L’intervento di Teresa Forcades al Ciclo di Teologia della donna
organizzato a Reggio Emilia
Paolo Cugini
Giovedì primo febbraio si è svolto
presso l’hotel Astoria di Reggio Emilia il secondo dei quattro incontri del
ciclo: “Teologia delle donne”, organizzato dalle amiche del gruppo di cristiani
LGBT della stessa città. A prendere la parola, in una sala davvero gremita di
gente, segno di un bisogno grande di ascoltare parole nuove e diverse sul tema
della sessualità e della diversità, è stata la teologa spagnola suor Teresa
Frocades. La serata è stata una boccata di aria fresca, anche perché questa
suora benedettina non ci ha parlato di ascesi o di castità, ma di sessualità in
un modo nuovo, proponendo una visone antropologica nella quale tutti e tutte si
sentano accolti. Teresa Forcades è una monaca benedettina di origine catalana.
E’ medico (ha studiato negli Stati Uniti), teologa (dottorato a Barcellona e a
Berlino); si interessa di psicoanalisi e di femminismo.
Che cosa ci ha comunicato durante la serata?
La sete di verità di una donna innamorata del Signore e della sua Parola, una
donna dotata di un’intelligenza straordinaria, che comunica i risultati delle
sue ricerche con molta semplicità e umiltà. I punti del suo intervento sono
stati sostanzialmente due. Nel primo Teresa ci ha aiutato ad entrare nel
mistero della sessualità umana, sforzandosi di mettere da parte le teorie e le
teologie, per concentrarsi sulla realtà. Ebbene, nella realtà non esiste
solamente una struttura binaria della sessualità – maschio e femmina -, ma ogni
tanto si presentano persone che non rientrano in questo schema. Forcades ci ha
mostrato che, sino ad ora, sia la medicina che la teologia hanno sempre fatto
di tutto per fare in modo che ciò che si presentava come minoranza sessuale,
fosse esclusa, repressa, modificata per mantenere inalterata la teoria della
presenza binaria della sessualità. Per quale motivo? La struttura binaria della
sessualità è retaggio della cultura patriarcale, che indica la supremazia dell’uomo
sulla donna, esigendone la sottomissione. Sono dinamiche di potere che esigono
delle prese di posizione antropologiche e teologiche. Ascoltando la realtà ci
si rende conto che, quando si tratta di persone e non di cose, il criterio
della maggioranza non serve più, anzi è nocivo. “Occorre un’antropologia teologica – ha ribadito la Forcades - per la maggioranza o per tutti? Per
tutti. E’ la teoria che deve adattarsi alla all’esperienza. Basta una persona
per provocare il cambiamento della teoria. Non è la quantità l’importanza”.
Come ci ricorda papa Francesco
nell’Evangeli Gaudium, la realtà è più importante dell’idea e la precede.
Teresa Frocades ha applicato questo principio alla sessualità umana, per farci
comprendere che le teorie sessuofobe e omofobe, nascono da un non ascolto della
realtà, dall'ottusità di voler rivestire la realtà con la camicia di forza
delle proprie ideologie per giustificare una specifica visione del mondo
oppressiva, in cui il più forte domina sul più debole (struttura binaria
sociale e politica). I casi concreti narrati da Teresa durante l’incontro,
avevano l’intento di mostrare come la natura si ribella tutte le volte che non
la rispettiamo e non l’ascoltiamo, tutte le volte che la imprigioniamo nei
nostri schemi ideologici.
La prospettiva binaria della cultura
Occidentale non riesce a descrivere la realtà e, di conseguenza, occorre fare
lo sforzo di ripensare la teoria per renderla il più umana possibile. E’ in
questa direzione che si è mossa Teresa Forcades nella seconda parte della
serata, approfondendo il cuore dell’antropologia cristiana che vede l’uomo e la
donna creati ad immagine di Dio. Che cosa significa questa immagine? Se Il
tempo e lo spazio sono elementi fondanti della struttura umana, così come ci ha
insegnato Kant, elementi che non si trovano in Dio, come si fa a pensare che
siamo ad immagine di Dio se Dio non ha tempo, spazio, sesso? Se l’antropologia
binaria creata dalla cultura patriarcale ha incentivato la proposta della
complementarietà identificando la libertà con la mascolinità e l’amorevolezza
con la femminilità, con tutte le conseguenze negative di un’impostazione
infelice come questa, l’antropologia attenta alla realtà deve guardar altrove
per cercare ispirazione. Teresa Forcades ha trovato nel mistero della Trinità,
che ha studiato per anni per la realizzazione del suo dottorato in teologia, il
punto di riferimento per la sua nuova impostazione antropologica. L’amore
trinitario non ha nulla a che vedere con la complementarietà. “Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono tre
persone distinte: questo è il centro del pensiero trinitario nella storia. Sono
differenti, ma non nel senso di uno che completa l’altro”.
Amare, in questa prospettiva
trinitaria, non significa andare alla ricerca di qualcosa che ci manca e quindi
ci completa. Dio non ci ama perché ne ha bisogno, per completarsi: la gratuità
è centrale nell’amore trinitario e nel cristianesimo in generale. Per
comprendere meglio il senso dell’amore trinitario Forcades fa appello ad un
termine teologico: pericoresi, che significa fare spazio intorno. L’amore
trinitario, come amore pericoretico, produce spazio intorno alle persone. In
questa prospettiva, è comprensibile come l’amore autentico non solo esige, ma
produce libertà per la persona amata. “Percepisco
che qualcuno mi ama quando sento che nella relazione, accanto a quella persona,
lo spazio attorno a me si amplia. In questo tipo di relazione posso anche
essere me stessa in qualcosa che ancora non so di me, si schiude uno spazio
nuovo attorno a me in cui oso entrare. Questo spazio è la migliore definizione
dell’amore”.
Amare significa fare spazio all’altro
in modo tale da permettergli di essere ciò che deve essere. Tutte le volte che
la relazione si chiude nella complementarietà duale, rischia di collassare. La
dinamica della pericoresi garantisce all’amore un dinamismo creativo. In questa
prospettiva antropologica, come si capisce, non c’è più spazio per il dominio
di una parte sull’altra e la successiva richiesta di sottomissione. L’amore
esige libertà, spazio. “Dio non ha
complementarietà – ha concluso Teresa Forcades -, ma reciprocità, verità, fuoco. E allora, quando due persone si
amano con impegno, non può essere la differenza sessuale ad ostacolare questo
amore”.
Il numeroso pubblico presente alla
serata sarebbe rimasto ancora a lungo ad ascoltare le profondi riflessioni di
questa suora speciale. Il desiderio, è comunque di continuare la riflessione
affinché le idee condivise possano col tempo modificare le pratiche violente in
atteggiamenti amorevoli e di pace.
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