venerdì 20 gennaio 2023

L'AMORE OMOSESSUALE





Il dialogo per una nuova sintesi

Paolo Cugini

In un recente e corposo saggio interdisciplinare scritto a due mani dalla psicologa e psicoterapeuta Beatrice Brogliato e dal giovane studioso e ricercatore Damiano Migliorini[1], gli autori hanno provato ad indicare cammini nuovi nella riflessione teologica sull’omosessualità. Prenderò come riferimento la seconda parte del saggio, quella teologica, più consona alla ricerca del seguente lavoro. Il tema della legge naturale è il punto cruciale o perlomeno uno degli snodi teorici del dibattito teologico sull’omosessualità. Capire che cosa s’intende quando si parla di natura significa aprire o chiudere dei varchi nell’argomentazione. Se il bene supremo è la persona umana allora occorre stare attenti a non assolutizzare la natura. Come ricorda il documento della Commissione Teologia Internazionale sul tema in questione: “La scienza morale e la Legge morale naturale non possono fornire al soggetto agente una norma che si applichi adeguatamente e autonomamente alla realtà concreta, eppure, essa non abbandona mai del tutto la coscienza alla sola soggettività[2]. Occorre allora, vedere la Legge morale naturale come fonte d’ispirazione, mentre, per quanto riguarda i mezzi per raggiungere i fini, tocca allo sforzo di ogni singola persona. Le regole particolari per raggiungere i fini sono sempre ad appannaggio delle persone che vivono nella concretezza del reale. Occorre, dunque, stare attenti a non assolutizzare la natura, a non correre il rischio di farne un idolo e di tirarla nel dibattito dove lei stessa non può andare. La legge naturale non è un copro statico e non è una lista di precetti definiti e immutabili[3], ma è una fonte d’ispirazione. Ciò significa che questa legge, come ricorda Migliorini, “nel passaggio dal generale al particolare, richiede l’esercizio di un’ermeneutica infinita[4]. Siccome l’omoerotismo si riscontra in tutte le epoche storiche, in tutte le culture ed è un orientamento che rientra nella media di un funzionamento psicologico sano, può entrare a pieno titolo tra ciò che è definito naturale. Per giustificare una simile affermazione Migliorini fa riferimento ad una serie di studi scientifici di recente pubblicazione. Non si tratta, dunque, di una perversione, perché il comportamento omosessuale produce un desiderio e un amore che riguarda l’intera personalità dell’altro[5].

Dopo aver analizzato alcuni studi nell’ambito dell’etologia e della genetica, il nostro autore conclude che l’omoerotismo è un fenomeno culturale permanente e universale, sebbene si presenti in forme diverse tra loro lungo la storia[6]. Verificata la naturalità dell’omosessualità, occorre appurare la liceità dei comportamenti omogenitali. Come per ogni organo del corpo umano, anche per i genitali non è possibile stabilire una sola funzione. Per questo Migliorini ne individua almeno tre: una fisiologica, una erotica e una riproduttiva.  Finalizzare la sessualità esclusivamente al fine procreativo significa cadere nel biologismo. Seguendo gli studi di Peinado[7], Migliorini afferma che: “la sessualità umana può prestarsi alla possibilità di essere procreativa, in determinati momenti. La procreazione non rappresenta certo il destino della sessualità umana. Si tratta unicamente di una possibilità offerta in determinati momenti alla maggior parte delle persone”. Il problema etico si pone, dunque, dove manca il significato unitivo, dove l’atto sessuale è avvolto da un clima di violenza, svuotato da un cammino relazionale. La teologia di San Tommaso, che ha esteso il fine procreativo a tutti gli atti sessuali genitali, ha posto in campo un finalismo di tipo organico, identificando natura e biologia. Certamente, la posizione di san Tommaso è frutto del suo tempo, vale a dire l’alto medio evo, epoca in cui il disprezzo per il piacere era sinonimo di virtù. Tutto ciò va visto nel quadro della prospettiva ecclesiologica del tempo di San Tommaso, periodo in cui il papato prende sempre più il sopravvento e la dicotomia tra laici e chierici si radicalizza. L’ideale ascetico proposto come modello unico di santità e il celibato come esigenza evangelica più alta che definisce il vero cristiano, hanno gettato un’ombra profonda sul significato del piacere sessuale, considerato come una devianza dal fine naturale. In questa prospettiva, il fine unitivo e relazionale ha sempre faticato ad essere compreso nella sua valenza etica e valoriale, perché contraddiceva con ciò che era considerato in modo assoluto come il vero valore della sessualità, vale a dire quello procreativo. Recuperare la positività del piacere sessuale come elemento significativo della valenza relazionale dell’amore è, senza dubbio, uno dei grandi compiti del cammino attuale della Chiesa. Come sostiene Erik Borgman, solamente ricollocando al centro del dibattito etico il senso autentico della felicità, considerandolo come fine generale dell’uomo, sarà possibile distanziarsi da ogni tentazione di fissare e irrigidire la natura, per mantenerla aperta al sentire concreto dell’uomo e della donna, per evitare di farsi troppo male[8]. Per Migliorini, sia rimanendo nell’orizzonte delle categorie proposte dalla Chiesa sulla sessualità, sia all’interno del paradigma della Legge morale naturale, non è possibile escludere l’omosessualità dalle espressioni moralmente valide della sessualità. Per dare pieno valore a questa affermazione è necessario definire meglio il carattere oggettivo della sessualità e comprendere meglio il concetto di normalità sessuale. Alcuni casi tragici della storia, come ad esempio l’antisemitismo, c’insegnano che spesso i giudizi di normalità dipendono dai modelli sociali predominanti e anche il senso comune di tutto un popolo può, in alcune circostanze, sbagliare. Non solo il termine normale è soggetto ai condizionamenti culturali, ma assume anche significati diversi nelle diverse discipline. Da un punto di vista generale, si può ritenere normale ciò che rispetta il bene della persona umana. C’è allora, un’idea di normalità che è complessa, come d'altronde è complessa la persona umana. Secondo Thévenot l’idea di normatività sessuale “si sposta un po’ alla volta verso un’idea di normatività relazionale[9]. In questa prospettiva, occorre integrare il discorso della sessualità all’interno della complessità della personalità. La normalità considerata dal punto di vista personalista, più che essere una definizione astratta, è un compito da realizzare.

 Il problema dell’identità delle persone omosessuali, problema evidenziato dal tema della natura degli atti omosessuali, va di pari passo con l’altro importante e significativo problema del riconoscimento. Misconoscere la persona omosessuale parlando di devianza o di atti intrinsecamente cattivi, significa negarla sia sul piano dell’identità personale, che di quello di un riconoscimento sociale. Il cammino del riconoscimento delle differenze è sullo stesso sentiero del principio dell’uguaglianza. Riconoscere il valore dell’unione di persone omosessuali significa prendere sul serio il valore unitivo del matrimonio, vale a dire il valore della responsabilità di prendersi cura dell’altro, in una relazione di fedeltà. Secondo Migliorini, riconoscere le unioni di persone omosessuali sarebbe anche un segnale positivo per i giovani adolescenti omosessuali, che percepirebbero la possibilità di vivere seriamente una futura possibile relazione con un partner, uscendo dai torbidi e negativi cammini delle forme discriminatorie. L’autore si chiede se sarebbe possibile arrivare non solo a celebrazioni civili di persone omosessuali, ma anche di matrimoni religiosi, benedicendo davanti a Dio questo tipo di relazioni. “Riconoscere alcuni diritti civili alla coppia omosessuale (assistenza reciproca, assegnazione di case, reversibilità della pensione, eredità, ecc.) negando il vero e proprio matrimonio, dove condurrebbe?”[10]. Le coppie omosessuali chiedono di potersi prendere pubblicamente e reciprocamente un impegno consensuale. In questo modo, viene espresso il significato unitivo del matrimonio cristiano, poiché dice dell’impegno reciproco tra due persone legate da un sentimento d’amore, impegno dunque di fedeltà. L’unione omosessuale, che riconosce il valore del fine unitivo e della responsabilità nella fedeltà del patner, la rendono testimonianza dell’amore cristiano. Un suo riconoscimento, sostiene Migliorini, conferma e rafforza l’antropologia cattolica, la quale non può essere ridotta a un’antropologia fondata sulla perpetuazione della specie[11]. La coniugalità nei suoi aspetti di fedeltà e indissolubilità può essere attribuita alla coppia omosessuale che sceglie d’impegnarsi in un progetto di fedeltà. Migliorini, nella sua argomentazione, insiste nell’evidenziare la positività dell’aspetto relazionale dell’amore omosessuale che, per certi aspetti diventa feconda, perché arricchisce i soggetti coinvolti, dando loro nuova vita, una prospettiva futura, in altre parole una progettualità. In questa prospettiva, le persone omosessuali escono dall’ambito in cui la società le ha collocate, vale a dire nella sfera dei richiedenti diritti, ma potranno esercitare i loro carismi, esprimendo la loro possibilità di amare con responsabilità e in piena libertà. Anche se non verrà usato il termine matrimonio a livello sacramentale, ma la benedizione di due persone omosessuali che si promettono amore fedele reciproco, avrà il valore di riconoscimento del significato umanizzante di una relazione omosessuale stabile. (Ricordarsi d’inserire la riflessione sulla realtà alla fine del capitolo sull’interpretazione della bibbia)



[1] BROGLIATO, B.-MIGLIORINI, D., L’amore omosessuale. Saggi di psicoanalisi, teologia e pastorale. In dialogo per una nuova sintesi, Cittadella, Assisi 2014

[2] COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE (CTI), Legge naturale ed etica universale, in Il Regno 17 (2009), n 59

[3] Cfr. CTI, Legge naturale ed etica universale, cit., n 113

[4] MIGLIORINI, L’amore omosessuale, cit. p. 228. La stessa idea è ripresa da papa Francesco nell’Amoris Laetitia al capitolo otto quando afferma: “E’ vero che le norme generali presentano un bene che non si deve mai disattendere né trascurare, ma nella loro formulazione non possono abbracciare assolutamente tutte le situazioni particolari” (n. 304).

[5] Ivi, p. 231.

[6] Ivi, p. 235

[7] PEINADO, V., Liberazione sessuale, San Paolo, Cinisello Balsamo 2004

[8] Cfr. BORGMAN, E., Non “fissare” la natura in termini statici. Omosessualità e innovazione della legge naturale, in Concilium 1 (2008), p. 92-104. “Vanno bene il dovere, la responsabilità, le virtù e anche la rinuncia, ma se manca il riferimento ultimo alla felicità, un sistema etico non sta in piedi” (ivi., p. 100).

[9] THEVENOT, X., Omosessualità maschile e morale cristiana, Leumann-LDC Torino 1991, p. 104

[10] MIGLIORINI, L’amore omosessuale, cit. p. 324

[11] MIGLIORINI, L’amore omosessuale, cit., p. 327

Nessun commento:

Posta un commento