DIALOGHI SULLA PROSSIMITÀ
CONVEGNO DI STUDI – MILANO 22 APRILE 2015
Paolo Cugini
Si è svolto a Milano mercoledì 22
aprile presso i locali della Triennale, un convegno organizzato dalla Facoltà
Teologica dell’Italia Settentrionale sul tema della città. L’occasione di EXPO
2015 è apparsa favorevole per un approfondimento teologico e pastorale sul tema
della città. Le domande che hanno provocato il dibattito hanno ruotato attorno
alle sfide che la secolarizzazione ha portato all’interno della società plurale
post moderna. Quali spazi offre la città moderna per la cura e la condivisione
dell’esperienza religiosa? Quali trasformazioni chiede alla cultura e alla
comunicazione della fede? A partire da queste provocazioni si è aperto un
dibattito molto profondo, che ha permesso agli esperti invitati di proporre un
vero e proprio mosaico plurale di riflessioni aperte, fornendo significativi
spunti per la costruzione di spazi più umani di condivisione nelle nostre
città.
Il giornalista e scrittore Ernesto Galli della
Loggia ha affermato che la secolarizzazione non è un progetto culturale che sia
possibile dichiarare fallito. E’ indubitabile, infatti, l’aumento di libertà,
di possibilità che il cammino della modernità ha immesso nella cultura
Occidentale. Il crollo delle ideologie nella città secolare, se da un lato ha
prodotto la fuga nel consumismo, dall’altro ha riproposto una crisi di senso
che trova nel populismo una pericolosa deriva. E’ pericolosa perché oggi il
popolo non c’è più e al suo posto c’è la frammentazione di appartenenze
parziali. Il vuoto provocato dalla crisi delle ideologie forti apre la strada
anche alle mode culturali che dominano la scena, ma uccidono la cultura.
Secondo Ernesto Galli della Loggia la stessa Chiesa fa fatica a resistere al
fascino di fare il verso a queste mode. E’ difficile mantenere un discorso
religioso che sia antagonista alle mode culturali. Lo scrittore, allora,
concludeva il suo intervento con una domanda provocatoria: la perdita di senso
si è forse insinuata anche nell’accampamento dei buoni?
Provocazione che il cardinale Ettore
Scola, Arcivescovo di Milano ha colto immediatamente rilanciando con alcune
riflessioni significative sul rapporto tra cristianesimo e città. Se per
Ernesto Galli della Loggia la secolarizzazione non è stato un progetto fallito,
per Ettore Scola il fallimento è totale. I segni di questo fallimento vanno
ricercati nella frammentazione che il vuoto di senso ha provocato. “L’epoca post secolare – ha sostenuto il
cardinal Scola – ha abbandonato l’idea di
trovare un principio unificatore”. I segni di questa frammentazione
culturale sono visibili anche nel mondo religioso, in quel fenomeno sociologico
chiamato di ritorno del sacro, ritorno che Scola ha più volte definito
selvaggio, per stigmatizzare il vuoto di proposte religiose autoreferenziali.
Il problema, che allo stesso tempo è la grande sfida che la secolarizzazione ha
provocato nella città, è la possibilità di creare relazioni significative in
uno spazio divenuto ormai frammentato e dove nemmeno gli antichi luoghi di
aggregazione come le piazze, funzionano più. Si tratta, allora, secondo il Cardinale,
di riproporre la familiarità di Dio con l’uomo, quella familiarità che si è
manifestata nell’Incarnazione del Verbo. E’ possibile ritrovare il gusto del
rapporto con gli altri, gusto svanito nella città secolare, solamente se
sappiamo recuperare la relazione con Dio. Questo è il compito della Chiesa.
Durante il suo intervento il cardinal Scola ha citato un’immagine cara a Papa
Francesco, vale a dire l’immagine del poliedro come simbolo delle nuove
relazioni che possono essere costruite nella città. Caratteristica, infatti del
poliedro, è quella di creare unione mantenendo la diversità delle facce.
Il dibattito è poi continuato con
vari interventi che hanno mantenuto la caratteristica del poliedro, vale a dire
pluralità d’idee con l’intento di contribuire a recuperare la dimensione umano
e relazionale della città secolare. In questa prospettiva, la professoressa
Monica Martinelli dell’Università Cattolica di Milano mostrava la
contraddizione tra l’apparente rivincita di Babele e la resistenza del soggetto
a venire livellato. La Martinelli, per suffragare questa idea, ha citato alcune
esperienze avvenute in alcuni quartieri di Milano nei quali i cittadini hanno
resistito alla cementificazione selvaggia e alla spersonalizzazione dei
territori, organizzando momenti di socializzazione, per recuperare una
socialità di strada ormai perduta. Tentativi di recupero che mostrano come la
secolarizzazione non sia un processo da leggere totalmente in negativo, ma che
presenta cammini di umanizzazione necessari, se si vuole vivere la fede in un
modo più adulto. Sono evidenti in queste riflessioni gli echi del pensiero di
Bonhoeffer al quale la Martinelli ha fatto riferimento esplicito affermando
che: “I cristiani che stanno sulla terra
con un piede solo, staranno anche in paradiso con un piede solo”.
Molto apprezzati sono stati anche gli
interventi del professor Luigino Bruni dell’Università Lumsa di Roma e di don
Giuliano Zanchi, direttore del Museo Diocesano di Bergamo. Il professor Bruni
ha messo il dito sulla piaga sul problema centrale della città contemporanea,
vale a dire il dominio assoluto del mercato, dell’economia sulla politica e la
religione. Se un tempo i tre settori vivevano in armonia, entrando in sinergia
tra di loro, oggi non è più così, perché è l’economia che comanda tutto. “Una città funziona quando c’è equilibrio tra
i tre elementi. Una città data completamente in mano ai marcanti nega se stessa”.
E’ questa la sentenza di Bruni perché l’unico linguaggio per gestire una città
non può essere l’efficienza. Occorre, allora, ripartire dalle periferie, perché
solo dalle periferie è possibile ricreare un nuovo tessuto sociale. Alle
riflessioni del professor Bruni fanno eco le profonde indicazioni di don Zanchi,
che ha ricordato al pubblico presente, che la città nasce per dare luogo all’umano,
quell’umano che si alimenta attraverso le relazioni quotidiane. In questa
prospettiva, è possibile osservare come l’architettura e l’urbanistica degli
ultimi due secoli abbiano agito sulla città senza tener conto dello specifico della
città come luogo di relazioni. Tutto ciò è visibile proprio nelle periferie,
spesso costruite come luoghi cumulativi di abitazioni, spazi dominati dal
cemento e dal ferro, nei quali diviene evidente la separazione dell’abitazione
delle famiglie dall’organizzazione della città. “L’avvento della famiglia nucleare- ha sostenuto don Zanchi – è apparso come frutto della diffusione dell’alloggio
privato i cui legami sociali divengono una situazione di scelta, più che un
dato di fatto”. La casa, allora, è sempre di più pensata come un rifugio e
lo spazio sociale come un luogo di servizi. Oltre a ciò, nella città
contemporanea, quei luoghi e spazi nei quali gli esseri umani passano la
maggior parte del tempo, come scuole, ospedali, e altri servizi, sono nella
norma meno qualificati, costruiti in maniera seriale, spersonalizzati. E così,
la città del capitalismo avanzato impone le sue idee senza ascoltare nessuno,
riversando sui centri storici ingenti investimenti per la manutenzione di spazi
da museo per le classi aristocratiche. Occorre, allora, recuperare l’umano ed è
possibile realizzare questo percorso, sosteneva don Zanchi, riprendendo e
recuperando le immagini bibliche della città celeste, fatta di relazione
trasformate dall’amore di Dio.
Nessun commento:
Posta un commento