Paolo
Cugini
La
devozione è sorta e si è sviluppata in un periodo in cui i dati biblici e
patristici erano andati dispersi. E’ questo che c’insegnano i recenti studi
storici. La devozione si è, dunque, alimentata della superstizione, della paura
del sacro. La devozione tocca il sentimento e manifesta il timore di Dio, un
Dio percepito come terribile, capace di punire in ogni momento e ad ogni ora
per ogni forma di disobbedienza. Per poter controllare il potere del Dio
distruttore, del Tremendum, per dirla
con Rudolf Otto, il devozionismo ha messo in atto un sistema di precetti e di
doveri che il fedele deve eseguire per non essere travolto dalla forza di Dio. Eseguiti
i precetti il devoto è a posto, pronto per poter fare nella vita ciò che vuole.
La devozione agisce sulla separazione tra sacro e profano. Il sacro esige
sacrifici, riti, precetti in un contesto sacrale. L’esecuzione dei riti
permette al fedele di viere nel mondo profano in modo fedele e sicuro. La
devozione offre sicurezza al devoto, quella sicurezza interiore che gli dà la
certezza di avere fatto tutto quello che deve fare per stare in pace con Dio e,
soprattutto, per fare in modo che Dio non lo colpisca. La relazione tra sacro e
fedele è stimolata dal senso di colpa, incentivata dal sentimentalismo
devozionale, che mette in atto una serie di meccanismi che non permettono al
fedele di sfuggire alla logica dei precetti. La devozione rende l’uomo e la
donna schiavi dei riti, dei precetti. In cambio ottengono la sicurezza della
salvezza e la possibilità di controllarla. Non è cosa da poco.
La
cultura borghese, sorta in Occidente all’epoca del tardo medioevo e poi
rafforzatasi con l’avvento della rivoluzione industriale, si è alimentata del
devozionismo religioso. Potremmo affermare che non è mai esistito un connubio
così stretto tra la dimensione spirituale della vita personale e quella
sociale. Il borghese capitalista che sfrutta gli operai, arricchendosi sulle
loro spalle, non si sente in colpa, ma anzi si sente confermato nel suo lavoro
per il semplice fatto che compie alla perfezione tutte le prescrizioni previste
dalla devozione religiosa. Ci sono dei borghesi che vanno a messa tutte le
domeniche o addirittura tutti i giorni. Borghesi che recitano il rosario, fanno
le novene dei santi a cui fanno riferimento. Sono generosi elargendo
significative offerte ai luoghi di culto. C’è poi lo stile borghese della
persona che vive la sua vita tranquilla tra lavoro e famiglia. E’ il modello
sociale propagato con l’avvento dell’era industriale in tutte le sue fasi ed è
quello stile oggi indicato con la classe media. Quando si passa dalla società
agricola alla società industriale, il modello borghese prende il sopravvento
trovando nella religione devozionale il supporto per giustificarla. Vita
serena, tranquilla. Una volta realizzato il lavoro c’è tempo per Dio e per la
propria vita. Possibilità di organizzare il tempo libero a proprio piacimento,
con ferie e settimane bianche. Il modello borghese chiude le persone in una
sfera del mondo, non permettendo di cogliere il legame tra i mondi. Se,
infatti, c’è una parte che sta bene, questo benessere è il prodotto delle
lacrime e delle sofferenze di un’altra parte del pianeta. C’è tutto un sistema
che non permette di sentire questo legame intrinseco. Anche la devozione
moderna contribuisce a rendere sordo e cieco il devoto, la devota. Chiusi nella
necessità dell’osservanza, i devoti non si preoccupano del loro stile di vita
agiato e tranquillo, anzi lo incentivano. Non a caso è l’Occidente devoto che
ha elaborato il più criminale sistema economico mai esistito, vale a dire il
neoliberalismo. Questo modello sta producendo giorno dopo giorno masse enormi
di diseredati, di esclusi dal lauto banchetto dei pochi che possono beneficiare
di tutto. E’ vergognoso leggere ogni anno le classifiche stilate dalla rivista Forbes degli uomini e di qualche donna
più ricchi del mondo, che arricchiscono sempre di più anno dopo anno, mentre
allo stesso tempo aumentano i disperati, i senza tetto, i poveri, coloro che
perdono tutto, o che pur lavorando si vedono assottigliare il salario rendendo
difficile la loro sopravvivenza e delle loro famiglie. C’è una religione che è
complice di questo massacro che si sta perpetuando e diffondendo in tutto il
mondo; è la religione dei devoti, di coloro che restringono il campo
dell’azione di Dio nel loro cuoricino che diventa sempre più piccolo e ottuso,
per non sentire le grida dei disperati del mondo. E’ la religione dei moderati,
di coloro che con le loro devozioni attutiscono la forza dirompente del Vangelo
di Gesù, che annuncia il Dio che non fa differenza di persone e la comunità in
cui nessuno vive nel bisogno, perché chi ha di più condivide con chi ha meno.
Questo
modello sociale e religioso tipicamente Occidentale produce una massa enorme
non solo di rifiuti materiali, ma soprattutto di rifiuti umani. E’ questa
un’espressione forte utilizzata per la prima volta dal sociologo polacco Zygmunt
Bauman. E’ un’espressione forte che, però, esprime bene il significato profondo
di questo modello sociale e religioso. Quando una società si allea con la
religione per cercare un proprio benessere a scapito di altri, vuole dire che
c’è qualcosa che non va, che non funziona. Una grande massa di rifiuti umani si
trovano ormai nelle nostre città, nei nostri quartieri. Masse di persone che
provengono di paesi impoveriti a causa dalla presenza Occidentale. Questo è il
grande paradosso della società Occidentale: ci sono paesi ricchi di ogni ben di
Dio sia nel suolo che nel sottosuolo, ma che sono divenuti strapieni di poveri
a causa della violenza dell’uomo Occidentale che è entrato in casa loro per
depredare tutto a costo zero. Per stare bene noi a casa nostra, c’è molta gente
che a casa loro sta male. Le montagne di rifiuti che vediamo non solo nelle
discariche, ma ormai ai cigli delle strade, sono il simbolo della nostra
società disorientata, una società opulenta, grassa, una società che ha smarrito
il cammino. Se da un lato c’è una società che produce rifiuti in quantità
spaventosa, dall’altra c’è la società che si ciba di questi. C’è qualcosa di
spaventoso e d’irrazionale in tutto ciò, segno che manca un pensiero umano alla
guida del mondo, in coloro chiamati a guidare le sorti dell’umanità. Le chiese,
in questa prospettiva, non possono limitarsi a celebrare riti per i devoti di
turno, ma devono fare tuonare la voce profetica del Vangelo attraverso scelte
radicali che dicano esplicitamente la rottura con il sistema perverso neoliberale.
Purtroppo
non abbiamo ascoltato i profeti che, già all’inizio del secolo scorso ci
mettevano in guardia. Charles Péguy, ad esempio, ci
allertava sul pericolo di elaborare progetti politici e sociali senza tener
conto della realtà. Camminare nella storia con i piedi per terra, ascoltando la
realtà che si manifesta come molteplice e quindi non in modo uniforme,
significa elaborare percorsi sociali e politici in cui la diversità non sia
un’eccezione, ma trovi posto con tutta la sua dignità. Mettersi in ascolto
della realtà oggi significa ascoltare il grido dei diseredati, dei rifiuti
umani e creare degli spazi affinché si possano esprimere e indicare a noi nuovi
cammini di salvezza. Lo stesso Emmanuel Mounier che nel 1932, in
mezzo alla più grande crisi economica del secolo scorso, lanciava sulla rivista
Esprit da lui fondata un appello contro lo sfacelo della cultura borghese,
incapace di salvaguardare i valori della persona. Non a caso, proprio sulle
pagine di questa rivista Mounier e i suoi collaboratori, elaborarono il
progetto del personalismo comunitario, mostrando come non sia possibile
salvaguardare la dignità della persona umana senza un riferimento alla
comunità. E’ proprio la comunità il problema che diviene evidente in questo
passaggio della cultura Occidentale. Comunità, infatti, che non riesce più a
costruire legami in cui tutti possano realizzare le loro potenzialità.
Constatiamo, infatti, giorno dopo giorno, una comunità di persone diseguali,
una società in cui pochi stanno bene, a scapito di un sempre maggior numero di
persone che stanno male. Quella grande donna che è stata Simone Weil ci allertava,
in uno dei suoi diari, sulla necessità di educarci all’attenzione come modalità
per rimanere in contatto con la realtà e non perderla di vista. Se c’è un dato
che invece è chiaro è che il mondo Occidentale ha costruito tutto un
armamentario che lo rende ogni giorno sempre più distratto e, in questo modo,
diviene incapace di ascoltare il reale, sordo al grido dei disperati, chiuso
nel proprio benessere, insensibile dinanzi ai drammi umani che accadono attorno
a noi, incapace di elaborare percorsi che siano attinenti alla realtà fatta di
uomini e di donne e non di numeri.
Lo
scriveva Péguy più di un secolo fa: la rivoluzione sarà morale e spirituale o
non sarà. Non saranno progetti politici a cambiare la direzione di questa
storia malata d’individualismo. In questo percorso di rivoluzione spirituale la
comunità cristiana ha senza dubbio un compito importante a patto che sappia
mettere al centro il Vangelo di Gesù, la sua Parola e che si lasci ispirare da
Lei.
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