lunedì 23 gennaio 2023

LA CHIESA E L’OMOSESSUALITA’. SINTESI DELL'INCONTRO DI VENERDI 20 GENNAIO 2023

 




Paolo Cugini

Nel secondo incontro sul tema fede e omosessualità ci siamo chiesti quale sia il tema della Chiesa in proposito. Un primo dato da chiarire è che il materiale che offre il Magistero della Chiesa sul tema in questione lascia aperta la riflessione critica. Non ci troviamo, infatti, dinanzi a documenti di tipo dogmatico, come le affermazioni sulla Trinità o sull’identità di Cristo, sui quali il discorso è già stato chiuso da secoli. Sul tema dell’omosessualità la Chiesa ha sinora prodotto degli orientamenti pastorali (1986), delle affermazioni del Catechismo della Chiesa Cattolica (1992) e delle indicazioni contenute in alcuni documenti della Congregazione per la dottrina della fede (1975, 2021). Ciò permette ai fedeli un ascolto attento e ai teologi la possibilità di continuare la ricerca per aiutare la Chiesa a comprendere sempre meglio il fenomeno alla luce della rivelazione. La lettura che abbiamo fatto dei testi la sera del 20 gennaio ci ha mostrato il pensiero tutto sommato negativo sull’omosessualità e, ancora di più sugli atti omosessuali considerati “intrinsecamente disordinati”. Il testo del 1986 non vede con favore il lavoro che l’esegesi biblica stava svolgendo in quel periodo, vale a dire quelle che avrebbe poi sostenuto il documento della Pontifica Commissione Biblica che, come abbiamo visto, nel 2019 sosteneva che “Non troviamo nelle tradizioni narrative della Bibbia indicazioni concernenti pratiche omosessuali”. Il giudizio negativo sulle persone omosessuali deriva dalla tradizione elaborata dalla teologia di San Tommaso (XIV secolo) che parlava di un atteggiamento contro natura. Alcune prospettive teologiche attuali sostengono che, facendo riferimento alla rivelazione, più che una fondazione che fa riferimento alla legge di natura, che è un concetto teologico, occorrerebbe fare riferimento alla relazione. “Adottare il modello relazionale, più in linea con il pensiero ebraico-cristiano che il modello naturalistico di matrice filosofico-aristotelica, significa apprendere a valutare i comportamenti interpersonali osservando prima di tutto il livello di relazionalità conseguito” (G. Piana). Su questa linea, alcuni autori (Forcades, Migliorini e Piana) fanno notare che il Concilio Vaticano II ha indicato che fine del matrimonio non è solo procreativo, ma anche unitivo. Per questo motivo il filosofo Migliorini sostiene che: “riconoscere il valore dell’unione di persone omosessuali significa prendere sul serio il valore unitivo del matrimonio, vale a dire il valore della responsabilità di prendersi cura dell’altro, in una relazione di fedeltà” (2014). Per riuscire ad impostare il problema in modo nuovo occorrerebbe partire dalla realtà. L’indicazione del nuovo cammino l’ha offerta papa Francesco quando nell’Evangeli Gaudium ha affermato che la realtà è più importante dell’idea e una riflessione teologica deve partire non applicando schemi precostituiti, ma ascoltando la realtà per poi elaborare una riflessione teologica. Ogni riflessione deve poi tener conto dell’insegnamento di Gesù, che si è sempre messo dalla parte degli esclusi, delle minoranze, dei poveri. Se una teologia considera non naturale una minoranza di persone, è a partire da questa minoranza che occorre rielaborare una riflessione teologica che abbia il sapore del Vangelo. È quello che sostiene la suora e teologa spagnola Teresa Forcades. “Non vogliamo vedere la complessità della realtà che ci circonda, ma è importante prenderne visione affinché la nostra teoria ne tenga conto”. Infine, il teologo italiano Andrea Grillo ci aiuta a comprendere che quando parliamo di omosessualità stiamo parlando di persone e il linguaggio eccessivamente duro utilizzato dalla Chiesa nei suoi documenti, sembra dimenticarlo. Se un comportamento viene giudicato come un male in sé, è ovvio che ogni concreta esperienza, ogni assunzione della coscienza, ogni strutturazione storica di quel comportamento cadrà sempre e comunque al di fuori di ogni possibile valutazione positiva. “Pregiudicare l’esperienza con un linguaggio irrigidito – sostiene A. Grillo -è un’operazione votata al fallimento, proprio perché pregiudica il rapporto con la realtà”. C’è tanto da riflettere e, per questo, ringraziamo i nostri fratelli omosessuali e le nostre sorelle lesbiche e le persone della comunità LGBTQ+ di aiutarci in questo cammino. 

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