Paolo
Cugini
C’è
una qualità che a detta di Papa Francesco deve caratterizzare la Chiesa: la
misericordia. Significativo il fatto che all’inizio del suo pontificato abbia
voluto indire un anno dedicato proprio alla misericordia. Diversi sono i
documenti[1] oltre che ad un libro
intervista[2] dedicati dal papa a questo
tema così importante del suo pontificato. Proprio nella conversazione con
Andrea Toninelli, Francesco spiega come etimologicamente, misericordia
significa aprire il cuore al misero. “E subito andiamo al Signore: misericordia
è l’atteggiamento divino che abbraccia, è il donarsi di Dio che accoglie, che
si piega a perdonare […] Per questo si può dire che la misericordia è la carta
d’identità del nostro Dio. Dio di misericordia, Dio misericordioso”[3]. Francesco spiega il
motivo dell’importanza della parola Misericordia nella vita della Chiesa, nei
paragrafi iniziali della Bolla d’indizione del Giubileo straordinario della
misericordia:
Misericordia:
è la parola che rivela il mistero della SS. Trinità. Misericordia: è l’atto
ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro. Misericordia: è la legge
fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi
sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Misericordia: è la via
che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per
sempre nonostante il limite del nostro peccato (MV2).
Si
tratta dunque di una triplice motivazione: cristologica, antropologica ed
ecclesiologica.
In
primo luogo, nella prospettiva
cristologica, la misericordia rivela il modo di Dio d’incontrare l’uomo.
Rivela, dunque, il mistero stesso della Trinità ma, soprattutto, dice la realtà
del Figlio. Nella seconda omelia tenuta in Santa Marta, Francesco arriva a
sostenere che: “Il messaggio di Gesù è la misericordia. Per me, lo dico
umilmente, è il messaggio più forte del Signore”[4]. Il volto misericordioso
di Gesù rivela l’amore della Santissima Trinità. Relazione intrinseca, dunque,
tra Santissima Trinità e Gesù Cristo, al punto che ciò che il Figlio mostra
all’umanità della Trinità è proprio la misericordia. Ecco perché Francesco
dedica tanta attenzione allo sviluppo del tema della misericordia così come si
è venuto a delineare nell’attività pubblica di Gesù.
La
sua persona non è altro che amore, un amore che si dona gratuitamente. Le sue
relazioni con le persone che lo accostano manifestano qualcosa di unico e di
irripetibile. I segni che compie, soprattutto nei confronti dei peccatori,
delle persone povere, escluse, malate e sofferenti, sono all’insegna della
misericordia. Tutto in Lui parla di misericordia. Nulla in Lui è privo di
compassione (MV 8).
Nelle
circostanze in cui Gesù si viene a trovare nella sua vita è costantemente mosso
dalla misericordia. Lo troviamo, allora, a guarire i malati, a sfamare le
folle, a liberare le persone indemoniate. Secondo papa Francesco, anche la
vocazione di Matteo è da inserire nell’orizzonte della misericordia, perché
solo lo sguardo misericordioso di colui che passava perdonando i peccati,
poteva vedere nel cuore di quell’uomo un discepolo. Miserando atque eligendo: è il motto del pontificato di Papa
Francesco preso dal commento di San Beda il Venerabile al brano della vocazione
di Matteo. E’ la misericordia che elegge Matteo a discepolo di Gesù. Le tre
parabole della misericordia, che s’incontrano nel capitolo 15 del Vangelo di
Luca, presentano la misericordia come la forza che tutto vince, la forza di un
Padre che non si dà mai pe vinto, nemmeno dinanzi alla durezza del peccato. E’
la misericordia che è capace di sciogliere qualsiasi tipo di durezza e
resistenza e, in questo modo, apre nuove cammini. Commentando la parabola del
servo spietato (Mt 18, 22-35) Papa Francesco riflette sul fatto che ogni
cristiano è invitato ad essere misericordioso nei confronti dei fratelli e
delle sorelle che incontra perché prima di tutto è stato lui ad aver ricevuto
misericordia. Perdoniamo, allora, perché siamo stati perdonati.
Siamo
chiamati a vivere di misericordia, perché a noi per primi è stata usata
misericordia. Il perdono delle offese diventa l’espressione più evidente
dell’amore misericordioso e per noi cristiani è un imperativo da cui non
possiamo prescindere. Come sembra difficile tante volte perdonare! Eppure, il
perdono è lo strumento posto nelle nostre fragili mani per raggiungere la
serenità del cuore (MV 9).
Gesù
ha posto la misericordia come ideale di vita e come criterio di credibilità
della fede del cristiano. La prospettiva cristologica della misericordia appare
anche nelle prime pagine della Lettera apostolica Misericordia et Misera,
scritta da Papa Francesco a conclusione del giubileo straordinario della
misericordia. Sin dai primi numeri, infatti, Francesco riporta l’incontro di
Gesù con l’adultera narrato dal Vangelo di Giovanni (cfr. Gv 8,1-11). Nel testo
viene anche riportato il commento che agostino fece su questo significativo
incontro: “rimasero soltanto loro due: la misera e la misericordia”[5]. Quest’incontro è l’icona
dell’anno della misericordia, perché rivela il cammino che la Chiesa deve
compiere nella storia. Con i suoi gesti, infatti, Gesù rivela il senso
autentico della legge, che consiste nell’amore che sa leggere nel cuore delle
persone, per comprenderne il significato più nascosto e che deve avere il
primato su tutto. Prima della necessità del giudizio, di applicare una legge,
ci deve essere l’amore accogliente, che sa guardare nei cuori e scoprirne dei
cammini. E’ questo il compito della Chiesa.
“In
questo racconto evangelico, tuttavia, non si incontrano il peccato e il
giudizio in astratto, ma una peccatrice e il Salvatore. Gesù ha guardato negli
occhi quella donna e ha letto nel suo cuore: vi ha trovato il desiderio di
essere capita, perdonata e liberata. La miseria del peccato è stata rivestita
dalla misericordia dell’amore. Nessun giudizio da parte di Gesù che non fosse
segnato dalla pietà e dalla compassione per la condizione della peccatrice”
(MM, 1).
Il
silenzio di Gesù nei confronti degli accusatori della donna, permette loro e
alla stessa donna, di ascoltare la voce di Dio che parla nella coscienza di
ogni persona. E’ questo silenzio che la Chiesa è chiamata a compiere nei
confronti dei peccatori che incontra sul proprio cammino, per permettere loro
di ascoltare la voce del Padre che parla al cuore di ogni persona.
In
questa prospettiva si coglie l’aspetto
antropologico della misericordia, nel senso che ogni persona ne ha bisogno
per continuare a dare un senso alla propria esistenza, soprattutto in quei
frangenti in cui qualcosa è intervenuto a rendere difficile il cammino della
vita[6]. La misericordia è come
una linfa vitale che ridà vigore e forza e che si manifesta in atteggiamenti
concreti, perché l’amore non è mai teorico. Essa coinvolge i sentimenti, i
comportamenti e gli atteggiamenti personali, dice della volontà di Dio di
vedere ogni persona felice e non chiusa nella tristezza. Annunciando l’Anno
Santo straordinario Papa Francesco esprime il desiderio che la misericordia
entri nei cuori di coloro che vivono nelle più disparate periferie
esistenziali, in tutte quelle situazioni di sofferenza e di precarietà del
mondo d’oggi. Evangelizzare le periferie vuole dire anche questo. La
misericordia di Dio espressa nella vita di Gesù dev’essere portata soprattutto
in quelle situazioni esistenziali segnate dalla sofferenza e dall’esclusione.
L’indifferenza, l’ipocrisia e l’egoismo possono essere vinti con l’annuncio
gioioso della misericordia di Dio. Sempre in una prospettiva antropologica, il Papa
ricorda l’importanza delle opere di misericordia corporale e spirituale. “Sarà
un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma
della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri
sono i privilegiati della misericordia divina” (MV 15). Il Vangelo di Matteo ci
ricorda che è su queste opere che saremo giudicati (cfr. Mt 25, 32s). Ogni
cristiano allora, è invitato a portare parole di consolazione ai poveri, ad
annunciare cammini di liberazione a tutti coloro che vivono nella schiavitù del
vizio o di altre forme di schiavitù. La misericordia di Dio desidera incontrare
l’uomo e la donna nelle loro fragilità e povertà, ma anche portare parole di
speranza a tutti coloro che non riescono uscire dalle loro chiusure.
Interessante, a questo punto, riportare le considerazioni che Papa Francesco
faceva alla fine dell’anno giubilare dedicato alla misericordia:
“Il perdono è il segno più visibile dell’amore
del Padre, che Gesù ha voluto rivelare in tutta la sua vita. Non c’è pagina del
Vangelo che possa essere sottratta a questo imperativo dell’amore che giunge
fino al perdono. Perfino nel momento ultimo della sua esistenza terrena, mentre
viene inchiodato sulla croce, Gesù ha parole di perdono: «Padre, perdona loro
perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,24)”[7].
E’
del perdono che l’umanità ha bisogno per poter rigenerarsi tutte le volte che
per qualche motivo, si è allontanata dal cammino di dio. E’ per questo che il
perdono non può mai essere rifiutato; non solo, ma non si possono porre
condizioni alla misericordia richiesta e implorata, perché si tratta di un atto
gratuito e voluto da Dio padre. Tutte le volte che vengono posti dei criteri o
dei limiti alla ricezione della misericordia, si sta manipolando la volontà di
Dio, che è amore infinito, incondizionato, per tutti in ogni momento della
vita. Ecco perché Francesco ribadisce che: “Non possiamo, pertanto, correre il
rischio di opporci alla piena libertà dell’amore con cui Dio entra nella vita
di ogni persona” (MM 2). Qual’ è, allora, il segno visibile dell’umanità
raggiunta dalla misericordia? Secondo Papa Francesco questo segno indiscutibile
è la gioia. L’uomo, la donna, raggiunti dalla misericordia di Dio sperimenta la
gioia, la pienezza di vita, la possibilità di ripartire. Quest’esperienza di
gioia che sgorga dal perdono è narrata diverse volte nei vangeli. Ce lo dice la
storia di Pietro (cfr LC 5), oppure nelle storie dell’adultera e della
peccatrice[8]. Dove c’è perdono, c’è
gioia. Questa gioia non può essere spazzata via dalle tristezze della vita
quotidiana. Papa Francesco punta il dito sulla società dominata dalla tecnica
che spesso porta gli uomini e le donne ad isolarsi, a vivere la triste
esperienza della solitudine, che possono far sorgere sentimenti di malinconia,
tristezza, noia, che possono condurre alla disperazione. In questo specifico
contesto culturale sono necessari i testimoni della speranza, coloro cioè, che
hanno sperimentato la gioia generata dalla misericordia ricevuta gratuitamente
dal Padre. Sono proprio loro, a motivo della loro esperienza spirituale
incarnata in un nuovo stile di vita, che possono aiutare l’umanità schiacciata
nella solitudine e nella disperazione, ad uscire dai cammini illusori “per
scacciare le chimere che promettono una facile felicità con paradisi
artificiali per scacciare le chimere che promettono una facile felicità con
paradisi artificiali”[9].
La
prospettiva ecclesiale della misericordia rivela il sogno di Papa Francesco
di una Chiesa che vive in se stessa e si fa allo stesso tempo portatrice di ciò
che è il cuore stesso del Kerigma: la misericordia di Dio annunciata da Gesù. Significativa
è la scelta della data per l’inizio dell’anno santo della Misericordia, vale a
dire l’8 dicembre, a cinquant’anni dalla Chiusura del Concilio Vaticano II.
L’anno della Misericordia è posta in sintonia con il Concilio Vaticano II, per
segnalare a che cosa la Chiesa universale deve fare riferimento nel suo cammino
nell’oggi della storia. Proprio per questo motivo, Papa Francesco richiama alla
memoria sia il discorso di apertura di papa Giovanni XXIII che quello di
chiusura di Paolo VI. Mentre il primo
invitava la Chiesa ad abbracciare la medicina della misericordia più che le
armi del rigore, Paolo VI faceva notare come la religione del Concilio fosse
stata la carità. E’ dallo stile del Concilio, segnato dal desiderio di offrire
la mondo dei ponti di misericordia, più che degli anatemi, che Papa Francesco
intende indicare il cammino. Stile dialogico che, per valorizzare il contributo
che ognuno può arrecare al bene dell’umanità, ha bisogno della misericordia di
Dio. E’ della misericordia che il mondo ha bisogno, più che di sottolineature dottrinali.
E’ questo il compito della Chiesa: portare al mondo la misericordia di Dio.
“L’architrave
che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia. Tutto della sua azione
pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti;
nulla del suo annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può essere
privo di misericordia. La credibilità della Chiesa passa attraverso la strada
dell’amore misericordioso e compassionevole. La Chiesa vive un desiderio
inesauribile di offrire misericordia” (MV 10).
In
queste parole accalorate del Papa è sottesa la presa di coscienza che troppo
spesso la Chiesa si è fatta prendere la mano dal bisogno di giustizia, che è
necessaria, ma che quando è posta in modo duro e severo, allontana le persone,
soprattutto quelle che avrebbero bisogno di essere avvicinate. La Chiesa della
Misericordia esprime il desiderio di accogliere tutti, soprattutto coloro che si
sentono lontani o feriti dai drammi della vita. Per questo motivo: “È giunto di
nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell’annuncio gioioso del perdono.
È il tempo del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle
difficoltà dei nostri fratelli. Il perdono è una forza che risuscita a vita
nuova e infonde il coraggio per guardare al futuro con speranza” (MV 11). A
questo proposito Papa Francesco ricorda le parole di Papa Giovanni Paolo II che
nell’enciclica Dives in misericordia
affermava che, a causa dell’arroganza dell’uomo dell’era della tecnica, che si
sente padrone del mondo, le stesse parole perdono e misericordia sembrano
inattuali, retaggio di esperienze che non sembrano più dire nulla all’uomo e
alla donna di oggi. Eppure è proprio in questo contesto che la Chiesa non può
venir meno al proprio compito di professare la misericordia che, a detta di
Papa Giovanni Paolo II è: “il più stupendo attributo del Creatore e del
Redentore”[10].
La misericordia è il cuore del Vangelo: è questa un’altra espressione cara a
Papa Francesco, che rivela quanto per lui sia centrale il tema della
misericordia nell’annuncio del Kerigma. La Chiesa non può che imitare lo stile
di Cristo che va incontro a tutti senza esclusione di nessuno. Misericordia, in
questa prospettiva, dice dello stile della Chiesa, stile di apertura, di
dialogo e di accoglienza con tutti. Per questo motivo Francesco afferma che: “La
prima verità della Chiesa è l’amore di Cristo. Di questo amore, che giunge fino
al perdono e al dono di sé, la Chiesa si fa serva e mediatrice presso gli
uomini. Pertanto, dove la Chiesa è presente, là deve essere evidente la
misericordia del Padre” (MV 12)[11]. E’ questa la missione di
ogni parrocchia e di ogni movimento che intende essere segno della presenza di
Cristo nel mondo. Non ci può essere questa presenza senza misericordia. Nella Lettera Apostolica Misericordia et misera,
scritta a conclusione del giubileo straordinario della misericordia, Papa
Francesco sosteneva che le comunità cristiane potranno rimanere vive e
dinamiche nel lavoro di evangelizzazione a patto che si tenga al centro
l’annuncio della misericordia[12]. E’, di fatto, l’annuncio
della misericordia il segno tangibile di quella conversione pastorale tanto
richiesta da Papa Francesco sin dall’inizio del suo pontificato. La centralità
dell’annuncio della misericordia nella comunità cristiana è visibile nella
liturgia eucaristica, in cui in diverse circostanze, ne viene invocata la
presenza tra i fedeli. Non solo nell’atto penitenziale, ma anche in tante
collette e orazioni, oltre che nelle preghiere eucaristiche del tempo di
quaresima la misericordia risuona nella Chiesa. Papa Francesco ricorda anche
che nella chiesa ci sono due sacramenti specifici che fanno riferimento alla
misericordia, vale a dire il sacramento della Riconciliazione e l’unzione degli
infermi. Ricordando sial la formula di assoluzione che la formula dell’unzione
degli infermi, il Papa afferma che:
“Nella
preghiera della Chiesa il riferimento alla misericordia, lungi dall’essere
solamente parenetico, è altamente performativo, vale a dire che mentre la
invochiamo con fede, ci viene concessa; mentre la confessiamo viva e reale,
realmente ci trasforma. È questo un contenuto fondamentale della nostra fede,
che dobbiamo conservare in tutta la sua originalità: prima di quella del
peccato, abbiamo la rivelazione dell’amore con cui Dio ha creato il mondo e gli
esseri umani”[13].
Dio
si fa conoscere all’uomo e alla donna con il suo amore, che dona in modo
gratuito e disinteressato a tutti. Compito della Chiesa è aiutare le persone a
tenere il cuore aperto al dono gratuito della misericordia di Dio. Ecco perché
Francesco sostiene nell’intervista con il giornalista Tornielli che, come
confessore, anche quando si trovava dinanzi a situazioni che sembravano chiuse
al perdono: “ho sempre cercato una fessura, uno spiraglio, per schiudere quella
porta e poter donare il perdono, la misericordia”[14]. La Chiesa è lo sforzo di
Dio si entrare in tutti gli spiragli che incontra sul suo cammino per
immettervi misericordia: non si può permettere di arrendersi alle forme di
durezza e di resistenza che incontra. La Chiesa della misericordia è la
speranza del mondo.
[1]
Cfr. in modo particolare: Misericordiae Vultus (MV), Bolla di
indizione del Giubileo straordinario della Misericordia, 2015; Misericordia et
Misera (MM), Lettera apostolica a conclusione del Giubileo straordinario della
Misericordia, 2016
[2]
FRANCESCO, Il nome di Dio è misericordia.
Una conversazione con Andrea Tornielli, Piemme, Milano 2016
[3] Ivi, p.
24
[4] Ivi, p.
7
[5]
AGOSTINO, SAN, Commento al Vangelo di Giovanni, 33,5. Cit. in FRANCESCO,
Misericordia et Misera, (MM) n 1
[6] Nella
conversazione con Toninelli, Francesco afferma che il nostro tempo e la nostra
umanità hanno così bisogno di misericordia “Perché è un’umanità ferita,
un’umanità che porta ferite profonde. Non sa come curarle o crede che non sia
proprio possibile curarle […] Questa umanità ha bisogno di misericordia”
FRANCESCO, Il nome di Dio è misericordia.
Una conversazione con Andrea Tornielli, cit. p 30
[7]
FRANCESCO, Misericordia et missra, cit n 2
[8] Ivi, n.
3
[9] Ibidem
[10]
GIOVANNI PAOLO II, Dives in Misericordia, 13
[11]
Cfr. anche, a questo proposito, la profonda riflessine di Papa Francesco nella
conversazione già citata con il giornalista Tornielli: “Io credo che questo sia
il tempo della misericordia. La Chiesa mostra il suo volto materno, il suo
volto di mamma, all’umanità ferita” FRANCESCO, Il nome di Dio è misericordia. Una conversazione con Andrea Tornielli,
cit. p. 22
[12] Cfr.PAPA
FRANCESCO, Misericordia et misera, cit., n. 5
[13] Ibidem
[14]
FRANCESCO, Il nome di Dio è misericordia.
Una conversazione con Andrea Tornielli, p. 41
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