I MARTEDÌ TEOLOGICI
Regina Pacis 15 maggio 2018
Relatore:
Valentino Blgarelli
Sintesi:
Paolo cugini
La
bellezza del noi della comunità cristiana.
Quali
sono gli elementi che non dobbiamo perdere di vista
La
finalità della comunità cristiana è l’evangelizzazione, l’annuncio del Vangelo
(LG 1)
Non
è una questione ad intra, ma il noi che dà delle buone notizie all’oggi.
Papa
Francesco nell’Amoris Laetia traccia
un modo di procedere della comunità cristiana. Siamo abituati ad un paradigma
pastorale che funziona così: vedere, giudicare, agire. Papa Francesco cambia i
termini. Primo non è vedere ma accompagnare. Vedere vuole dire che ti estranei
che cosa c’è intorno.
Accompagnare
significa che sei dentro la storia, cammini con delle situazioni. Non giudicare,
perché significa che ti metti in una posizione nei confronti degli altri.
Il
Papa dice: discernere. Che cos’è il discernimento? Non significa dice che cosa
qualcuno deve fare, ma aiutare a leggere le situazioni e condure qualcuno a
prendere una decisione dentro la situazione. Questo cambia la prospettiva della
comunità cristiana. Insieme leggiamo, capiamo, comprendiamo e insieme cerchiamo
di capire che cosa si può fare.
Terzo:
Integrare, includere dentro un cammino che si fa.
Comunità
pastorale. Dentro la comunità dobbiamo fare i conti con le fatiche di sempre.
Non c’è un trionfo dell’evangelizzazione. Le vicende non sono semplici. Paolo
deve fare i conti con delle fatiche esistenziali che non sempre riesce a
risolvere. Cfr. 1-2 Corinzi.
C’è
una modificazione antropologica decisiva in atto. Come comunità cristiana siamo
spesso lenti. I nostri processi decisionali sono esasperanti.
A
volte non siamo comunità vere; siamo molto formali. Ci fosse uno spirito di famiglia,
certe cose sarebbero più agili. C’è un offuscamento della proposta di Gesù
Figlio di Dio.
Perché
vale la pena lasciarsi attrarre da Gesù? Che ci sia una proposta sfumata sull’originalità
di Gesù è un dato di fatto. Questa sfumatura determina la formazione di un
linguaggio che è lontano dalla vita.
Dobbiamo
riprendere in mano le scritture.
Oggi
la nostra preoccupazione è: come evangelizzare? Il come diventa una zavorra.
Quando capita in parrocchia uno che si converte, che ritorna alla pratica
cristiana. Paolo VI diceva che prima del come c’è la gestione del chiedersi
cosa dice quel Vangelo a me oggi. Il come è una conseguenza del che cosa dice a
me il Vangelo.
La
comunità deve garantire la vivacità del Vangelo. Questo è il fine della
comunità.
La
comunità oggi nella sua configurazione deve salvaguardare due questioni:
1.
La persona
2.
Il noi della comunità
1.
La persona. E’ una grande istanza
decisiva di quell’incrocio che è stato il fatto cristiano con l’educazione. Da
Agostino sino a Maritain, il percorso è stato l’elaborazione della persona al
centro del sistema educativo. Ciò ci deve portare alla comprensione di come
funziona la persona. Quali sono le dimensioni costitutive della persona? Intelligenza,
comportamenti affetti. Anche nell’annuncio del Vangelo abbiamo lavorato su queste
dimensioni, ma non su tutte e tre. Abbiamo lavorato sull’intelligenza e sulla
dimensione esperienziale. Non abbiamo lavorato sulla dimensione affettiva. La
dimensione è in balia di tutto. E non c’è nulla che ci insegna ad amare e
lasciarsi amare. Le situazioni più faticose sono quelle affettive. Siamo in
presenza di comunità anaffettive.
La comunità dovrebbe garantire la custodia
della persona in tutte le dimensioni, compresa quella affettiva. Oggi la gente
cerca relazioni vere, calde, non formali, dove ci si possa sostenere,
accompagnare, dove non essere giudicati. Occorre evangelizzare gli affetti. Si
tratta di prendere in mano le scritture e vedere tutte le dimensioni affettive
che vengono descritte. Facciamo fatica a gestire l’affettività. Oggi quando
ascoltiamo che Dio è amore, non ci fa più un grande effetto. Il Dio nel quale è
amore e ci porta dentro questa relazione. E’ un Dio che si gioca negli affetti.
Affetti, contenuti, dimensione comportamentale.
2.
Come possiamo permettere al noi della
comunità di vivere le dimensioni della persona. Fare comunità significa fare
dei passaggi, coltivare delle situazioni dove il noi sia riconoscibile.
a.
Cura della dimensione simbolica. E’
la grammatica del fatto cristiano. Il Vangelo è mettere insieme la mia vita con
qualcuno. Il simbolo ci permette di unire. Abbiamo bisogno di recuperare la
dimensione simbolica, per andare in profondità nei significati e non rimanere
in superficie.
b.
Dimensione narrativa. La vita è ciò
che puoi narrare. La comunità racconta una storia di cui è parte.
c.
Dimensione della gratuità. Oggi la
gratuità spaventa.
d.
Creatività. Comunità che viaggiano
sulla monorotaia. Non possiamo permetterci di rifare sempre le stesse cose allo
stesso modo. Per salvare l’indifendibile stiamo perdendo di vista l’essenziale.
e.
Custodia. Le comunità dovrebbero oggi
attivare il principio del prendersi cura gli uni degli altri.
Che
cos’è la sinodalità? Sembra un tecnicismo della Chiesa. La sinodalità è l’identità,
la natura della Chiesa. Syn - odos: camminare insieme. Tre articolazioni:
1.
Essere insieme.
2.
Fare le cose insieme.
3.
Camminare insieme con il Signore
risorto.
La
Sinodalità è una parola che tratteggia la realtà della Chiesa. Francesco parla
di comunione dinamica.
La
Sinodalità è il disegno di questo volto di chiesa dove viene valorizzato la
figura del laicato. Nel Concilio Vaticano II la Chiesa è nella storia, e allora
sono i laici che stanno nella storia ad evangelizzare. Rapporto tra preti e
laici. Il prete non è colui che comanda e i laici eseguono. Secondo il Concilio
i laici sono corresponsabili, insieme con carismi e situazioni diverse.
Cipriano
(III sec. D. C.): non intraprendere nulla di mia iniziativa senza il consenso
del popolo.
Il
nuovo volto della comunità dev’essere attenta al:
1.
Fine. Che si declina senza dubbio in
alcune attività concrete.
2.
La persona, gli affetti
3.
La sinodalità, cioè corresponsabilità
Che
senso ha difendere una struttura che fa acqua da tutte le parti? Non pezze
nuove sul vestito vecchio.
Nessun commento:
Posta un commento