LA FUGA DI ELIA
Riflessioni postmoderne sulla religione e il senso della vita
E' in uscita in questi giorni il mio nuovo libro. Qui di seguito alcuni passaggi tratti dall'introduzione.
Chi aprisse questo libro pensando di
trovare studi di esegesi sulla figura di Elia, lo può chiudere subito. Queste
pagine, infatti, sono un’altra cosa. Ho scelto Elia e la sua fuga, così com'è narrata in 2 Re 19, come un pretesto, un’immagine per racchiudere una serie di
riflessioni che in questi anni ho realizzato sul modo di vivere la fede e di
stare al mondo. Sono un presbitero cattolico che celebra liturgie, riti, che
predica la Parola, che vive all'interno di un’istituzione religiosa e che
spesso e volentieri ha vissuto la sindrome di Elia, il desiderio della fuga, di
buttare tutto all'aria, di cambiare aria dentro e fuori di sé.
La fuga mi sembra una di quelle
immagini che più di ogni altra sono un paradigma della cultura del nostro
tempo. C’è una tendenza nell’uomo e nella donna di fuggire da se stessi, dai
propri impegni, per cercare altro. Si fugge perché si vive male nel proprio
stato di vita e si cerca qualcosa di migliore altrove. La fuga è movimento e,
allo stesso tempo, genera il mito dell’altrove, dell’isola felice, della
possibilità che esista un luogo immaginario nel quale la vita sia felice.
Se sino a qualche decennio fa il
contesto religioso e morale nel quale si viveva impediva o fungeva da forte
deterrente ad ogni tentativo di fuga, soprattutto rispetto alle scelte così
dette definitive, oggi non è più così. La crisi dei valori tradizionali
venutasi a creare all'interno della cultura Occidentale, rende sempre più
possibile la fuga dalla propria situazione esistenziale percepita come
negativa. Oggi esistono sempre meno punti d’appoggio esterni per prendere forza
nei momenti di difficoltà o di messa in discussione del proprio vissuto. E’
difficile trovare qualcosa d’esterno che ci motivi nelle scelte fatte.
E’ cambiata anche la stessa idea di
scelta. La cultura postmoderna non attribuisce un grande valore alle scelte
così dette durature. Diviene, invece importante la capacità di variare, di
cogliere l’occasione del momento. La velocità dei cambiamenti culturali nei
quali siamo immersi, sembra richiedere la disponibilità a cambiare in modo
rapido, accompagnando la novità più che la fedeltà a scelte fatte. E così, ciò
che era considerato virtuoso e carico di valore, non sembra più aver un grande
peso nel nuovo contesto culturale.
Il desiderio di credere nei sogni, di
credere che tutto sia realizzabile, che ciò che noi pensiamo si possa
realizzare nella vita, lo incontriamo nella nostra anima, nella nostra
coscienza. Ciò vale anche per un
discorso di fede, soprattutto nelle prime fasi del cammino, quando gli occhi si
aprono e si vede la realtà in un modo nuovo. Si vorrebbe che tutti vedessero
quello che noi vediamo, o meglio, che vedessero la realtà così come la stiamo
vedendo. E’ come sfogliare le pagine del Vangelo o degli Atti degli Apostoli:
in essi viene descritto la vita armoniosa delle prime comunità. C’è il rischio
di passare la vita a credere che sia possibile rimanere sempre in una
situazione così paradisiaca. E invece
non è così, anzi, lentamente ci accorgiamo che tutto gira al contrario di ciò
che noi vediamo, che tutto sembra andare all’opposto di ciò che noi pensiamo.
Le lotte che Elia ha portato avanti
durante la sua vita contro i falsi profeti e contro le ingiustizie del Re Acab
e di sua moglie Getzabele, sono nell’ordine della fiducia che un mondo migliore
sia possibile. In fin dei conti, senza questa speranza, la vita diventa un
inferno o, peggio ancora, si arena nelle sabbie della routine quotidiana che
sfocia lentamente nell’apatia o nella monotonia di un percorso senza slanci.
Ed Elia ad un certo punto non ce la
fa più, scoppia, getta la spugna. Reazione umana e normale di una persona che,
dopo averne passate tante, ad un certo punto non riesce più a vedere la cima
della montagna, non riesce più a cogliere l’obiettivo della lotta. A questo
punto le fatiche diventano senza senso e il peso della vita insopportabile.
Fuga dentro il deserto alla ricerca di se stessi, per capire dove si è rotto
l’incantesimo, in quale istante si è smarrito la strada.
Accade proprio così nella vita. Può, infatti,
capitare che ad un certo punto del cammino ci si trovi fuori strada, così per
caso, senza averlo calcolato, né senza averci troppo pensato. A quel punto non
si sa più che cosa fare e da dove cominciare per raggomitolare il filo della
vita e cercare il punto d’inizio, o il punto spezzato. Alcuni continuano come se
niente fosse, schiacciando il più possibile dentro di sé il proprio dolore.
Altri fuggono per scaricare il proprio ingiusto dolore su qualcos’altro, che
spesso e volentieri coincide con qualcun altro. Altri ancora prendono la
situazione conflittuale per fermarsi e cercare di riprendersi, di valorizzare
le scelte passate.
La fuga di Elia nel deserto, in
queste pagine è presa come modello di una duplice fuga. La prima è la fuga
esistenziale dalle proprie scelte definitive. E’ il tipo di fuga che la cultura
postmoderna sta agevolando. E’ il sogno della possibilità di ripartire da zero,
di ricominciare di nuovo, di scartare il passato, con tutto quello che c’è
dentro, comprese le persone.
L’altro tipo di fuga è invece il
percorso interiore che una persona decide di fare per capire se stessa. Fuga da
un modo ripetitivo di vivere le proprie scelte per rimotivarle. Fuga non tanto
per prendere le distanze dalle scelte fatte, ma per viverle meglio. Fuga quindi
per riuscire a rimanere con maggior autenticità dentro il proprio vissuto
liberamente scelto.
Nelle pagine che seguono (nel libro) vengono condivise
alcune riflessioni che tengono la fuga di Elia come punto di riferimento, ad un
duplice livello. Nel primo, la riflessione si concentra su alcune tematiche
religiose ed esistenziali nella ricerca di significati nuovi per il nuovo contesto
culturale. Sono, dunque riflessioni critiche che hanno l’obiettivo di cercare
cammini nuovi, mettendo in discussione le modalità tradizionali di pensare e
vivere la fede.
Nel secondo vengono descritte le
riflessioni che Elia produce durante la sua crisi esistenziale che lo spingono
nel deserto. E’ una fuga non tanto per fuggire da se stesso, ma per riprendersi
in mano, per rimotivare la propria esistenza. E’ una fuga per rimanere in un
modo nuovo nelle scelte realizzate nel passato.
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