[Articolo che ho ricevuto e che pubblico volentieri nel mio blog]
Gilberto
Squizzato [1]
Vi chiedete scandalizzati
e stupefatti come sia possibile che milioni di cattolici "praticanti"
(e non) si preparino a votare fra un mese per lo schieramento di Destra-Destra
capeggiato non più dal fatiscente, patetico Berlusconi ma dall'ambigua
"donna, madre, cristiana" che rifiuta un'esplicita, totale abiura del
fascismo, che amica di Orban urla davanti ai falangisti spagnoli di Vox la sua
predilezione per il sovranismo autoritario, che si prepara a celebrare
esultante in ottobre - da recente vincitrice delle elezioni- il centenario
della Marcia su Roma degli squadristi del Duce e il 25 aprile 2023 intende
procedere a una solenne Pacificazione nazionale, parificando partigiani
antifascisti e militanti della RSI?
Ma non c'è nulla da
stupirsi, perché tranne una consistente minoranza di cattolici
"democratici" e di ex-democristiani sinceramente antifascisti, il
grosso del cattolicesimo (e del clero!) italiano non solo non ha mai fatto
seriamente i conti con la passiva, calcolata acquiescenza della Chiesa italiana
al Concordato del '29, ma neppure con le profonde, inconfessate propensioni dell’anima
di quella che fu definita la Balena Bianca per un atteggiamento che possiamo
chiamare "non-antifascista". Quella massa elettorale che pigramente
per mezzo secolo fece pesare la massa determinante dei propri voti, una volta
inabissata la DC della prima Repubblica, entrò in larga misura placidamente nei
porti di Forza Italia e dell’UDC, ma anche tumultuosamente nel bacino
elettorale della Lega di Bossi e poi di Salvini.
Non c'è dunque da
meravigliarsi se le stime di serissimi sondaggi sociologici ci dicono che metà
dei cattolici che vanno a messa ogni domenica nel 2018/2020 simpatizzavano con
il Ministro degli Interni xenofobo persecutore dei migranti in fuga dalla Libia
e dall'Africa sub- sahariana, mentre un altro quarto era già decisamente
allineato sulle posizioni di Giorgia Meloni,
senza sentirsi in imbarazzo né gli uni né gli altri davanti al loro papa
che appena eletto era andato a Lampedusa a chiedere perdono a nome dell'Europa
agli annegati del Mediterraneo.
Quelle simpatie e
intenzioni di voto la dicono lunga sui sentimenti di fondo di gran parte di
quel che resta del continente cattolico italiano, con un clero solo molto
parzialmente impegnato sui valori della giustizia e dei diritti e impegnato
invece a difendere una religiosità intimistica, disposta all'obbedienza,
angosciata dalla perdita di ruolo dell'istituzione cattolica, intimorita
dall'arrivo di migranti di altre religioni.
Più difficile da
comprendere, secondo alcuni, la posizione di quelle minoranze cattoliche
attivissime nella società come Comunione e Liberazione, già grande elettrice
del celeste Formigoni, disinvolto privatizzatore del servizio sanitario
pubblico in Lombardia più tardi condannato per corruzione.
Non pochi osservatori sono increduli davanti alla perseverante, inossidabile scelta dei Ciellini (ma anche di tanti onesti e generosi volontari cattolici che si prestano a soccorrere persone sole, malate, bisognose e tanti stranieri in difficoltà) di militare da un trentennio nel Centro Destra, pronti oggi a farsi portatori d'acqua (cioè di voti, spesso determinanti nel nostro sistema elettorale) della Destra della post-fascista Meloni.
Che cosa c'è dietro
questa pervicace e spregiudicata disponibilità ad assecondare (ma con la
dichiarata intenzione di "moderarla" e condizionarla) l'onda
autoritaria, sovranista, nazionalista, parafascista della vecchia e nuovissima
Destra? Un bieco ed egoistico calcolo di interesse? un carrierismo disinvolto
che procura presidenze, primariati, convenzioni con enti pubblici?
Prima ancora, e fortissimo,
c'è - a mio avviso - un pensiero teologico, e conseguentemente ecclesiologico-
che viene da molto lontano. Non una fede cristiana che vuole il credente
"immerso" fiduciosamente nel mondo (per essere come lievito nella
pasta del pane) ma che lo vuole invece "separato". Sto parlando di quella
separazione, anzi del conflitto, teorizzati, da Agostino all'inizio del V secolo,
fra la "civitas dei" e la "civitas hominum”, fra la città (più
precisamente, la "società") degli eletti di Dio e società laica
puramente umana, non benedetta dalla grazia divina.
Secondo me è questo,
seppur mai dichiarato, il fondamento teologico della predicazione carismatica
di don Giussani, teorizzatore dell’”incontro" (con Dio) che si incarna
nell'incontro con la Chiesa degli eletti come luogo costitutivo della coesione
del movimento. Ma al tempo stesso questo incontro crea una cesura nei confronti
del resto della società, che diviene luogo di missione e non di collaborazione
laicamente fraterna e paritaria.
Da questo atteggiamento
di separazione che genera fortissima coesione fra gli aderenti a CL scaturisce
il ruolo privilegiato (e privilegiante!) della comunità cristiana, superiore e
dunque potenzialmente indifferente ai conflitti sociali, e perciò
disinvoltamente libera di allearsi politicamente con chiunque sia disponibile
(anche solo per interesse elettorale) a riconoscerle un ruolo unico e distinto.
Proprio per poter svolgere quel ruolo, Ciellini e cattolici convinti di una
propria missione "più alta" perché investiti dai crismi di quell'
"incontro" (cioè da quella grazia del tutto particolare) rivendicano
e ottengono dai loro alleati di Destra le garanzie di ampi spazi di azione.
Questa auto narrazione
che celebra la separazione giustifica infatti, per i Cellini, il diritto/dovere
della Chiesa (ma soprattutto della comunità ciellina) di creare e possedere le
proprie scuole, le proprie imprese nel campo sanitario e socioassistenziale, le
proprie cooperative più o meno confessionali, le proprie iniziative economiche,
anche finanziando il tutto con soldi pubblici.
Fu proprio su queste
premesse ecclesiologiche che prese corpo la forte sinergia fra CL e Woytjla, il
Papa convinto assertore della "Cristianità" come società
autosufficiente e protesa all'universalità. Nessuno più di Giovanni Paolo II,
in epoca moderna, professò il valore di questa insostituibile centralità della
Chiesa, riuscendo perfino a dare - per via polacca, cioè attraverso Solidarnosc-
una spallata decisiva per il crollo dell'URSS e poi del patto di Varsavia.
In Italia quella fu la
lunga era del predominio di Ruini, lo sponsor religioso di Berlusconi,
sdoganatore della Lega e dei post fascisti, capace di influenzarne le scelte
sui "valori non trattabili" della bioetica ma anche su quelli più
venali delle esenzioni ICI, dell insegnamento retribuito della religione nelle
scuole pubbliche, delle convenzioni delle Regioni con le cliniche
cattoliche, ecc. Quel pensiero ruiniano
non è mai tramontato e nonostante la nomina di Zuppi alla presidenza della CEI
è ampiamente egemone nel mondo cattolico italiano.
Nulla da stupirsi dunque
se anche il 25 settembre milioni di bravi cattolici della domenica (non solo
ciellini ovviamente ma anche moltissimi generosi parrocchiani) riterranno
coerente con questa "teologia della separazione" di ascendenza agostiniana
e ruiniana votare per lo schieramento raccolto intorno alla post fascista
Giorgia Meloni.
La quale, per parte sua,
con la sua nuova versione del "Dio, patria, famiglia" di Mussolini,
ora declinato dal marketing elettorale nel più moderno "donna, madre,
cristiana", sa bene come titillare i punti più sensibili di
quell'elettorato cattolico tradizionalista e preconciliare che quattro anni fa
si era lasciato sedurre, in perfetta ingenua buona fede, dai rosari e dai
Vangeli sbandierati da Salvini.
Non c'è nulla da fare:
questa è la nuova "questione cattolica italiana" dopo la scomparsa
della DC, perché con il sistema maggioritario che determina l'elezione di un
terzo dei parlamentari anche poche migliaia di voti portati alla Destra nei
singoli collegi da quest’area di cattolici saranno determinanti per la vittoria
della nipotina di Benito, Giorgio (Almirante) e del Fini prima maniera con il
braccio levato nel saluto romano. Gran parte dei cattolici italiani non sono
mai diventati antifascisti e non lo sono neanche oggi.
Purtroppo molte affermazioni sono vere. Anche Nel nostro Brasil non andiamo meglio.
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