martedì 16 maggio 2017

COSTRUIRE COMUNITÀ ACCOGLIENTI-CONVEGNO





CENTRI MISSIONARI DELL'EMILIA ROMAGNA

IMOLA 16 MAGGIO 2017

Intervento di: Erio Castellucci, vescovo di Modena
Sintesi: Paolo Cugini

Punto di riferimento due documenti: Dalle feconde Memorie alle coraggiose prospettive; Evangeli Gaudium.
Comunità. Costruire comunità accoglienti significa cercare di capire cos’è una comunità. Quattro modelli di comunità:
a.      La mia comunità potrebbe essere, in primo luogo, l’insieme degli operatori pastorali.
b.      Comunità anticamente erano tutti coloro che si nutrivano dell’unico corpo di Cristo. I cristiani avevano una visione di chiesa radicata sull’Eucarestia. Per questo ci s’identificava con il Vescovo da cui ci si comunicava. Il primato di Roma nasce anche da questa esigenza di un punto di vista comune.
c.       Con comunità cristiana possiamo indicare anche l’insieme dei battezzati di un determinato territorio, che è molto più ampio dell’insieme dei praticanti e che fanno qualcosa in parrocchia. Occorre avere quest’orizzonte, se no la comunità diventa un gruppetto scelto. Se per esempio un parroco ha un’idea di comunità ristretto, ci sarà un tipo di comunità che lui ha in mente. Anche il significato di comunità come insieme di battezzati deriva dall’antichità, quando il battesimo era considerato la porta d’ingresso nella comunità.
d.       C’è poi la comunità civile, vale a dire l’insieme di tutti coloro che vivono in un teriritorio. Anche questo orizzonte è comunitario da tenere presente.
Quando parliamo di comunità non intendiamo un gruppo rigido, definito, ma intendiamo un’appartenenza che può vivere diversi livelli d’intensità. Con il principio di Evangeli Gaudium 225: il tempo è superiore alo spazio, papa Francesco ci dà la prospettiva che dobbiamo pensare in termini di processi. Nell’Amoris Laetitia parla di situazioni compiute e in cammino. Comunità non è una cittadella, ma un insieme di discepoli in cammino e quindi accoglienti dovrebbe essere inutile specificare che dovrebbero essere inutile. Nel concetto di comunità cristiana c’è già una possibilità di accoglienza, un’appartenenza dinamica. Quale contributo dei fidei donum?
Documento  CEI 2007, n. 9. Questa esperienza di scambio missionario porta la missione come una realtà vicino alla gente. Ha una ricaduta positiva sul presbiterio diocesano. È senza dubbio un compito. Si eredita una concezione di ministero presbiterale statica. Tutti siamo ordinati dentro una chiesa locale per la chiesa universale. Perché è la chiesa locale stessa che è soggetto della missione. Il Concilio ha superato l’idea del prete diocesano che per suo coraggio parte e fa il missionario. Questa idea è superata perché è la diocesi che è missionaria oppure tradisce la sua natura. È la chiesa che si apre a paesi che possono diventare dei fratelli per divenire scambi missionari. È la diocesi che si esprime, perché il soggetto è la diocesi. Il soggetto è il presbiterio nel caso dei presbiteri che partono. I presbiteri missionari sono stimolo per creare comunità di annuncio. Apporto attento alla centralità dell’annuncio. Abbiamo perso la semplicità dell’annuncio e delle relazioni. E’ tutto più macchinoso. I fidei donum ci richiamano il contatto con gli ultimi e i poveri e la religiosità popolare. I fidei donum ci mantengono con i piedi per terra. Vedere con i propri occhi per capire la realtà. Molte fasce di povertà non si affacciano alla vita liturgica ed eucaristica.
Conclusione:
Che cosa significa una conversione missionaria rispetto alla semplice conversione dell’esistente? Papa Francesco parla di riforma. Questa riforma ha tre livelli:
1.      La conversione del cuore. È il primo passo. La conversione è la sorgente di ogni riforma. Se il cristianesimo ha preso piede nella storia è perché non è partito proclamando rivoluzioni di strutture, ma partendo dalla conversione del cuore. Convertitevi e credete al Vangelo: è il punto d’inizio.

2.      Lo stile. La conversione del cuore deve riflettersi a livello personale e comunitario. Uno stile accogliente è lo stile di chi accompagna, discerne e integra. È di chi si mette al punto in cui l’altro è, gli si mette a fianco, lo accompagna. L’Amoris Laetitia contiene uno stile pastorale rinnovato, più che delle novità teologiche. Il tempo è superiore allo spazio. Poi discernere per capire le scelte da fare a partire dalla realtà. Lo stile significa arrivare ad una criteriologia evangelica, che non può non creare tensioni nelle comunità. Dobbiamo avere a cuore l’unità. A volte c’è da chiedersi se in alcuni momenti non sia più evangelico dare degli spintoni. A volte l’integrazione passa per la disintegrazione. Anche Gesù ha un po' disintegrato.


3.      Strutture. S’intende anche abitudini, organismi. Evangeli Gaudium dice di non adottare la frase: si è sempre fatto così. Il cambiamento è sempre difficile soprattutto per chi ha non ha fatto scendere il Vangelo in profondità.
L’esperienza ci deve aiutare a richiamare la riforma ai tre livelli.

Intervento di: Paolo Cugini
Mi sono chiesto: quali sono gli aspetti della pastorale e delle scelte pastorali realizzate in Brasile che mi stanno aiutando nel lavoro pastorale a Reggio Emilia? La scelta pastorale della diocesi è quella delle unità pastorali (60). Presento alcuni nodi che stanno orientando le nostre scelte pastorali.
1.      Rapporto comunità e Unità pastorale: da come s’imposta il rapporto nasce l’indicazione del tipo di Ministerialità e di modo di vivere il ministero. Valorizzare la comunità, fare in modo che la comunità possa vivere di forze proprie. Questo comporta la possibilità di celebrare il giorno del Signore e di avere laici che svolgano ministerialità all’interno delle comunità. Per questo occorrono anche pastori con sensibilità pastorali, che non facciano precedere le idee dalla realtà, ma che si pongano in ascolto della situazione concrete e attivino modalità di accompagnamento e discernimento per giungere ad orientamenti comuni. Difficoltà di aiutare le persone a sentire la comunità come propria e quindi sentire il desiderio di prendere posizione, prendere l’iniziativa. Nel primo consiglio pastorale dell’Unità Pastorale le persone presenti hanno scelto di mantenere vivi i consigli pastorali locali per mantenere vive le comunità. Accanto al consiglio pastorale mensile delle comunità, c’è un consiglio pastorale trimestrale al quale partecipano i consigli pastorali delle cinque parrocchie. La risposta al problema del rapporto parrocchia Unità Pastorale indica anche la modalità di come s’intenda vivere il proprio ministero nelle comunità. Se la priorità è la vita della comunità per aiutarle a vivere uno stile missionario, allora in un qualche modo occorre stare nella comunità. Ho, così, organizzato la settimana trascorrendo una giornata in ogni comunità, pranzando ogni giorno in una casa diversa. L’obiettivo è quello di conoscere lentamente le famiglie delle parrocchie, per fare in modo che l’eucarestia celebrata alla domenica sappia un po' della gente della comunità.  Problema generale: come aiutare le comunità a passare da un’idea statica del presbitero ad una presenza dinamica (uscire dal lamento: non c’è mai).

2.      Sinodalità: creare spazi a diversi livelli in cui sono le comunità a riflettere sui cammini da compiere per prendere le decisioni. Consigli pastorali, coordinamenti. La fatica di pensare insieme e di scegliere insieme. Esempio dell’accoglienza nel progetto Caritas: emergenza freddo. Aiutare le comunità a prendere l’iniziativa, a creare dei momenti assembleari senza la necessità che il parroco sia presente.

3.      Ministerialità: per permettere alla comunità di vivere in assenza di presbitero diviene fondamentale la formazione dei laici. C’è un primo livello della formazione che consiste nel cammino biblico. Abbiamo iniziato un’esperienza di preparazione insieme delle letture della domenica. Sono attivi sul territorio diversi centri d’ascolto della Parola a dimensione famigliare. Abbiamo attivato momenti specifici della formazione, tenendo conto di quello che la diocesi offre e di quello che c’è sul territorio. In questo cammino è molto importante la presenza dei diaconi. Attualmente sono tre nell'unità pastorale. Abbiamo realizzato un percorso di sensibilizzazione al diaconato in tutte le cinque parrocchie che ha condotto all'indicazione di altri tre candidati che hanno già iniziato il cammino formativo.

4.      Missionarietà: siamo alla prima fase, vale a dire, la valorizzazione di quello che già avviene sul territorio che stimola la presenza missionaria della parrocchia: ministri del battesimo e del matrimonio, catechesi nelle case. Abbiamo avviato anche una fase di studio per comprendere in che modo è possibile essere presenti sul territorio a partire dalla situazione attuale in cui il parroco non è in condizione di realizzare le famose benedizioni pasquali. Problema: come passare dalla presenza del parroco sul territorio alla presenza della comunità.

5.      Comunità accoglienti. Accompagnamento spirituale dei gruppi di africani presenti sul territorio: famiglie della Burkina Faso, donne nigeriane, studenti del Camerun, Togo e Congo.Oratorio con il cortile aperto al territorio. Attualmente il 90% dei bambini e ragazzi che frequentano durante la settimana l’oratorio provengono da tante nazioni (circa una ventina). Chiesa che accoglie i cristiani omosessuali, lesbiche, bisessuali, transessuali. Chiesa che allarga la tenda per accogliere divorziati, separati. Sono esperienze in atto.


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