Isola della pietra furata: una delle tante isole intorno a Barra Grande |
Paolo Cugini
Oltre agli incontri con amici e amiche che da tempo non vedevo
e che hanno rallegrato i nostri cuori, ci sono stati due incontri che in un certo
modo mi hanno fatto sentire a casa, in tutti i sensi e con tutto me stesso.
Il
primo è stata la messa di domenica 3 febbraio alle 19 a Barra Grande, nel Sud
dello Stato della Bahia. Avevo chiesto a Leo - l’amico di Miguel Calmon,
professore di Storia e inventore del giornale di critica politica Virus, che
dal 2011 vive a Barra Grande dopo aver vinto un concorso statale come
professore di storia – di avvisare il parroco che ero disponibile a celebrare
la Messa. Come di costume, sono giunto sul posto una ventina di minuti prima
per conoscere le persone del luogo. È stato bello entrare nella cappella della
comunità, semplice ma in ordine, salutare le ministre della Parola, dell’Eucarestia
e della decima (quante donne, Madonna mia!). Poi, entrando, mi sono venuti incontro
i giovani membri del coro che hanno animato la messa. Prima della celebrazione eucaristica
una signora ha letto un commentario nel quale, oltre al tema della liturgia, si
spiegava ai presenti il motivo della mia presenza. Durante la celebrazione, ero
uno dei collaboratori della liturgia, preparata e animata da molte persone
della comunità. Alla fine della Messa, dopo l’oremus, un signore ha dato gli
avvisi ricordando l’incontro di preparazione delle liturgie delle prossime
domeniche. Questo signore è omosessuale e convive con il suo compagno. In
questa comunità cattolica tutti lo sanno e trova spazio perché, tra le persone
semplici, quello che conta non è la diversità sessuale, ma l’essere figlia e
figlio di Dio.
Su mia sollecitazione, la ministra della
Parola responsabile della comunità, mi ha ricordato che la comunità si trova al
mercoledì per il rosario degli uomini, al giovedì sera per l’adorazione
eucaristica animata dai laici e la domenica per la celebrazione della Parola in
assenza del presbitero. Quando alla domenica c’è la messa – avviene due volte
al mese perché il parroco deve attendere a 22 parrocchie (Bau!!!) – la comunità
celebra la Parola al venerdì sera. Piccola comunità, dunque, ma piena di vita,
con molte persone che si mettono a disposizione per animarla. Comunità che sa
ritrovarsi in qualsiasi circostanza, anche in assenza del parroco. Forse gli
ancora troppi preti delle nostre diocesi italiane, educati a guidare le
comunità accentrando tutto su di loro, non stanno favorendo la formazione di
comunità con laici e laiche capaci di trasmettere la fede, di animare la
comunità perché al centro della comunità, purtroppo, c’è un ministro ordinato e
non Gesù Cristo. Per questo motivo servirebbero i missionari. Servirebbero…
Il
secondo evento che mi ha fatto sentire a casa è stato alle paoline il giorno 8
di febbraio, prima di imbarcare per Manaus. Ero andato dalle paoline per
cercare qualcosa sull’Amazzonia e mi sono imbattuto sul testo-base della
Campagna della Fraternità, che guiderà la quaresima di quest’anno. È dal 1962
che la Chiesa brasiliana ha deciso di dedicare un tema sociale da meditare
durante il periodo della quaresima. Viene scelto un tema e, su questo, viene
preparato un inno da cantare nelle messe, e un CD con i canti da fare durante
le domeniche di quaresima. Oltre a ciò, viene preparato un testo base che sviluppa
il tema scelto con il metodo Vedere-Giudicare- Agire, in modo tale da mettere i
leaders delle comunità in condizioni di poter accompagnare le persone negli incontri.
Il materiale della CF prevede anche libretti per i circoli biblici, per le
adorazioni oltre a materiale specifico per i giovani e per le scuole.
Il tema della Campagna della Fraternità 2019
è: FRATERNITA’ E POLITICHE PUBBLICHE. È stato questo tema che mi ha fatto
sentire a casa. Che stufata, infatti, negli ultimi anni, dover a che fare con
persone che mi rompevano l’anima con le rubriche liturgiche, con coloro che
pensano che liturgia si riduca ad una ripetizione formale di gesti, che il problema
maggiore sembra essere se nell’avvicinarci al corpo di Cristo bisogna inginocchiarsi
o stare in piedi, tenere le manine chiuse o aperte. È la vittoria della
sterilità della fede che va da un’altra parte rispetto alla vita.
Che
bello, invece, prendere per mano un testo voluto dai vescovi brasiliani che
durante il tempo liturgico della quaresima chiedono ai fedeli non di mettere le
manine giunte, ma di riflettere sulle politiche pubbliche messe in atto non
solo nel Paese, ma nelle proprie città, nei propri quartieri. Chi sta leggendo queste
parole in Italia si chiederà immediatamente: ma che cosa c’entra la liturgia
con le politiche pubbliche? Tesoro della mamma, ti capisco sai; se ti hanno
fatto credere per tutta la vita che la liturgia sia una cosa che riguarda il
sacro e che tutto è fatto per far risaltare l’onnipotenza di un Dio che vuole
distanza e sacrifici, allora non puoi che storcere il naso dinanzi ad una
simile proposta, che sembra una vera e propria blasfemia. Se ci fermiamo un
attimino, però, a riflettere sul mistero di Dio che si è fatto uomo e che è
venuto ad abitare in mezzo a noi per stare con noi, perché è l’Emmanuele, il
Dio con noi, allora capiamo che è la vita quotidiana che Gesù è venuto sia a
valorizzare che a trasformare. Non ci può, allora, più essere separazione tra
fede e vita, liturgia ed esistenza quotidiana, perché in Gesù la vita si compie
e si dona con abbondanza (Gv 10,10). Che forza avrebbero le liturgie italiane
se dalla Messa domenicale ci si prendesse l’impegno per lavorare contro le
mafie, contro la corruzione politica, per impegnarsi attivamente per un mondo
più giusto e più vero? Che bello sarebbero le nostre liturgie domenicali se al
loro interno fosse portata la vita vera, quella che viviamo ogni giorno e che
Gesù è venuto a valorizzare, più che stare attenti all’osservanza delle
rubriche! Mentre scrivo non ho in mente solo le liturgie del Brasile, ma anche
di alcune comunità italiane che porto nel cuore e che hanno fatto un cammino in
questa direzione. Anche perché se la liturgia non esprime la vita del popolo di
Dio, così come ci ha insegnato il Concilio Vaticano II, per “tenere i fedeli” e
a non perdere i giovani, saremo obbligati ad inventarci altre cose o a
sterilizzare ai massimi livelli la vita liturgica.
Leo è il primo a sinistra: sempre sorridente |
Que privilegio para os fieis de Barra grande como queriamos que visse ate nós. Saudades das tuas belas pregações,das catequeses nossa!como nos faz falta.Deus te abencoe meu amigo és um grande homem de uma sabedoria divina.
RispondiEliminaTi leggo carico,felice e con occhi ben aperti sul presente e sul futuro.Grazie fratello per la tua condivisione che accorcia le distanze.
RispondiEliminaPreghiamo per te e per tutti coloro che sono sulla tua strada (missionari e abitanti dei luoghi)in quella parte del mondo a te molto cara tanto diversa dalla nostra.
Teresa
grazie Paolo, io e Anna siamo al collegamento nazionale delle cdb italiane preparando il prossimo incontro nazionale (ricordi che sei venuto a Rimini all'ultimo?)... Riferirò queste tue riflessioni nel decidere il tema ... Si vorrebbe invitare Barros al ponte di novembre.
RispondiEliminaRestiamo in contatto ...grazie a boa vida
Que Coisa boa padre! Quando o senhor narrou o encontro que teve, imaginei quando realizava os encontros de formação e retiros com os jovens da época, momentos muito bons e de grande aprendizado; lembrei- me também do curso de FÉ e POLÍTICA quando falou do tema da campanha da fraternidade; realmente grandes momentos que tivemos com seus trabalhos aqui em Miguel Calmon; também se tratando dos gestos litúrgicos, acredito que muitos aprenderam muito com o senhor. Muito obrigada pelo tempo que aqui passou padre e nos deixou essas bagagens. Sei que irá brilhar por onde passares com sua sabedoria e humildade.
RispondiEliminaLe tue parole colgono sempre il segno, grazie Paolo!
RispondiEliminaLaLa fe indirizza la nostra vita e la liturgia fa parte della nostra quotidianitá.Come Cristiani dobbiamo la presenza di Dio nella gestualità ad un livello piú profondo: accettazione e carità devono essere alla base della quotidianità nella nostra vita.
Quando diamo la mano in chiesa non dimentichiamoci che siamo la stessa persona anche fuori!
Grazie, carissimo don Paolo, per le tue belle e profonde riflessioni. Ora che sei “a casa” ti auguro, dal profondo del cuore, “buona missione”! Sai che ti aspettiamo qui a Narcao, quando rientrerai per qualche mese in Italia. Allora sarà bellissimo accoglierti con tutta la comunità, e all’ingresso in Chiesa ti verremo incontro noi del coro...
RispondiEliminaLeggendo le tue parole ho ricordato alcuni pensieri che mi sono “vorticati” in testa davanti al Presepe lo scorso Natale, subito dopo la Messa di Mezzanotte. Il riferimento è al mistero dell’incarnazione, al significato della sequela di Gesù e alla necessità di vivere nella realtà la profondità della Sua Parola, condividendola con i fratelli.
“Forse, a ben vedere, il senso del Natale lo si potrebbe “riassumere” così: Gesù non è una statuina del presepio, né, banalmente, il protagonista di alcuni “racconti” che - originalità dei quattro diversi autori! - hanno lo stesso titolo. Gesù di Nazareth è una persona in carne ed ossa... come ognuno di noi; un uomo che ha camminato lungo le strade polverose della Palestina di duemila anni fa e che ancora cammina sulle nostre vie e desidera incontrare ciascuno di noi... ciascuna donna e ciascun uomo del nostro tempo. “Impossibile!”, direte... ma anche no, perché c’è un “piccolo” particolare da prendere in considerazione e da tenere ben presente: Lui è Dio! Un Dio incarnato e che ama... non quello di Aristotele, “motore immobile dell’Universo”, ne’ quello di Cartesio, garante della bontà delle nostre percezioni sensibili... e neppure il dio degli Illuministi, entità sommamente razionale e grande architetto dell’intero Creato: enti distanti, sostanzialmente indifferenti al destino dell’uomo. Ecco perché per conoscere Gesù e, di conseguenza, conoscere Dio, non basta sentirne parlare o leggere quello che riportano i Vangeli. Per conoscere davvero Gesù bisogna incontrarlo, farne esperienza, accettare la sua amicizia... non quella “virtuale”, beninteso! Lui non è una questione da “social”: è necessario sperimentare la sua presenza e la sua reale vicinanza. E poiché ogni incontro è qualcosa di originale, unico ed irripetibile, ecco che la “narrazione” di chi ha fatto questa vivificante esperienza non può che essere altrettanto originale, irripetibile ed unica. Chi Lo ha conosciuto è ben consapevole che non basta un racconto, per “trasmettere” agli altri ciò che si è provato e si prova: le parole non potrebbero restituire che un ‘pallido resoconto’ di quello straordinario evento... allora non si può evitare di amare le sorelle e i fratelli, tentando di fare loro percepire il grande Amore che Gesù, nel personale incontro, ha effuso ed elargito.
Se qualcuno ci dicesse che una narrazione particolare di questo incontro personale ha più diritto di autenticità rispetto alle altre, mente! A volte in buona fede; più spesso subdolamente, sapendo di mentire. Ogni individuale “restituzione” dell’evento è una parte del tutto, non meno vera delle altre e, per la sua quota, concorre a delineare il quadro dell’intero “mistero”... E il luogo dell’incontro e della condivisione di queste originali narrazioni è la comunità cristiana, dove ciascuno di noi può contribuire ad illuminare una porzione della totalità.
Certo: il “Tutto” rimane in gran parte sconosciuto e ancora da scoprire, in quel rapporto che, incessantemente, si alimenta della reciproca presenza... ma è pur sempre vero che stiamo facendo esperienza di Dio!”.