sabato 19 settembre 2020

L'IMMAGINARIO SUL TEMA MIGRATORIO

 



UNIVERSITÀ DI BERGAMO

 

prof. Paolo Barcella

Sintesi: Paolo Cugini

I migranti sono soggetti in carne ed ossa, che hanno una serie di esigenze. Occorre tenere contro che le migrazioni non sono mai uguale a se stese nei vari periodi storici.

Parola importante è migrazione.

Migrazione dice di uno spostamento da un luogo ad un altro. Non tutti gli spostamenti vengono considerati migrazioni. Sono chiamati tali quelli che generalmente implicano uno spostamento tra luoghi eterogenei tra loro, di partenza e di arrivo e una separazione. Migrazione implica anche che avvenga un incontro tra la persona che si sposta e quel luogo diverso. Ci sarà probabilmente nell’altro luogo una realtà differente dal punto di vista politico, sociale, linguistico, giuridico, istituzionale, da una molteplicità di punti di vista. L’incontro tra quel soggetto e quest’altra realtà è frequentemente ad alcune condizioni portatore di tensioni, di conflitti, di problemi che scaturiscono dalla comparsa di questo soggetto che si trova ad essere inserito in una realtà che tende a percepirlo in un primo momento come elemento non riconoscibile come gli altri. Necessità di un’attivazione da parte della comunità di accoglienza di una serie d’interventi di carattere normativo, riconoscibile giuridicamente. A questa complessità se ne aggiungono altre legate al fatto che in primo luogo chi emigra oltre ad arrivare in un luogo che contribuirà a riempire, parte da un altro luogo che contribuisce a svuotare. 

La migrazione è foriera sempre di cambiamenti sociali e di dinamiche di trasformazione nel paese da cui il migrante parte: non tener presente la qualità di trasformazione significa non tener presente che il migrante continua a dialogare con il luogo di partenza. Chi viaggia ha il paese di origine in testa.

La grande tragedia dell’emigrazione italiana meridionale degli anni ’50 e ’60, diretta verso Svizzera, Germania e Belgio, è stata che molti di loro hanno lavorato con la mentalità dei loro padri, uomini che ritenevano di andare all’estero per comprarsi la terra, che per i meridionali è fondamentale per il mantenimento. La tragedia è che la terra se la sono comprata e il valore che hanno prodotto con la loro fatica nei cantieri, nelle fabbriche, l’hanno investito per comprare una terra che nel ventennio successivo si è deprezzata, perché nessuno di loro ha più fatto il contadino. Questa è stata la grande tragedia di questo periodo d’immigrazione. Oppure nell’acquisto di case dove non sono mai tornate perché, nel frattempo, oltre all’emigrazione come fenomeno che loro conoscevano, si è incontrato con la fine della civiltà contadine cattolica, la fine del mondo rurale italiano. Lo svuotamento delle campagne è continuato. La grande tragedia vista sui tempi più lunghi è che il profilo dell’emigrazione italiana è cominciata a cambiare, andando verso un’emigrazione che non prevedeva ritorni e rimesse. È stata un’emigrazione che produceva desertificazione materiale ed economica. Molte comunità rurali e delle montagne sono luoghi dove sempre più non c’è attività produttiva e dove vivono persone anziane. Chi parte non manda rimesse anche perché non ha lì la moglie e i figli. Il comportamento del migrante non si capisce che il migrante ha il problema con il paese che ha alle sue spalle.

Fino ai primi anni ’60 la migrazione interna in Italia non era consentita, perché le leggi del Regime fascista non permetteva il cambio di residenza. Solo con la cancellazione di queste normative che la migrazione interna diventa legale. C’è anche una migrazione esterna. La migrazione interna in Italia ha il problema della lingua: i dialetti sono molti e diversi.




Altra questione. Quando parliamo di migrazioni oltre che con la realtà occorre fare i conti con la rappresentazione. Ogni contesto subisce immaginari diversi da attori diversi, a seconda della professione, del gruppo sociale di appartenenza, del grado di scolarizzazione. Gli attori sociali di un luogo non vedono arrivare persone in carne ed ossa tutti nello stesso modo, ma vedono arrivare dei soggetti sui cui proiettano caratteristiche che pensano essere qualcosa perché loro credono che sia così, perché gli fa comodo. Il punto è che le rappresentazioni, immaginari sulle migrazioni agiscono sulla realtà, condizionano la realtà, perché determinano in qualche modo le modalità con cui le persone si confrontano sul fenomeno migratorio. Determinano e influiscono sul modo in cui viene vissuto, regolato il fenomeno migratorio, e in cui la gente lo studia. Si potrebbe fare anche una storia delle rappresentazioni del fenomeno migratorio.

Leonardo Zagna, poeta friulano: la gente lascia lo stesso.

L’immaginario popolare sul fenomeno migratorio sui suoi numeri è importante da tener conto. Conta ciò che c’è nella testa delle persone. Dagli anni ’60 ad oggi si percepisce uno scarto tra la realtà delle migrazioni che si legge nelle statistiche, e l’immaginario. Quello che fa presa politicamente è l’immaginario, che fa presa sulla paura del diverso. Migrante come portatore di costumi diversi, mode diverse. C’è un immaginario paranoico. 

Anni ’70 parlare dell’immigrazione voleva dire invocare la migrazione. Rappresentazione problematica. Mannaggia l’ingegnere che ha fatto la ferrovia. Tutto un immaginario di disperazione. Quando si ragionava di immigrazione voleva dire regolare il lavoro italiano all’estero, anche se gli immigrati in Italia c’erano già. L’Italia subisce la prima svolta nell’immaginario tra gli anni ’80 e ’90. La legge Foschi del 1986 è la prima che cerca d’inquadrare il problema, collocando anche il problema di chi entra in Italia e non solo chi esce. Era il ministero del lavoro il ministero di riferimento. Poi cambia il modo di porsi, che risponde anche a tematiche di immaginario: è una questione di ordine pubblico, e non d’inserimento nel mondo del lavoro.

 Gli anni più interessanti per capire il problema è 1986-ai primi anni ’90 con l’arrivo degli albanesi. La migrazione verso l’Italia diventa sempre più consistente e saranno gli anni ’90 con i primi sbarchi consistenti di albanesi che provocherà un cambiamento. Nel 1989 l’Italia comincia fare i conti con la genesi dei primi immaginari xenofobi. La politica italiana, però, in quel momento cerca di contenere le derive xenofobe. Le organizzazioni politiche e sindacali italiane hanno lavorato sul principio che migrare era lecito, perché lo avevamo sempre fatto. Emergono le prime forze politiche che cambiano l’immaginario.




Non solo nero: voleva diventare un canale televisivo antirazzista. Il primo partito che si dichiara antagonista è il Partito Repubblicano: La Malfa. Gli italiani andavano a lavorare, subivano e basta, mentre quelli che arrivano oggi, arrivano da paesi non democratici, che non lavora, e se dici qualcosa reagiscono. Poi nasce la Lega Lombarda, anche se nel 1988-89 aveva un forte accento antimeridionale, ma non contro gli stranieri, gli africani. Dal ’92 in poi le cose cambiano. Non solo nero non era buonista, era un canale che metteva in evidenza le criticità. Poi si passa a programmi televisivi che vanno in altra direzione. Immaginario vittimistico doppio. Programma: Dalla nostra parte (finisce nel 2018). È decisivo è che oggi ci troviamo in un quadro immaginario completamente mutato.

I migranti in Italia per la stragrande maggioranza sono migratori. La spinta politica è normativa. Le migrazioni sono un fenomeno che è ricco di termini utilizzati per descriverle. Immigrazione come descrizione del paese di arrivo. Stranieri, extracomunitari, profughi, rifugiati, richiedenti asilo: parole che esprimono un punto di vista politico. Parole che servono per evidenziare uno stato di alterità. Evidenziano una condizione problematica con riferimento al diritto. Clandestini: soggetti non in regola.

Occorre affinare una finezza linguistica all'altezza del fenomeno. A volte i termini vengono usati per distorcere la realtà, nella direzione della costruzione di stereotipi, di rappresentazioni. Non tutti gli stereotipi hanno qualificazioni negative. Spesso usiamo la parola migrazione come aggettivi per qualificare professioni, che vengono ritenute da chi scrive o da chi legge, sinonimi di diversità in negativo. Badante-ucraino; pizzaiolo-egiziano; rumeno-muratore; tunisino-spacciatore. L’insieme delle parole è importante da tenere presente. Le associazioni che vengono fatte a livello linguistico sono determinante per la costruzione degli immaginari. Ci sono termini che vengono associati a determinati ambiti.

Accoglienza: padrone e ospiti. Emergenza, sbarchi, invasione, degrado urbano.

Popolazione Sic: arrivano nella bassa Padana. I primi vengono in contatto con lavoratori agricoli, cercano lavoro e vengono messi in contatto con proprietari, allevatori di bovini. Questo piace tantissimo a loro, perché avevano una cascina a disposizione. Cascine dove potevano fare ciò che volevano. Spazi dove potevano chiamare, moglie, figli. I proprietari di questi allevamenti cominciano a dire che i sic sono contenti perché per loro le mucche sono animali sacre. S’impadroniscono del mercato e cominciano loro stessi a dire che noi abbiamo la mucca sacra. Il problema è che i Sic sono indù e non hanno la mucca sacra.

I termini non sono mai neutri, ma influiscono sulla regolamentazione. Le parole agiscono sugli immaginari. Oggi viviamo in una realtà che è fortemente condizionato sulla migrazione come profugo, richiedente asilo, rifugiato, che arriva in barca, ma questo ha delle ricadute importanti.

2016: è stato un anno in cui abbiamo avuto a livello mondiale che ha visto 250 milioni di persone spostarsi da un paese all’altro, di cui il 90% erano migrazioni da Lavoro, economiche, persone che si sono spostate per scelta o necessità, ma senza avere catastrofi sulla testa. Di questo il 50 % si è mosso da un paese in via di sviluppo ad un paese sviluppato; gli altri sino sono mossi rispondendo a delle logiche locali. L’Italia vanno ancora oggi a lavorare in Svizzera e Germania. Esportiamo più di 100 mila persone all’anno. Entrano in segmenti produttivi che lavora nel settore di ristoranti, ecc. e non cervelli in fuga.




Questione religiosa. Dato che una buona parte del mondo migrante diretto verso l'Europa era di origini di paesi a religione mussulmana, e visto che si era sviluppato il fenomeno del terrorismo si è andato verso una rappresentazione in cui la tematica religiosa è diventata sempre più centrale. Fino alla radicalizzazione a chi vede i mussulmani come terroristi. 

Con la fine della guerra fredda viene teorizzata lo scontro di civiltà. In questa teoria, che rimane una teoria di un conservatore ostile ai mondi non cristiani. Altri autori come Oriana Fallaci che interpretano la realtà in termini religiosi e di guerra all’ultimo sangue. La questione religiosa ha condizionato tantissimo il discorso immigratorio. Afroamericani convertiti all’islam negli USA. Ci sono molte mescolanze nel discorso migratorio negli USA tra realtà e immaginari. Poi ci sono tematiche di diritto.

Le migrazioni sono spesso legate al piano che guarda al fenomeno migratorio come fenomeno emergenziale. C’è un presupposto ideologico in questo. L’ideologia funziona come l’acqua per un pesce rosso: lo regge, ma non è consapevole. I presupposti di questa situazione è che in fondo ci sia un presente mobile, da contrapporre ad un passato meno caratterizzato dalla dimensione migratoria. Già nel ‘500 c’erano dei tassi di mobilità del 10% della popolazione. Questa va crescendo con un salto tra ‘700 e ‘800 e andiamo verso un trasporto diverso. 

Fattore determinante è la rivoluzione industriale. Dal 1850 in poi con l’esplosione della nuova mobilità abbiamo un’impennata di esperienze di mobilità che arrivano al 35%.

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