Paolo
Cugini
Nel
secondo incontro sul tema fede e omosessualità ci siamo chiesti quale sia il
tema della Chiesa in proposito. Un primo dato da chiarire è che il materiale
che offre il Magistero della Chiesa sul tema in questione lascia aperta la
riflessione critica. Non ci troviamo, infatti, dinanzi a documenti di tipo
dogmatico, come le affermazioni sulla Trinità o sull’identità di Cristo, sui
quali il discorso è già stato chiuso da secoli. Sul tema dell’omosessualità la
Chiesa ha sinora prodotto degli orientamenti pastorali (1986), delle
affermazioni del Catechismo della Chiesa Cattolica (1992) e delle indicazioni
contenute in alcuni documenti della Congregazione per la dottrina della fede
(1975, 2021). Ciò permette ai fedeli un ascolto attento e ai teologi la possibilità
di continuare la ricerca per aiutare la Chiesa a comprendere sempre meglio il
fenomeno alla luce della rivelazione. La lettura che abbiamo fatto dei testi la
sera del 20 gennaio ci ha mostrato il pensiero tutto sommato negativo
sull’omosessualità e, ancora di più sugli atti omosessuali considerati “intrinsecamente
disordinati”. Il testo del 1986 non vede con favore il lavoro che l’esegesi
biblica stava svolgendo in quel periodo, vale a dire quelle che avrebbe poi
sostenuto il documento della Pontifica Commissione Biblica che, come abbiamo
visto, nel 2019 sosteneva che “Non troviamo nelle tradizioni narrative della
Bibbia indicazioni concernenti pratiche omosessuali”. Il giudizio negativo
sulle persone omosessuali deriva dalla tradizione elaborata dalla teologia di
San Tommaso (XIV secolo) che parlava di un atteggiamento contro natura. Alcune
prospettive teologiche attuali sostengono che, facendo riferimento alla
rivelazione, più che una fondazione che fa riferimento alla legge di natura,
che è un concetto teologico, occorrerebbe fare riferimento alla relazione. “Adottare
il modello relazionale, più in linea con il pensiero ebraico-cristiano che il
modello naturalistico di matrice filosofico-aristotelica, significa apprendere
a valutare i comportamenti interpersonali osservando prima di tutto il livello
di relazionalità conseguito” (G. Piana). Su questa linea, alcuni autori
(Forcades, Migliorini e Piana) fanno notare che il Concilio Vaticano II ha
indicato che fine del matrimonio non è solo procreativo, ma anche unitivo. Per
questo motivo il filosofo Migliorini sostiene che: “riconoscere il valore
dell’unione di persone omosessuali significa prendere sul serio il valore
unitivo del matrimonio, vale a dire il valore della responsabilità di prendersi
cura dell’altro, in una relazione di fedeltà” (2014). Per riuscire ad impostare
il problema in modo nuovo occorrerebbe partire dalla realtà. L’indicazione del
nuovo cammino l’ha offerta papa Francesco quando nell’Evangeli Gaudium ha
affermato che la realtà è più importante dell’idea e una riflessione teologica
deve partire non applicando schemi precostituiti, ma ascoltando la realtà per
poi elaborare una riflessione teologica. Ogni riflessione deve poi tener conto
dell’insegnamento di Gesù, che si è sempre messo dalla parte degli esclusi,
delle minoranze, dei poveri. Se una teologia considera non naturale una
minoranza di persone, è a partire da questa minoranza che occorre rielaborare
una riflessione teologica che abbia il sapore del Vangelo. È quello che
sostiene la suora e teologa spagnola Teresa Forcades. “Non vogliamo vedere la
complessità della realtà che ci circonda, ma è importante prenderne visione
affinché la nostra teoria ne tenga conto”. Infine, il teologo italiano Andrea
Grillo ci aiuta a comprendere che quando parliamo di omosessualità stiamo parlando
di persone e il linguaggio eccessivamente duro utilizzato dalla Chiesa nei suoi
documenti, sembra dimenticarlo. Se un comportamento viene giudicato come un
male in sé, è ovvio che ogni concreta esperienza, ogni assunzione della
coscienza, ogni strutturazione storica di quel comportamento cadrà sempre e
comunque al di fuori di ogni possibile valutazione positiva. “Pregiudicare
l’esperienza con un linguaggio irrigidito – sostiene A. Grillo -è un’operazione
votata al fallimento, proprio perché pregiudica il rapporto con la realtà”. C’è
tanto da riflettere e, per questo, ringraziamo i nostri fratelli omosessuali e
le nostre sorelle lesbiche e le persone della comunità LGBTQ+ di aiutarci in
questo cammino.
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