martedì 28 marzo 2023

EUCARESTIA DOMANI. INCULTURAZIONE E INCLUSIONE NELLA LITURGIA

 



L’eucarestia è vita. È questo il dato che emerge quando leggiamo i Vangeli: emanano vita. I riti che celebrano l’eucarestia spesso non emanano vita, perché sono ricoperti, ingolfati, soffocati da norme liturgiche, suppellettili inutili, ritualismi obsoleti, che offuscano il messaggio vitale di Gesù. Riflettere, allora, sul senso dell’eucarestia facendo riferimento non ad una tradizione obsoleta che il clima culturale postcristiano ha messo definitivamente nel baule dei ricordi da guardare senza troppa nostalgia, può aiutare la comunità cristiana a riscoprire quel tesoro d’amore che Gesù ha nascosto nelle parole dell’ultima cena. C’è vita nel Vangelo, vita autentica, ma che per troppo tempo è stata sequestrata da riti religiosi che non sempre corrispondono alle intuizioni del Maestro. Occorre, allora, mettersi in cammino per un percorso di disvelamento dell’autentico che è, allo stesso tempo, un cammino di riscoperta di ciò che è stato coperto, nascosto. Questo cammino non lo possiamo compiere da soli. Senza dubbio, nella vita spirituale c’è una dimensione personale che è importante. Per quanto riguarda l’eucarestia, invece, la dimensione comunitaria è fondamentale.

Durante l’ultima cena Gesù ha parlato ad un gruppo di persone che non erano lì a caso, ma che provenivano da un cammino, da una risposta ad un appello accolto. È possibile cogliere il valore del tesoro contenuto nei gesti e nelle parole di Gesù nell’ultima cena se si è mossi dal desiderio di conoscerlo, di stare con lui e di condividere questa esperienza con i fratelli e le sorelle che sono sulla stessa strada. Possiamo cogliere la profondità del messaggio di Gesù quando accettiamo il suo invito di uscire dalla solitudine del nostro egoismo, per camminare dietro di Lui per vivere fratelli e sorelle, per formare comunità. Siamo così abituati a pensare all’eucarestia come un momento personale della nostra vita spirituale, che facciamo fatica a percepirla nella sua dimensione originaria di comunione tra fratelli e sorelle. Eppure, l’origine è questa, il contesto originario nel quale si è svolta l’ultima cena è una relazione amicale che Gesù ha voluto, prima di morire, con color che avevano accolto il suo invito e camminato con Lui per le strade della Palestina. È difficile credere che non fossero presenti in quel contesto così forte dal punto di vista delle emozioni, anche quelle donne che l’avevano seguito per tutto il tempo del suo cammino verso Gerusalemme. Ascoltare le parole di Gesù in questo contesto postcristiano, deve voler dire anche spezzare il giogo della cultura patriarcale che a più riprese ha deformato il messaggio di uguaglianza di Gesù. Anche questa è una sfida che accompagnerà le pagine che seguono.

L’eucarestia è speranza. Nelle parole che Gesù ha pronunciato nell’ultima cena, nei suoi gesti, c’è uno sguardo profondo sul futuro della storia. Durante il suo cammino verso Gerusalemme Gesù non ha mai creduto che la sua morte potesse dire la fine sul suo messaggio di vita nuova. C’è speranza nelle parole di Gesù, perché c’è fiducia nell’uomo e nella donna, nella loro possibilità di lasciarsi trasformare dalle sue parole d’amore cariche di vita. È questa la grande forza di Gesù: non ha avuto timore ad affidare la continuità del suo messaggio di vita nuova, ad un gruppo di persone che, come noi, erano fragili, timorose, incapaci di comprendere quello che il Maestro intendeva dire. Eppure, Gesù non ha avuto difficoltà a consegnare loro quelle parole vere e profonde, pronunciate nell’ultima cena, perché il suo sguardo andava lontano, non si fermava al presente della storia, non considerava come definitivo la debolezza umana dei suoi discepoli e discepole. Ha creduto in loro, nonostante tutto. La sua grande fiducia nella bontà del suo messaggio, lo ha condotto a non considerare un impedimento il tradimento di Giuda, il rinnegamento di Pietro, l’abbandono degli altri.

L’eucarestia ci consegna questo sguardo penetrante di misericordia, capace di andare al di là delle apparenze, delle meschinità consumate nel presente della storia. Accettare di alimentarsi di Lui significa diventare portatori di questo sguardo nel mondo, che non si ferma dinanzi a nulla, che riesce a penetrare i fallimenti umani, per scorgere delle possibilità. Accogliere il Signore della storia, credere nella sua Parola carica di speranza, significa aver capito che la comunità che lui ha fondato, non è fatta dei migliori, o di coloro che si presumono tali, ma di tutte e di tutti. L’eucarestia è il primo profondo principio di uguaglianza che qualcuno, nel nostro caso il Maestro, ha conficcato nella storia, per sempre. È lì, alla portata di tutti e tutte. Basta desiderarlo. Basta mettersi in cammino. Quel cammino che nasce dalla consapevolezza di essere poca cosa e che nemmeno tutto l’oro del mondo può donarci un briciolo di dignità.

C’è tenerezza nell’eucarestia. È uno sguardo tenero che emana quel corpo spezzato sulla croce che, prima di essere il simbolo di un sacrificio, è il più grande inno d’amore che un essere umano abbia saputo pronunciare. Certamente ce ne sono stati altri, ma un amore così non si è mai visto. C’è tanto amore su quel legno insanguinato. Facciamo fatica a vederlo, a comprenderlo perché i nostri occhi sono annebbiati da liturgie che, invece di celebrare il mistero della vita, così com’è stato, lo hanno rivestito di orpelli, pizzi, di ori. Proprio Lui, è questo il misfatto, la più grande aberrazione! Hanno riempito di vesti dorate proprio Lui, il Signore della storia e della vita che queste vesti, simbolo di nobiltà, se le era tolte per rivestirsi delle vesti umili dei poveri. Non solo. Facciamo fatica a vedere nel legno insanguinato della croce l’immenso amore di Gesù, perché è stato interpretato male, è stato visto come un sacrificio. È vero che leggendo i testi ci sta anche questa interpretazione sacrificale, ma distorce quello che è stato il gesto libero di Gesù, una scelta d’amore, un dono affinché tutte e tutti possano accedere e accogliere fino alla fine dei tempi.

Anche nell’ultima cena, così come ce l’ha trasmessa l’evangelista Giovanni, Gesù ha depositato le vesti, per cingersi di un asciugamano e lavare i piedi ai discepoli. Questi sono i panni sacri di cui siamo chiamati a rivestirci quando partecipiamo all’eucarestia, i panni del servizio ai poveri, dell’attenzione agli ultimi. Generazioni di donne e di uomini hanno assistito passivi ai riti che avrebbero dovuto celebrare il Signore della vita, ma quella vita nuova rimaneva sepolta sotto il peso delle vesti sontuose e i pizzi dorati. C’è speranza in questo mondo postcristiano perché ci permette di poter osare cose nuove, di aprire i testi sacri con la curiosità del bambino, la curiosità di leggere le sacre parole e rimanerne abbagliati. Quello che viene considerato un periodo di crisi epocale, può trasformarsi in una grandissima occasione per tutti coloro che, leggendo il Vangelo, vedono la luce, un cammino di speranza. Benvenuta, allora, la post-cristianità che velocemente sta spazzando via secoli di rivestimenti sacrali che hanno impedito di cogliere il Mistero ad intere generazioni e che permette ora un incontro nuovo o, perlomeno, la possibilità di questo incontro il meno possibile filtrato.

Si percepisce la sofferenza di tutti e tutte coloro che per secoli hanno creduto che il messaggio di Gesù fosse proprio quello che gli veniva raccontato, fatto di riti, processioni, di liturgie gestite solamente dagli uomini. Quanta sofferenza in quelle persone anziane che, leggendo per la prima volta il Vangelo si sono accorte che il messaggio di Gesù è un’altra cosa, non riguarda dei riti, ma un modo di vivere, non fatto di ori e di pizzi, ma di semplicità e di attenzione ai più deboli. Che stupore deve creare in coloro che per la prima volta si accostano al Vangelo e scoprono che l’eucarestia non è una questione di parole dette bene, ma di amore, di lavarsi i piedi gli uni gli altri. Benvenuta epoca post-cristiana che ci permetti di mettere al centro l’essenziale e lasciare in disparte la forma.

Parlare di eucarestia nel mondo occidentale non è un compito facile. C’è una stratificazione secolare di riti, di visioni sacrali e, soprattutto, di letture devozionali che hanno ridotto il messaggio originale, per certi aspetti modificato e, a mio avviso, persino deturpato. È importante non confondere la devozione, che poi si è sviluppata nell’epoca moderna, con la religiosità popolare. Si tratta di due realtà e di due cammini diversi, direi opposti. Mentre, infatti la devozione moderna ha stimolato l’individualismo religioso, identificando il cammino di fede con le conquiste personali, fatte di fioretti, sacrifici per ottenere – meritare - la salvezza, ben diversa è ciò che sgorga dalla religiosità popolare. Lo dice la parola stessa: popolare. È un cammino di popolo, per lo più semplice e povero, che percepisce la presenza della Signore, che non abbandona i piccoli, i poveri, ma li protegge e li accompagna nel difficile cammino della vita. L’eucarestia, vissuta in questo contesto di religiosità popolare, è percepita non come un merito, ma un dono, non come una conquista personale, ma come una presenza misteriosa che stimola la comunità a continuare il cammino, a non abbattersi dinanzi alle sofferenze vissute. Riportare l’eucarestia in quell’ambito di relazioni amicali di persone che hanno fatte delle scelte nella direzione del Vangelo, è la grande sfida che abbiamo dinanzi.

Le pagine che seguono sono il frutto di due esperienze diverse. Nella prima parte riporto alcune riflessioni, frutto di un corso di esercizi spirituali tenuto ai fedeli laici e laiche delle parrocchie che accompagno da alcuni anni. Nella seconda parte, invece, confluiscono le considerazioni di alcuni incontri realizzati negli ultimi due anni sul tema della liturgia nella vita della comunità. Questa precisazione sull’origine del testo che presentiamo, ci consente di collocare il contenuto come una condivisione di un cammino svolto dall’autore assieme ad alcune comunità, che non hanno alcuna pretesa, se non quella di contribuire alla crescita spirituale e culturale del singolo lettore. Buona lettura.

 

INDICE

Introduzione

Abbreviazioni

 

PARTE PRIMA: LA MENSA DEL SIGNORE. RIFLESSIONI SPIIRTUALI

Preludio.

Rifiutare il Mistero. Smantellare la religione per percepire la presenza del Mistero. Tra precetto e dono. Il ritorno alle fonti per liberarci dalle mistificazioni.

 

Capitolo 1: Questo è il mio corpo.

 Gesù consegna il suo corpo. L’intuizione di Paolo e del Vangelo di Matteo. Il tutto nel frammento.  Prendete e mangiate.

 

Capitolo 2: È dato per voi. La dimensione comunitaria dell’eucarestia.

Un po' di storia. Per formare un solo corpo. La testimonianza della prima comunità cristiana: 

 

Capitolo 3: Prendete e mangiatene tutti. Nessuno è escluso.

Un’esperienza personale. L’insegnamento di Gesù. Gesù realizza le profezie.  Il sacramento della penitenza e il “tutti” dell’eucarestia. Le donne nella vita della comunità cristiana.

 

Capitolo 4: Fate questo. Le due interpretazioni del comando di Gesù e le conseguenze sul piano spirituale.

L’interpretazione ritualista. L’interpretazione esistenziale. Conseguenze sulla vita spirituale.

 

Capitolo 5: L’abbiamo riconosciuto.

Gesù portatore di pace. Riconoscere il Signore. Fare spazio. Tra strada e banchetto. Una nuova agenda pastorale e formativa.

 

Capitolo 6: ogni volta che mangiate…Annunciate. La dimensione missionaria.

 Gli spazi di Gesù.  La motivazione. Gesù, il liberatore dalla falsa religione. L’eucarestia come processo di smascheramento. Annunciamo l’amore del Signore.

 

Capitolo 7: Nell’attesa della tua venuta. La dimensione escatologica dell’eucarestia.

L’incontro che genera pace e gioia. La vita nel presente della storia.

 

PARTE SECONDA: LA LITURGIA IN UN MONDO OCHE CAMBIA. RIFLESSIONI PASTORALI

Introduzione

Capitolo 1: Un tuffo nella storia.

Passaggi di un’epoca di cambiamento. L’architettura liturgica. Tra Sacro Romano impero e messa tridentina.

 

Capitolo 2: Una liturgia con i tratti dell’umanità di Gesù.

L’umanità di Gesù e il principio d’incarnazione. Il sacro spogliato nei gesti di Gesù. Fede e vita.

 

Capitolo 3: Le intuizioni del Concilio Vaticano II sulla liturgia.

La scomoda eredità. Ritorno alle fonti. L’intimismo devozionale.

 

Capitolo 4: Liturgia ed ecclesiologia.

Temi significativi della Chiesa come popolo di Dio.  Una Chiesa tutta ministeriale: e le donne?

 

Capitolo 5: Liturgia e cultura.

Papa francesco e l’inculturazione del Vangelo. Un passo avanti: Querida Amazonia.

 

Capitolo 6. Liturgie inculturate in Occidente.

 Una necessaria presa di coscienza. Alcuni cambiamenti. Dalla parrocchia ai parrocchioni. Alimentare la fede

 

Capitolo 7. La liturgia per sua natura è inclusiva.

Un linguaggio inclusivo. Onnipotente? Tra sacrificio e dono. Il peccato nella liturgia. Lo stile accogliente.

 

Conclusione

Bibliografia

 

Acquistabile qui:

Ibs: https://www.ibs.it/eucarestia-domani-inculturazione-inclusivita-della-libro-paolo-cugini/e/9788869299742?queryId=12752032fbd503215fbb8b39e6331951

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