venerdì 20 gennaio 2023

Omosessualità e prospettiva relazionale nella teologia di Giannino Piana

 





Paolo Cugini

In alcuni scritti[1] il teologo italiano Giannino Piana ha preso posizione non solo sul rapporto tra Chiesa e persone omosessuali, ma anche sulle dichiarazioni contenute in alcuni documenti ecclesiali. Secondo Giannino Piana, l’autorità ecclesiastica ha paura che l’attuale contesto socio-culturale, favorevole alle persone omosessuali, possa provocare delle rivendicazioni insostenibili da parte dei gruppi di cristiani omosessuali e, per questo, ha irrigidito la dottrina. Eppure, sono ormai diverse le discipline che orientano verso una comprensione più complessa della realtà, capace d’integrare quelle diversità che sino ad ora sono rimaste fuori dai rigidi schemi antropologici. L’autore fa riferimento sia alle scienze biologiche che a quelle psicologiche e sociali, giungendo ad affermare che: “Ci hanno aiutato a prendere coscienza che la diversità dei modelli comportamentali tra i sessi non è dovuta prevalentemente a ragioni naturali, ma culturali, riproducibili, in ultima analisi, al diverso instaurarsi di rapporti di potere[2].  

In questa prospettiva, anche la riflessione filosofica ci ha aiutato a comprendere che anche il “maschile” e il “femminile”, prima di essere due elementi separati e contrapposti, sono invece dimensioni costitutive dell’umano, in quanto presenti tanto nell’essere-uomo, quanto nell’essere-donna, con modalità quantitative differenti, che danno origine a vere e proprie differenze quantitative. I contributi della scienza e della filosofia hanno permesso, secondo la riflessione di Giannino Piana, di superare le teorie naturalistiche, dalle quali scaturiva la condanna dell’omosessualità da parte della Chiesa, ma anche le teorie culturali incapaci di andare al di là del semplice riduzionismo della differenza sessuale come prodotto della cultura. “E’ venuto sempre più sviluppandosi una teoria interpretativa della differenza uomo-donna di carattere “relazionale”, tesa cioè a privilegiare come dato fondante la relazione[3]. Dire relazione significa collocare la realtà della differenza sessuale nel quadro più ampio del contesto socio-culturale, tenendo anche conto della connotazione biologica. La prospettiva relazionale permette di cogliere anche che, il rapporto uomo-donna, pur essendo fondante, non esaurisce in sé tutte le possibili modalità espressive della relazionalità “anzi, diventa la radice di cui si dipartono tutte le altre relazioni e il paradigma cui esse devono ispirarsi se intendono conservare il loro carattere pienamente umano[4].

A questo punto l’autore prende come punto di riferimento la riflessione biblica, la rivelazione ebraico-cristiana, per dimostrare come il primato della relazione s’incontri sia nelle pagine dell’Antico che del Nuovo Testamento. Senza dubbio, troviamo il discorso del primato della relazione nelle pagine della Genesi, dove l’uomo è definito come immagine di Dio. Il tema dell’immagine non è riferito alla singola persona, ma alla realtà della relazione che, anche se trova nel rapporto uomo-donna il principale referente, si estende tuttavia ad ogni altra forma di rapporto interumano. “Da tali racconti – sostiene Piana – si evince che la differenza viene dopo (non solo cronologicamente) l’unità e che è a quest’ultima del tutto subordinata, al punto che l’umano si presenta fin da principio – si pensi alla figura dell’Adam collettivo – come un’unità che si esprime e si realizza in una differenza[5].

Secondo Gianni Piana il discorso sulla relazione e il riconoscimento dell’unità originaria dell’umano, pur non sminuendo l’importanza del significato della differenza sessuale, mette in luce il carattere secondario e dipendente che essa riveste di fronte all’attuazione dell’esperienza relazionale. Il Nuovo Testamento accentua tale impostazione in due direzioni. In primo luogo, interpretando in chiave trinitaria la categoria dell’immagine, che rende sempre più trasparente la priorità della relazione rispetto alle modalità secondo le quali si realizza. In secondo luogo, proponendo di fatto una modalità asessuata, al punto da ridimensionare l’importanza della differenza, attraverso la demitizzazione degli istituti tradizionali quali il matrimonio e la famiglia. L’autore, prendendo come riferimento alcuni testi del Vangelo di Luca[6],sostiene che Gesù ha relativizzato le istituzioni tradizionali dinanzi all’evento del Regno di Dio e alla radicalità delle esigenze evangeliche, che spingono l’uomo e la donna verso un cammino di conversione, di cambiamento radicale. Ancora più significativo, a detta di Piana, è il brano di Paolo della lettera ai Galati, in cui sottolinea la radicale caduta di ogni differenza dinanzi all’unità di tutti gli uomini in Cristo: “Non c’è più n’è giudeo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna[7]. La prospettiva che Paolo propone è senza dubbio sconvolgente, nel senso che, dinanzi al mistero di Cristo, ogni differenza non trova più alcuna giustificazione. “L’avvento della salvezza spinge l’uomo a vincere la tentazione di chiudersi entro modelli tradizionali per aprirsi a forme nuove, dove ciò che conta è la percezione di ogni soggetto umano come persona redenta dal Signore[8].

Immediate sono le conseguenze sul terreno etico, che questa riflessione comporta, soprattutto a riguardo dell’omosessualità. Secondo Piana, adottare il modello relazionale, più in linea con il pensiero ebraico-cristiano che il modello naturalistico di matrice filosofico-aristotelica, significa apprendere a valutare i comportamenti interpersonali osservando prima di tutto il livello di relazionalità conseguito. Ciò significa che la bontà morale di un rapporto è dato dalla capacità che ha di esprimere il mondo interiore di due persone in modo autentico e profondo, prima di qualsiasi altra considerazione anche di ordine sessuale. Solo in questo modo si creano le condizioni per una autentica interpersonalità, “che si realizza nella misura in cui si abbandona la tentazione di trattare l’altro (l’altra) come oggetto e si riconosce invece la sua unicità irripetibile e la sua inestimabile dignità[9].

Giannino Piana è consapevole del rischio di idealizzare la relazione. Sappiamo, infatti, che la comunione e la comunicazione tra persone non sono mai totali e si sviluppano gradualmente. L’incontro tra persone va pensato come esperienza di vicinanza che lascia intatta la distanza o, dicendolo con la Forcades, che fa spazio all’altro. Senza dubbio, la relazione eterosessuale rimane il momento più alto di attuazione delle possibilità di comunione, come è senz’altro chiaro che la relazione omosessuale è segnata da limiti intrinseci, come l’assenza della fecondità procreativa. “Questo non significa tuttavia – sostiene Piana – che si debba a priori negare a quest’ultima la possibilità dello sviluppo di una vera reciprocità, talvolta soggettivamente maggiore di quella che ha luogo in alcune forme di rapporto uomo-donna connotate da dinamiche strumentalizzanti e alienanti”[10]. Occorre allora più che mai sottolineare il valore di ogni relazione autentica, che per potersi sviluppare deve prendere coscienza della propria identità, il riconoscimento della propria condizione, in un clima di superamento dei sentimenti di colpa paralizzanti. E’ a queste condizioni che è possibile giungere ad una piena maturità sessuale, che conduce a vivere nel segno del rispetto e della donazione di sé, uscendo in questo modo, dai percorsi oscuri della strumentalizzazione dell’altro.



[1] Cfr in modo particolare: PIANA,G., La condizione omosessuale in una prospettiva teologica, in AA.VV, Il posto dell’altro. Le persone omosessuali nelle chiese cristiane, Meridiana, Bari 2000, p 13-18: ID., Ipotesi per un’interpretazione antropologica-etica dell’omosessualità, in Credere Oggi, 116 (2000), p47-56; ID., Omosessualità, una proposta etica, Cittadella, Assisi 2010

[2] PIANA, La condizione omosessuale in una prospettiva teologica, cit. p.14

[3] Ivi, p. 14

[4] PIANA, Ipotesi per una reinterpretazione antropologica-etica dell’omosessualità, cit. p. 51

[5] Ibidem

[6] Cfr. Lc 11,27-28; 8,20-21

[7] Gal 3,28

[8] PIANA, La condizione omosessuale in una prospettiva teologica, cit. p. 16

[9] Ivi. p. 16

[10] Ivi p. 17

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