione mondiale. Di questi quasi la metà erano donne.

Vi sono circa 19,5 milioni di rifugiati (Siria, Afghanistan e Somalia contano per il 53% di tutti I rifugiati). L’86% dei rifugiati vive in paesi del Sud del mondo.

 

700-800 milioni di migranti interni

Dove sono?

Continuano a crescere più velocemente le migrazioni tra un cosiddetto paese del sud del mondo verso un altro paese del sud del mondo (40%), rispetto alle migrazioni di persone nate in un paese del sud del mondo e che vive nel Nord del mondo (35%).

I migranti vivono in Europa (76 milioni), in Asia (75 milioni), Stati Uniti e Canada (54 milioni), ma anche in Africa (21 milioni), America Latina e Caraibi (9 milioni) e Oceania (8 milioni).

I migranti provengono da: Asia (104 milioni), Europa (62 milioni), America latina e Caraibi (37 milioni), Africa (34 milioni).

        

In particolare i paesi con la più grande diaspora sono: India (16 milioni), Messico (12 milioni), Russia (11 milioni), Cina (10 milioni),

Bangladesh (7 milioni), e Pachistan e Ucraina (6 milioni ognuno).


 

Emigrano chi? Emigrano perché? Se guardiamo da dove si emigra, i redditi media vediamo che chi emigra non è più povero, ma chi sta dentro una percentuale media di reddito. I migranti più poveri non hanno risorse per emigrare. Chi emigra è chi ha una determinata quota di denaro, di pagare e di avere una quota per la prima sistemazione e con qualche anno d’istruzione. Chi è ricco ha meno interessa alla mobilità.




Migrazioni e società

Pensare alle migrazioni comporta pensare a una teoria della società. Pensare come una società si rappresenta, si pensa e si vuole strutturare. Si pensa che prima dell’arrivo dei migranti le cose andassero benissimo. Ogni migrante è una storia singola.

Rifiuto della migrazione. L’emigrazione può essere considerata come il passaggio di un confine.

Sayad: occorre studiare anche come lo Stato pensa l’immigrazione. Occorre interrogarsi sulle condizioni sociali che producono l’immigrato.

Migrazioni e lavoro: 
i sociologi italiani

§  Secondo dopoguerra:

a) Migrazioni interne: Dal Veneto e dal Friuli si migrava in modo più massiccio che dal Sud negli anni ’60.

b) Emigrazioni all’estero.

c) Migrazioni in Europa.

C’è un’ossessione forte tra gli studiosi rispetto al mercato del lavoro. L’idea è guardare esclusivamente il mercato del lavoro. Dicono che non c’è concorrenza perché si rifanno alla tesi del mercato segmentato.

Studi:

§  Istituzionalizzazione disciplina

§  Sociologi scalzi

I due approcci teorici più importanti che si sviluppano negli anni ’60 è quello del Funzionalismo integrazionista e quello della programmazione e controllo dei flussi migratori.

Filone di ricerca: problema: com’è possibile integrare i migranti?

Altro filone di ricerca: dobbiamo sviluppare una programmazione precisa e un controllo preciso per capire quando ce ne servono, che caratteristiche devono avere, ecc.

 

 

 

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