FOGLIANO – REGGIO EMILIA 27 Novembre 2018
Tavola
rotonda con: suor Paola Torelli, Pe Mario Menin,
direttore di Missione Oggi; Suor Teresina Caffi (saveriana), don Paolo Cugini,
don Pietro Adani
Sintesi:
Paolo Cugini
Domanda: nel tuo libro metti la missione quale realtà
complessa, mutevole. Ci ricordi la difficoltà della missione. Con questo libro
che messaggio vuoi dare?
Mario Menin: ho lavorato in una favela che si chiama Eliopolis.
Abbiamo fatto un cammino di Comunità Ecclesiali di Base con Mons Evaristo Arns.
Ho scritto questo libro perché ho risposto ad una domanda che mi è stata
rivolta. Quando uno dice missione che cosa intende? La missione è cambiata.
Siamo passati da una missione senza l’altro ad una missione con l’altro. Una
missione a senso unico, come operazione del mondo Occidentale cristiano, alla
riscoperta della missione come movimento di Dio verso di noi. Un viaggio di Dio
che gli è costato molto per venire in mezzo a noi. La missione è un’azione di Dio,
prima che una nostra azione. Ho scritto il libro per dire che la missione a
partire dal Concilio Vaticano II è la Chiesa. Se volgiamo riformare la Chiesa dobbiamo
ripartire dalla missione. La missione è di tutti i discepoli, è di tutti i
battezzati. Importante è che ci siano delle persone che vadano in missione,
però non possiamo dispensarci dall’essere missionari: tutti siamo chiamati ad
essere missionari. Siamo passati da una missione contro gli altri, ad una missione
con le altre religioni. La missione è con la gente, con gli altri. La missione
è una cosa semplice, ma complessa allo stesso tempo. È annuncio, testimonianza,
profezia, comunione. Pensiamo ai monaci uccisi, a Charles de Foucauld,
Domanda:
che cosa significa essere donna consacrata, missionaria oggi?
Suor Teresina:
La missione sono andata imparandola facendola. Avevo il desiderio di andare in
Africa. Ero andata in missione motivata. Quando sono arrivata in Congo e
vedendo come vivevano le mie sorelle ci sono rimasto di colpo. Un giorno sono
uscita e sono andata a trovare una anziana che vedendomi fece una festa. Ho
capito che la vita non si regge dallo sforzo di essere giusti, ma sulla
misericordia. Quando ho visto per la prima volta un uomo ucciso a causa dalla
guerra per il solo fatto che era uscito per andare a prendere la sua capra, ho
capito che la missione doveva prendere un’altra piega. Non ci dev’essere nessun
altro interesse. Dal dolore del popolo congolese ho capito che il popolo va
amato e basta. Ho sentito questo popolo congolese dentro di me. Ho capito che
dovevo interessarmi di tutto, della politica, dell’economia: tutto era
pertinente alla mia missione. Quando i problemi si fanno forti devi avere la
passione delle radici. Ho imparato la passione per le cause strutturali della
povertà, per interessarmi della giustizia.
Papa
Francesco va ringraziato per quello che dice. Il vero ateismo per cui
preoccuparsi è la fine dell’interesse per il popolo, per l’umano. Dove c’è un po'
di compassione, lì c’è Dio.
Domanda:
In che modo l’unità pastorale Può essere missione sul territorio?
Menin: Se l’UP
è creata perché mancano i preti è solo una pezza per rimediare alla scarsità
del numero dei sacerdoti. Le UP sono una risposta missionaria o sono una
semplice riorganizzazione per rendere più funzionale il lavoro pastorale? L’aspetto
buono della UP è la sinodalità perché i preti devono confrontarsi. Entrare in
un cammino di sinodalità: è questa la grande sfida delle UP. Se scommettessimo
sulla soggettività missionaria di tutti i battezzati e scommettessimo sulle
piccole comunità dove si celebra, è possibile immaginare che una parrocchia
diventi una comunione di comunità, che abitano in maniera responsabile sul
territorio? Le comunità cristiane dovrebbero essere antenne sulle povertà di un
territorio. Ci sono resistenze forti sulle UP da parte del clero. Nessuna
Chiesa è autosufficiente. L’esperienza delle UP provoca sulla ministerialità.
Suor Teresina ha ragione: “Papa Francesco va ringraziato per quello che dice”.
RispondiEliminaPeccato che le maggiori resistenze nei confronti delle sue aperture verso una più autentica missionarietà e per la reale urgenza che la Chiesa si spinga fino alle più estreme periferie esistenziali vengano proprio dagli ambienti curiali, nello specifico, ed ecclesiali in genere (sia “vetero” che “neo”).
Ahimè...!!! Quanto siamo lontani dal vero spirito del Concilio!!!