giovedì 25 agosto 2022

I CATTOLICI NON ANTIFASCISTI




 


[Articolo che ho ricevuto e che pubblico volentieri nel mio blog]

Gilberto Squizzato [1]

 

Vi chiedete scandalizzati e stupefatti come sia possibile che milioni di cattolici "praticanti" (e non) si preparino a votare fra un mese per lo schieramento di Destra-Destra capeggiato non più dal fatiscente, patetico Berlusconi ma dall'ambigua "donna, madre, cristiana" che rifiuta un'esplicita, totale abiura del fascismo, che amica di Orban urla davanti ai falangisti spagnoli di Vox la sua predilezione per il sovranismo autoritario, che si prepara a celebrare esultante in ottobre - da recente vincitrice delle elezioni- il centenario della Marcia su Roma degli squadristi del Duce e il 25 aprile 2023 intende procedere a una solenne Pacificazione nazionale, parificando partigiani antifascisti e militanti della RSI?

Ma non c'è nulla da stupirsi, perché tranne una consistente minoranza di cattolici "democratici" e di ex-democristiani sinceramente antifascisti, il grosso del cattolicesimo (e del clero!) italiano non solo non ha mai fatto seriamente i conti con la passiva, calcolata acquiescenza della Chiesa italiana al Concordato del '29, ma neppure con le profonde, inconfessate propensioni dell’anima di quella che fu definita la Balena Bianca per un atteggiamento che possiamo chiamare "non-antifascista". Quella massa elettorale che pigramente per mezzo secolo fece pesare la massa determinante dei propri voti, una volta inabissata la DC della prima Repubblica, entrò in larga misura placidamente nei porti di Forza Italia e dell’UDC, ma anche tumultuosamente nel bacino elettorale della Lega di Bossi e poi di Salvini.

Non c'è dunque da meravigliarsi se le stime di serissimi sondaggi sociologici ci dicono che metà dei cattolici che vanno a messa ogni domenica nel 2018/2020 simpatizzavano con il Ministro degli Interni xenofobo persecutore dei migranti in fuga dalla Libia e dall'Africa sub- sahariana, mentre un altro quarto era già decisamente allineato sulle posizioni di Giorgia Meloni,  senza sentirsi in imbarazzo né gli uni né gli altri davanti al loro papa che appena eletto era andato a Lampedusa a chiedere perdono a nome dell'Europa agli annegati del Mediterraneo.

Quelle simpatie e intenzioni di voto la dicono lunga sui sentimenti di fondo di gran parte di quel che resta del continente cattolico italiano, con un clero solo molto parzialmente impegnato sui valori della giustizia e dei diritti e impegnato invece a difendere una religiosità intimistica, disposta all'obbedienza, angosciata dalla perdita di ruolo dell'istituzione cattolica, intimorita dall'arrivo di migranti di altre religioni.

Più difficile da comprendere, secondo alcuni, la posizione di quelle minoranze cattoliche attivissime nella società come Comunione e Liberazione, già grande elettrice del celeste Formigoni, disinvolto privatizzatore del servizio sanitario pubblico in Lombardia più tardi condannato per corruzione.

Non pochi osservatori sono increduli davanti alla perseverante, inossidabile scelta dei Ciellini (ma anche di tanti onesti e generosi volontari cattolici che si prestano a soccorrere persone sole, malate, bisognose e tanti stranieri in difficoltà) di militare da un trentennio nel Centro Destra, pronti oggi a farsi portatori d'acqua (cioè di voti, spesso determinanti nel nostro sistema elettorale) della Destra della post-fascista Meloni.

Che cosa c'è dietro questa pervicace e spregiudicata disponibilità ad assecondare (ma con la dichiarata intenzione di "moderarla" e condizionarla) l'onda autoritaria, sovranista, nazionalista, parafascista della vecchia e nuovissima Destra? Un bieco ed egoistico calcolo di interesse? un carrierismo disinvolto che procura presidenze, primariati, convenzioni con enti pubblici?

Prima ancora, e fortissimo, c'è - a mio avviso - un pensiero teologico, e conseguentemente ecclesiologico- che viene da molto lontano. Non una fede cristiana che vuole il credente "immerso" fiduciosamente nel mondo (per essere come lievito nella pasta del pane) ma che lo vuole invece "separato". Sto parlando di quella separazione, anzi del conflitto, teorizzati, da Agostino all'inizio del V secolo, fra la "civitas dei" e la "civitas hominum”, fra la città (più precisamente, la "società") degli eletti di Dio e società laica puramente umana, non benedetta dalla grazia divina.

Secondo me è questo, seppur mai dichiarato, il fondamento teologico della predicazione carismatica di don Giussani, teorizzatore dell’”incontro" (con Dio) che si incarna nell'incontro con la Chiesa degli eletti come luogo costitutivo della coesione del movimento. Ma al tempo stesso questo incontro crea una cesura nei confronti del resto della società, che diviene luogo di missione e non di collaborazione laicamente fraterna e paritaria.

Da questo atteggiamento di separazione che genera fortissima coesione fra gli aderenti a CL scaturisce il ruolo privilegiato (e privilegiante!) della comunità cristiana, superiore e dunque potenzialmente indifferente ai conflitti sociali, e perciò disinvoltamente libera di allearsi politicamente con chiunque sia disponibile (anche solo per interesse elettorale) a riconoscerle un ruolo unico e distinto. Proprio per poter svolgere quel ruolo, Ciellini e cattolici convinti di una propria missione "più alta" perché investiti dai crismi di quell' "incontro" (cioè da quella grazia del tutto particolare) rivendicano e ottengono dai loro alleati di Destra le garanzie di ampi spazi di azione.

Questa auto narrazione che celebra la separazione giustifica infatti, per i Cellini, il diritto/dovere della Chiesa (ma soprattutto della comunità ciellina) di creare e possedere le proprie scuole, le proprie imprese nel campo sanitario e socioassistenziale, le proprie cooperative più o meno confessionali, le proprie iniziative economiche, anche finanziando il tutto con soldi pubblici.

Fu proprio su queste premesse ecclesiologiche che prese corpo la forte sinergia fra CL e Woytjla, il Papa convinto assertore della "Cristianità" come società autosufficiente e protesa all'universalità. Nessuno più di Giovanni Paolo II, in epoca moderna, professò il valore di questa insostituibile centralità della Chiesa, riuscendo perfino a dare - per via polacca, cioè attraverso Solidarnosc- una spallata decisiva per il crollo dell'URSS e poi del patto di Varsavia.

 

In Italia quella fu la lunga era del predominio di Ruini, lo sponsor religioso di Berlusconi, sdoganatore della Lega e dei post fascisti, capace di influenzarne le scelte sui "valori non trattabili" della bioetica ma anche su quelli più venali delle esenzioni ICI, dell insegnamento retribuito della religione nelle scuole pubbliche, delle convenzioni delle Regioni con le cliniche cattoliche,  ecc. Quel pensiero ruiniano non è mai tramontato e nonostante la nomina di Zuppi alla presidenza della CEI è ampiamente egemone nel mondo cattolico italiano.

Nulla da stupirsi dunque se anche il 25 settembre milioni di bravi cattolici della domenica (non solo ciellini ovviamente ma anche moltissimi generosi parrocchiani) riterranno coerente con questa "teologia della separazione" di ascendenza agostiniana e ruiniana votare per lo schieramento raccolto intorno alla post fascista Giorgia Meloni.

 

La quale, per parte sua, con la sua nuova versione del "Dio, patria, famiglia" di Mussolini, ora declinato dal marketing elettorale nel più moderno "donna, madre, cristiana", sa bene come titillare i punti più sensibili di quell'elettorato cattolico tradizionalista e preconciliare che quattro anni fa si era lasciato sedurre, in perfetta ingenua buona fede, dai rosari e dai Vangeli sbandierati da Salvini.

Non c'è nulla da fare: questa è la nuova "questione cattolica italiana" dopo la scomparsa della DC, perché con il sistema maggioritario che determina l'elezione di un terzo dei parlamentari anche poche migliaia di voti portati alla Destra nei singoli collegi da quest’area di cattolici saranno determinanti per la vittoria della nipotina di Benito, Giorgio (Almirante) e del Fini prima maniera con il braccio levato nel saluto romano. Gran parte dei cattolici italiani non sono mai diventati antifascisti e non lo sono neanche oggi.



[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Gilberto_Squizzato Giornalista, scrittore e accademico italiano

1 commento:

  1. Purtroppo molte affermazioni sono vere. Anche Nel nostro Brasil non andiamo meglio.

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