martedì 20 febbraio 2018

LA PROFEZIA DEL SACERDOZIO FEMMINILE






Paolo Cugini

Gli studi di teologia femminista hanno ormai da anni raggiunto non solo un livello di scientificità di pregevole valore, ma stanno portando la comprensione delle dinamiche culturali stratificate nel testo biblico e nella tradizione ecclesiale, in questa direzione. 'rusi che subisconoa risultati impensabili. Del resto, per chi è abituato ad un approccio del testo biblico veicolato dalla tradizione che è prevalentemente maschile, fa fatica a cogliere le sfumature che lo sguardo femminile riesce a percepire. E’ strano pensare che facciamo parte di una tradizione culturale che ha trattato le donne come inferiori, come degli esseri la cui anima era messa in discussione sino al VII secolo d.C. C’è stata una concentrazione di mondi che si è unito per mettere fuori gioco le donne. Le culture che si affacciano sul Mediterraneo e, in modo particolare quella semitica, greca e romana, non hanno risparmiato colpi e argomentazioni fantasiose per dimostrare l’inferiorità di quello che in seguito sarà definito il sesso debole. Da una parte, il pensiero greco ha preparato le basi filosofiche per l’elaborazione di un’antropologia misogina, che supportava la già esistente cultura patriarcale. Poi sono arrivati i romani, con Seneca, Plinio il Giovane e Giovenale, solo per fare qualche nome, rafforzando l’impostazione antropologica dualista e tendenziosa a favore dell’uomo, mostrando come proprio questa struttura antropologica giustificava la subordinazione della donna nei confronti dell’uomo. Subordinazione che doveva essere ben chiara anche sul piano sociale, nella distribuzione degli spazi: all’uomo la piazza, alla donna la casa, per accudire i figli e tutto il resto.
E’ sul piano sociale che si gioca la battaglia dei sessi. Nel dibattito culturale dei primi secoli del cristianesimo uno dei temi principali che apparirà già negli scritti del Nuovo Testamento, sarà la decisione di chi spetta ad insegnare in luogo pubblico. Il tema acquista significato proprio nell’avvento del cristianesimo, in quanto la casa domestica diviene il luogo della costituzione delle prime comunità cristiane. Ed è proprio nella casa, spazio in cui culturalmente la donna non solo è relegata, ma è chiamata ad assolvere la sua identità, che le comunità cristiane assistono al protagonismo delle donne, che prendono la parola per insegnare. Il pensiero cristiano antico, sviluppatosi nell’epoca patristica, utilizzerà tutti gli strumenti possibili, incalzato anche dalla cultura pagana circostante, per riportare l’ordine, vale a dire, far tacere le donne. Punto di svolta di questa involuzione culturale, saranno le parole dell’autore della prima lettera a Timoteo che intimerà alle donne di tacere: “La donna impari in silenzio in piena sottomissione. Non permetto alla donna d’insegnare, né di dominare sull’uomo, rimanga piuttosto in atteggiamento tranquillo” (1 Tm 2, 11-12).
Da questo momento in avanti, si costituisce una vera e propria alleanza culturale per dimostrare l’inferiorità della donna sull’uomo e della necessità dell’uomo di guidare la donna, che le deve rimanere sottomessa. Ciò che il pensiero patristico aggiungerà all’abbondante produzione culturale misogina del mondo greco e romano, saranno non solo l’approfondimento dell’antropologia platonica sul tema, ma soprattutto la fondazione scritturistica della subordinazione della donna nei confronti dell’uomo. In primo luogo, si sottolinea il fatto incontestabile che il primo ad essere creato da Dio fu Adamo e, solo in seguito venne creata Eva, dalla famosa costola. C’è dunque, una subordinazione che trova il suo avvallo persino dalla volontà di Dio. Oltre a ciò, e sarà uno dei cavalli di battaglia della produzione omiletica medievale contro la donna, è fuori discussione che, ad essere ingannata dal serpente fu proprio Eva e non Adamo. La debolezza naturale della donna, la sua fragilità fisica e di mente, la sua incostanza e la conseguente necessità di un uomo per poter realizzare la propria esistenza, trova d’ora innanzi nel testo biblico un inconfutabile alleato.
Come ha dimostrato Selene Zorzi in un recente studio[1], la produzione culturale cristiana nei confronti della donna si scatena arrivando a livelli parossistici, dopo il 1115 dopo Cristo, vale a dire dopo l’imposizione del celibato obbligatorio per il clero. “La marginalizzazione e la denigrazione delle donne sarebbe stata una sorta di tattica per incoraggiare la continenza del celibato[2]. Uno dei testi più famosi e più ripugnati di questa squallidissima produzione culturale cristiana, che la dice lunga sulle strutture patriarcali e misogine messe in atto per secoli dalla chiesa, è la predicazione di Pier Damiani dell’XI secolo: “Dico a voi, incantatrici dei chierici, voluttuosa carne del diavolo, che avete gettato fuori del paradiso, voi, pozione delle menti, spade delle anime, veleno di chi beve e dei banchetti, materia del peccare, occasione del perdersi […] Venite ora, ascoltatemi, puttane, prostitute con i vostri baci lascivi, voi luoghi in cui si avvoltolano grassi porci, giacigli per spiriti impuri, semidee, sirene, streghe […]”[3].

Leggere questi brani aiuta a capire come mai la chiesa fa così fatica ad ammettere le donne al sacerdozio ministeriale. Ci sono stati molti secoli di predicazione del genere, di manipolazione della realtà, di alleanze culturali che hanno relegato la donna non solo in casa, ma nei bassifondi della storia. La stratificazione paternalista e misogina in Occidente è entrata così in profondità da convincere le stesse donne ad essere inferiori. Basta sfogliare le pagine di alcuni testi prodotti in ambito cristiano, che incitano le donne a rimanere sottomesse agli uomini per essere felici davanti a Dio, per rendersi conto del disastro culturale e spirituale messo in atto. La donna serve alla riproduzione e alla cura dei figli e della casa: punto e a capo. Questa impostazione resterà normativa per tutto il medioevo fino a tempi recenti. L’unica differenza che si manifesta in epoca moderna sarà quella della perdita d’importanza dell’argomentazione antropologica a favore dell’argomentazione basata sui ruoli sociali. L’obiettivo esplicito di queste argomentazioni sarà quella di giustificare l’esclusione della donna dall’ordinazione sacerdotale. In tutta l’epoca moderna continua l’opera denigratoria nei confronti delle donne considerate volubili e deboli d’animo, incostanti e troppo loquaci: tutti argomenti considerati ostacoli all’ordinazione.

Sfogliando la letteratura cristiana dell’epoca patristica, medievale e moderna sul tema del ruolo della donna nella società, oltre a rimanere allibiti per il vuoto delle argomentazioni e la cattiveria nei loro confronti, si percepisce l’assenza totale di argomentazioni significative nei confronti del tema così delicato dell’esclusione delle donne dall’ordinazione sacerdotale. Senza dubbio, si percepisce che il clima fortemente ostile creato nei secoli, rendeva difficile, direi impossibile un loro inserimento nella gerarchia ecclesiale. Oggi però, non si giustifica più. Si tratta, infatti di argomenti culturali, tra l’altro argomentazioni di bassissimo livello, persino ripugnanti nei confronti delle donne e non di elementi significativi su cui poggiare una decisione così ferma.
A mio parere l’ammissione delle donne al ministero sacerdotale nella chiesa cattolica sarebbe un gesto profetico. In un clima culturale sempre più ostile alle donne, che le vede sempre di più deboli, oggetto sessuale più che persone, inferiori al punto da non ricevere lo stesso salario degli uomini quando realizzano lo stesso lavoro, ma più basso, un clima che sembra confermare tutti i pregiudizi misogini della cultura patriarcale occidentale, l’ammissione delle donne al ministero sacerdotale sarebbe un gesto in controtendenza, che farebbe riflettere molto. Vorrebbe, infatti dire, che la chiesa dalle parole è passata ai fatti. Dalle parole dei documenti ufficiali, in cui si esalta il “genio femminile”, al fatto di considerarla degna di assumere ruoli ritenuti da sempre esclusivi per gli uomini. Del resto, la Bibbia è piena di questi gesti profetici, di segni che provocano il popolo d’Israele, segni che indicano un cammino nuovo, che rivela, allo stesso tempo, l’erroneità del vecchio. La profezia viene dalla capacità di guardare lontano, dalla forza di liberarsi dalle chiusure asfittiche del tempo presente, delle logiche di potere nelle quali si rimane avvinghiati. La profezia è sempre la vittoria della misericordia sulla durezza della legge, è lo spazio offerto allo Spirito di entrare nella storia degli uomini e delle donne per sconvolgerlo, riorganizzarlo. La profezia è segno di libertà che apre cammini nuovi, sull’esempio di ciò che realizzava Gesù. La profezia è forza di smascheramento della religione degli uomini che offusca la bellezza liberante della Parola di Dio con tradizioni umane, dalla logica perversa, che discrimina e mette gli uni contro gli altri.

E’ di questa profezia che noi oggi abbiamo bisogno. Ed è proprio questa profezia che noi oggi attendiamo dalla chiesa: la profezia del sacerdozio femminile. Per togliere ogni dubbio, per smascherare tutti gli inganni. Per poter dire con chiarezza, che se nel mondo c’è ancora chi ritiene la donna inferiore all’uomo, noi no. Se c’è ancora che ritiene la donna incapace d’insegnare e spiegare la Parola di Dio in pubblico, noi no. Se c’è ancora qualcuno che sostiene che la donna non è capace di condurre una comunità, che non ha carisma sufficiente per discernere e orientare, noi diciamo chiaramente che non è vero. Carissima chiesa, noi ti chiediamo: non lasciarci senza argomenti. Soprattutto, però, ti chiediamo: non negarci questa profezia.



[1] ZORZI, S., Al di là del “genio femminile”. Donne e genere nella storia della teologia cristiana, Carocci, Roma 2015
[2] Ivi, p. 142
[3] Ivi p. 146

2 commenti:

  1. Almeno non riciclare la storiella che per secoli si sia dubitato dell'anima delle donne. Qualche gnostico, forse, ma non certo i cristiani e la Chiesa. Attento poi a non buttare via così Pier Damiani: per il rapporto fede/ragione è un precursore del "pensiero debole". Inoltre sui preti e sui religiosi ha scritto cose ancora più tremende di quelle che ha scritto sulle donne. Magari potrebbe piacerti...
    Da laico, poi, che non si ritiene inferiore ai preti, non capisco perché la condizione della donna si innalzerebbe se la si facesse diventare prete: ci vedo il pregiudizio clericale che considera i preti superiori agli altri umani, uomini o donne che siano.
    Con il solito affetto (e sai che non lo dico per finta),
    Adriano Nicolussi

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    1. Carissimo Adriano,quella dell'anima delle donne é molto piú di una storiella: basta documentarsi un pó. Per quanto riguarda Pier Damiani conosco chi é e l'importanza del suo pensiero e proprio per questo l'ho citato. Se uno come lui arriva a scrivere quella roba sulle donne vuole dire che il livello del dibattitto sulle donne era veramente manipolato e filtrato dalla cultura patriarcale.
      Per quanto riguarda il sacerdozio femminile non ho parlato d'innalzamento (forse é tuo il pregiudizio): é semplicemente un problema di eguaglianza in una comunitá di fratelli e sorelle uguali

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