giovedì 10 maggio 2018

LA CHIESA DELLA MISERICORDIA




Paolo Cugini
C’è una qualità che a detta di Papa Francesco deve caratterizzare la Chiesa: la misericordia. Significativo il fatto che all’inizio del suo pontificato abbia voluto indire un anno dedicato proprio alla misericordia. Diversi sono i documenti[1] oltre che ad un libro intervista[2] dedicati dal papa a questo tema così importante del suo pontificato. Proprio nella conversazione con Andrea Toninelli, Francesco spiega come etimologicamente, misericordia significa aprire il cuore al misero. “E subito andiamo al Signore: misericordia è l’atteggiamento divino che abbraccia, è il donarsi di Dio che accoglie, che si piega a perdonare […] Per questo si può dire che la misericordia è la carta d’identità del nostro Dio. Dio di misericordia, Dio misericordioso”[3]. Francesco spiega il motivo dell’importanza della parola Misericordia nella vita della Chiesa, nei paragrafi iniziali della Bolla d’indizione del Giubileo straordinario della misericordia:
Misericordia: è la parola che rivela il mistero della SS. Trinità. Misericordia: è l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro. Misericordia: è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato (MV2).
Si tratta dunque di una triplice motivazione: cristologica, antropologica ed ecclesiologica.

In primo luogo, nella prospettiva cristologica, la misericordia rivela il modo di Dio d’incontrare l’uomo. Rivela, dunque, il mistero stesso della Trinità ma, soprattutto, dice la realtà del Figlio. Nella seconda omelia tenuta in Santa Marta, Francesco arriva a sostenere che: “Il messaggio di Gesù è la misericordia. Per me, lo dico umilmente, è il messaggio più forte del Signore”[4]. Il volto misericordioso di Gesù rivela l’amore della Santissima Trinità. Relazione intrinseca, dunque, tra Santissima Trinità e Gesù Cristo, al punto che ciò che il Figlio mostra all’umanità della Trinità è proprio la misericordia. Ecco perché Francesco dedica tanta attenzione allo sviluppo del tema della misericordia così come si è venuto a delineare nell’attività pubblica di Gesù.
La sua persona non è altro che amore, un amore che si dona gratuitamente. Le sue relazioni con le persone che lo accostano manifestano qualcosa di unico e di irripetibile. I segni che compie, soprattutto nei confronti dei peccatori, delle persone povere, escluse, malate e sofferenti, sono all’insegna della misericordia. Tutto in Lui parla di misericordia. Nulla in Lui è privo di compassione (MV 8).
Nelle circostanze in cui Gesù si viene a trovare nella sua vita è costantemente mosso dalla misericordia. Lo troviamo, allora, a guarire i malati, a sfamare le folle, a liberare le persone indemoniate. Secondo papa Francesco, anche la vocazione di Matteo è da inserire nell’orizzonte della misericordia, perché solo lo sguardo misericordioso di colui che passava perdonando i peccati, poteva vedere nel cuore di quell’uomo un discepolo. Miserando atque eligendo: è il motto del pontificato di Papa Francesco preso dal commento di San Beda il Venerabile al brano della vocazione di Matteo. E’ la misericordia che elegge Matteo a discepolo di Gesù. Le tre parabole della misericordia, che s’incontrano nel capitolo 15 del Vangelo di Luca, presentano la misericordia come la forza che tutto vince, la forza di un Padre che non si dà mai pe vinto, nemmeno dinanzi alla durezza del peccato. E’ la misericordia che è capace di sciogliere qualsiasi tipo di durezza e resistenza e, in questo modo, apre nuove cammini. Commentando la parabola del servo spietato (Mt 18, 22-35) Papa Francesco riflette sul fatto che ogni cristiano è invitato ad essere misericordioso nei confronti dei fratelli e delle sorelle che incontra perché prima di tutto è stato lui ad aver ricevuto misericordia. Perdoniamo, allora, perché siamo stati perdonati.

Siamo chiamati a vivere di misericordia, perché a noi per primi è stata usata misericordia. Il perdono delle offese diventa l’espressione più evidente dell’amore misericordioso e per noi cristiani è un imperativo da cui non possiamo prescindere. Come sembra difficile tante volte perdonare! Eppure, il perdono è lo strumento posto nelle nostre fragili mani per raggiungere la serenità del cuore (MV 9).
Gesù ha posto la misericordia come ideale di vita e come criterio di credibilità della fede del cristiano. La prospettiva cristologica della misericordia appare anche nelle prime pagine della Lettera apostolica Misericordia et Misera, scritta da Papa Francesco a conclusione del giubileo straordinario della misericordia. Sin dai primi numeri, infatti, Francesco riporta l’incontro di Gesù con l’adultera narrato dal Vangelo di Giovanni (cfr. Gv 8,1-11). Nel testo viene anche riportato il commento che agostino fece su questo significativo incontro: “rimasero soltanto loro due: la misera e la misericordia”[5]. Quest’incontro è l’icona dell’anno della misericordia, perché rivela il cammino che la Chiesa deve compiere nella storia. Con i suoi gesti, infatti, Gesù rivela il senso autentico della legge, che consiste nell’amore che sa leggere nel cuore delle persone, per comprenderne il significato più nascosto e che deve avere il primato su tutto. Prima della necessità del giudizio, di applicare una legge, ci deve essere l’amore accogliente, che sa guardare nei cuori e scoprirne dei cammini. E’ questo il compito della Chiesa.
“In questo racconto evangelico, tuttavia, non si incontrano il peccato e il giudizio in astratto, ma una peccatrice e il Salvatore. Gesù ha guardato negli occhi quella donna e ha letto nel suo cuore: vi ha trovato il desiderio di essere capita, perdonata e liberata. La miseria del peccato è stata rivestita dalla misericordia dell’amore. Nessun giudizio da parte di Gesù che non fosse segnato dalla pietà e dalla compassione per la condizione della peccatrice” (MM, 1).
Il silenzio di Gesù nei confronti degli accusatori della donna, permette loro e alla stessa donna, di ascoltare la voce di Dio che parla nella coscienza di ogni persona. E’ questo silenzio che la Chiesa è chiamata a compiere nei confronti dei peccatori che incontra sul proprio cammino, per permettere loro di ascoltare la voce del Padre che parla al cuore di ogni persona.

In questa prospettiva si coglie l’aspetto antropologico della misericordia, nel senso che ogni persona ne ha bisogno per continuare a dare un senso alla propria esistenza, soprattutto in quei frangenti in cui qualcosa è intervenuto a rendere difficile il cammino della vita[6]. La misericordia è come una linfa vitale che ridà vigore e forza e che si manifesta in atteggiamenti concreti, perché l’amore non è mai teorico. Essa coinvolge i sentimenti, i comportamenti e gli atteggiamenti personali, dice della volontà di Dio di vedere ogni persona felice e non chiusa nella tristezza. Annunciando l’Anno Santo straordinario Papa Francesco esprime il desiderio che la misericordia entri nei cuori di coloro che vivono nelle più disparate periferie esistenziali, in tutte quelle situazioni di sofferenza e di precarietà del mondo d’oggi. Evangelizzare le periferie vuole dire anche questo. La misericordia di Dio espressa nella vita di Gesù dev’essere portata soprattutto in quelle situazioni esistenziali segnate dalla sofferenza e dall’esclusione. L’indifferenza, l’ipocrisia e l’egoismo possono essere vinti con l’annuncio gioioso della misericordia di Dio. Sempre in una prospettiva antropologica, il Papa ricorda l’importanza delle opere di misericordia corporale e spirituale. “Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina” (MV 15). Il Vangelo di Matteo ci ricorda che è su queste opere che saremo giudicati (cfr. Mt 25, 32s). Ogni cristiano allora, è invitato a portare parole di consolazione ai poveri, ad annunciare cammini di liberazione a tutti coloro che vivono nella schiavitù del vizio o di altre forme di schiavitù. La misericordia di Dio desidera incontrare l’uomo e la donna nelle loro fragilità e povertà, ma anche portare parole di speranza a tutti coloro che non riescono uscire dalle loro chiusure. Interessante, a questo punto, riportare le considerazioni che Papa Francesco faceva alla fine dell’anno giubilare dedicato alla misericordia:
 “Il perdono è il segno più visibile dell’amore del Padre, che Gesù ha voluto rivelare in tutta la sua vita. Non c’è pagina del Vangelo che possa essere sottratta a questo imperativo dell’amore che giunge fino al perdono. Perfino nel momento ultimo della sua esistenza terrena, mentre viene inchiodato sulla croce, Gesù ha parole di perdono: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,24)”[7].

E’ del perdono che l’umanità ha bisogno per poter rigenerarsi tutte le volte che per qualche motivo, si è allontanata dal cammino di dio. E’ per questo che il perdono non può mai essere rifiutato; non solo, ma non si possono porre condizioni alla misericordia richiesta e implorata, perché si tratta di un atto gratuito e voluto da Dio padre. Tutte le volte che vengono posti dei criteri o dei limiti alla ricezione della misericordia, si sta manipolando la volontà di Dio, che è amore infinito, incondizionato, per tutti in ogni momento della vita. Ecco perché Francesco ribadisce che: “Non possiamo, pertanto, correre il rischio di opporci alla piena libertà dell’amore con cui Dio entra nella vita di ogni persona” (MM 2). Qual’ è, allora, il segno visibile dell’umanità raggiunta dalla misericordia? Secondo Papa Francesco questo segno indiscutibile è la gioia. L’uomo, la donna, raggiunti dalla misericordia di Dio sperimenta la gioia, la pienezza di vita, la possibilità di ripartire. Quest’esperienza di gioia che sgorga dal perdono è narrata diverse volte nei vangeli. Ce lo dice la storia di Pietro (cfr LC 5), oppure nelle storie dell’adultera e della peccatrice[8]. Dove c’è perdono, c’è gioia. Questa gioia non può essere spazzata via dalle tristezze della vita quotidiana. Papa Francesco punta il dito sulla società dominata dalla tecnica che spesso porta gli uomini e le donne ad isolarsi, a vivere la triste esperienza della solitudine, che possono far sorgere sentimenti di malinconia, tristezza, noia, che possono condurre alla disperazione. In questo specifico contesto culturale sono necessari i testimoni della speranza, coloro cioè, che hanno sperimentato la gioia generata dalla misericordia ricevuta gratuitamente dal Padre. Sono proprio loro, a motivo della loro esperienza spirituale incarnata in un nuovo stile di vita, che possono aiutare l’umanità schiacciata nella solitudine e nella disperazione, ad uscire dai cammini illusori “per scacciare le chimere che promettono una facile felicità con paradisi artificiali per scacciare le chimere che promettono una facile felicità con paradisi artificiali”[9].

 La prospettiva ecclesiale della misericordia rivela il sogno di Papa Francesco di una Chiesa che vive in se stessa e si fa allo stesso tempo portatrice di ciò che è il cuore stesso del Kerigma: la misericordia di Dio annunciata da Gesù. Significativa è la scelta della data per l’inizio dell’anno santo della Misericordia, vale a dire l’8 dicembre, a cinquant’anni dalla Chiusura del Concilio Vaticano II. L’anno della Misericordia è posta in sintonia con il Concilio Vaticano II, per segnalare a che cosa la Chiesa universale deve fare riferimento nel suo cammino nell’oggi della storia. Proprio per questo motivo, Papa Francesco richiama alla memoria sia il discorso di apertura di papa Giovanni XXIII che quello di chiusura di Paolo VI.  Mentre il primo invitava la Chiesa ad abbracciare la medicina della misericordia più che le armi del rigore, Paolo VI faceva notare come la religione del Concilio fosse stata la carità. E’ dallo stile del Concilio, segnato dal desiderio di offrire la mondo dei ponti di misericordia, più che degli anatemi, che Papa Francesco intende indicare il cammino. Stile dialogico che, per valorizzare il contributo che ognuno può arrecare al bene dell’umanità, ha bisogno della misericordia di Dio. E’ della misericordia che il mondo ha bisogno, più che di sottolineature dottrinali. E’ questo il compito della Chiesa: portare al mondo la misericordia di Dio.

“L’architrave che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia. Tutto della sua azione pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti; nulla del suo annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può essere privo di misericordia. La credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compassionevole. La Chiesa vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia” (MV 10).
In queste parole accalorate del Papa è sottesa la presa di coscienza che troppo spesso la Chiesa si è fatta prendere la mano dal bisogno di giustizia, che è necessaria, ma che quando è posta in modo duro e severo, allontana le persone, soprattutto quelle che avrebbero bisogno di essere avvicinate. La Chiesa della Misericordia esprime il desiderio di accogliere tutti, soprattutto coloro che si sentono lontani o feriti dai drammi della vita. Per questo motivo: “È giunto di nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell’annuncio gioioso del perdono. È il tempo del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli. Il perdono è una forza che risuscita a vita nuova e infonde il coraggio per guardare al futuro con speranza” (MV 11). A questo proposito Papa Francesco ricorda le parole di Papa Giovanni Paolo II che nell’enciclica Dives in misericordia affermava che, a causa dell’arroganza dell’uomo dell’era della tecnica, che si sente padrone del mondo, le stesse parole perdono e misericordia sembrano inattuali, retaggio di esperienze che non sembrano più dire nulla all’uomo e alla donna di oggi. Eppure è proprio in questo contesto che la Chiesa non può venir meno al proprio compito di professare la misericordia che, a detta di Papa Giovanni Paolo II è: “il più stupendo attributo del Creatore e del Redentore”[10]. La misericordia è il cuore del Vangelo: è questa un’altra espressione cara a Papa Francesco, che rivela quanto per lui sia centrale il tema della misericordia nell’annuncio del Kerigma. La Chiesa non può che imitare lo stile di Cristo che va incontro a tutti senza esclusione di nessuno. Misericordia, in questa prospettiva, dice dello stile della Chiesa, stile di apertura, di dialogo e di accoglienza con tutti. Per questo motivo Francesco afferma che: “La prima verità della Chiesa è l’amore di Cristo. Di questo amore, che giunge fino al perdono e al dono di sé, la Chiesa si fa serva e mediatrice presso gli uomini. Pertanto, dove la Chiesa è presente, là deve essere evidente la misericordia del Padre” (MV 12)[11]. E’ questa la missione di ogni parrocchia e di ogni movimento che intende essere segno della presenza di Cristo nel mondo. Non ci può essere questa presenza senza misericordia. Nella Lettera Apostolica Misericordia et misera, scritta a conclusione del giubileo straordinario della misericordia, Papa Francesco sosteneva che le comunità cristiane potranno rimanere vive e dinamiche nel lavoro di evangelizzazione a patto che si tenga al centro l’annuncio della misericordia[12]. E’, di fatto, l’annuncio della misericordia il segno tangibile di quella conversione pastorale tanto richiesta da Papa Francesco sin dall’inizio del suo pontificato. La centralità dell’annuncio della misericordia nella comunità cristiana è visibile nella liturgia eucaristica, in cui in diverse circostanze, ne viene invocata la presenza tra i fedeli. Non solo nell’atto penitenziale, ma anche in tante collette e orazioni, oltre che nelle preghiere eucaristiche del tempo di quaresima la misericordia risuona nella Chiesa. Papa Francesco ricorda anche che nella chiesa ci sono due sacramenti specifici che fanno riferimento alla misericordia, vale a dire il sacramento della Riconciliazione e l’unzione degli infermi. Ricordando sial la formula di assoluzione che la formula dell’unzione degli infermi, il Papa afferma che:
“Nella preghiera della Chiesa il riferimento alla misericordia, lungi dall’essere solamente parenetico, è altamente performativo, vale a dire che mentre la invochiamo con fede, ci viene concessa; mentre la confessiamo viva e reale, realmente ci trasforma. È questo un contenuto fondamentale della nostra fede, che dobbiamo conservare in tutta la sua originalità: prima di quella del peccato, abbiamo la rivelazione dell’amore con cui Dio ha creato il mondo e gli esseri umani”[13].
Dio si fa conoscere all’uomo e alla donna con il suo amore, che dona in modo gratuito e disinteressato a tutti. Compito della Chiesa è aiutare le persone a tenere il cuore aperto al dono gratuito della misericordia di Dio. Ecco perché Francesco sostiene nell’intervista con il giornalista Tornielli che, come confessore, anche quando si trovava dinanzi a situazioni che sembravano chiuse al perdono: “ho sempre cercato una fessura, uno spiraglio, per schiudere quella porta e poter donare il perdono, la misericordia”[14]. La Chiesa è lo sforzo di Dio si entrare in tutti gli spiragli che incontra sul suo cammino per immettervi misericordia: non si può permettere di arrendersi alle forme di durezza e di resistenza che incontra. La Chiesa della misericordia è la speranza del mondo.



[1] Cfr. in modo particolare: Misericordiae Vultus (MV), Bolla di indizione del Giubileo straordinario della Misericordia, 2015; Misericordia et Misera (MM), Lettera apostolica a conclusione del Giubileo straordinario della Misericordia, 2016
[2] FRANCESCO, Il nome di Dio è misericordia. Una conversazione con Andrea Tornielli, Piemme, Milano 2016
[3] Ivi, p. 24
[4] Ivi, p. 7
[5] AGOSTINO, SAN, Commento al Vangelo di Giovanni, 33,5. Cit. in FRANCESCO, Misericordia et Misera, (MM) n 1
[6] Nella conversazione con Toninelli, Francesco afferma che il nostro tempo e la nostra umanità hanno così bisogno di misericordia “Perché è un’umanità ferita, un’umanità che porta ferite profonde. Non sa come curarle o crede che non sia proprio possibile curarle […] Questa umanità ha bisogno di misericordia” FRANCESCO, Il nome di Dio è misericordia. Una conversazione con Andrea Tornielli, cit. p 30
[7] FRANCESCO, Misericordia et missra, cit n 2
[8] Ivi, n. 3
[9] Ibidem
[10] GIOVANNI PAOLO II, Dives in Misericordia, 13
[11] Cfr. anche, a questo proposito, la profonda riflessine di Papa Francesco nella conversazione già citata con il giornalista Tornielli: “Io credo che questo sia il tempo della misericordia. La Chiesa mostra il suo volto materno, il suo volto di mamma, all’umanità ferita” FRANCESCO, Il nome di Dio è misericordia. Una conversazione con Andrea Tornielli, cit. p. 22
[12] Cfr.PAPA FRANCESCO, Misericordia et misera, cit., n. 5
[13] Ibidem
[14] FRANCESCO, Il nome di Dio è misericordia. Una conversazione con Andrea Tornielli, p. 41

Nessun commento:

Posta un commento