lunedì 16 settembre 2024

MIGUEL CALMON – BAHIA (BRASILE) Storia di un’esperienza pastorale all’interno della Bahia

 



Paolo Cugini

 

Sono arrivato a Miguel Calmon l’11 febbraio 2000 nel pomeriggio. Era un venerdì. Entrai in chiesa dove stava avvenendo un matrimonio con poche persone. Alla domenica celebrai la messa del mattino e quella della sera. Mi colpì il numero esiguo di presenze. Al lunedì cominciai a visitare i quartieri di Miguel Camon: volevo rendermi conto dov’ero arrivato. Sin da subito mi colpì la situazione di povertà e di abbandono dei quartieri. Era come se nessuno, nel tempo, avesse pensato a tutte le famiglie che incontravo. Del resto, ero da poco in Brasile e ancora ero frastornato dalla grande disuguaglianza che notavo. In pochi metri, si potevano vedere case poverissime e, dall’atra parte della strada, quartieri molto belli e curati. Miguel Calmon non sfuggiva dalla regola. A poche centinaia di metri si trovava il quartiere molto ben strutturato in cui vivevano il dottore, il commerciante e il sindaco e, dall’altra parte della strada, il quartiere Populares, molto povero e desolante. Con il mio amico Gianluca, che chiamai per venirmi ad aiutare, decidemmo di andare ad abitare proprio nel quartiere Populares. Volevamo seguire i passi di Gesù, che da ricco che era si fece povero, come ci ricorda san Paolo (2 Cor 9,10) e capire la città non dal centro, dove era situata la casa parrocchiale, ma dalla periferia, così come aveva fatto Gesù, che non era nato a Gerusalemme, ma in periferia, a Betlemme. È da questo particolare osservatorio, vivendo per cinque anni senza luce e con l’acqua razionata, come gli abitanti del quartiere, che abbiamo realizzato le nostre scelte pastorali, che sono andate in tre direzioni.







In primo luogo, l’attenzione ai poveri, che ha voluto dire una visita sistematica e costante alle oltre sessanta comunità della zona rurale e alle undici comunità dei quartieri della città. Nel secondo anno della mia permanenza a Miguel Calmon, avevo suddiviso la zona rurale in otto regioni. Ciò mi permetteva di visitare ogni comunità una volta ogni due mesi. Partivo al lunedì pomeriggio e tornavo al venerdì sera. È stata una vera e propria immersione nella vita della gente delle comunità. Ogni giorno visitavo una comunità della regione in cui trascorrevo la settimana. Mangiavo e dormivo nelle loro case, condividevo il loro vissuto. Mi chiedevo, infatti, come fosse possibile celebrare l’eucaristia, che nella prospettiva di Gesù è un pasto con amici e amiche, se non c’era un minimo di approssimazione con le persone con cui celebravo. Vivere nelle comunità mi ha permesso, nel tempo, di conoscere i problemi reali delle persone, delle comunità e sentirmi in cammino con loro. Nelle esperienze pastorali fatte in Italia ho sempre aperto le porte della casa parrocchiale per i poveri, soprattutto stranieri di origine africana. In Brasile è stato il contrario: mi sono fatto ospitare da loro. È stato un vero e proprio bagno di umanità.

La mia dimora


La seconda scelta fatta assieme a Gianluca sono stati i giovani. Non poteva essere differente. Il quartiere Populares, dove abitavamo pullulava di bambini e adolescenti. Gianluca ha sempre avuto il dono di saperci fare con i ragazzi e così è stato anche in Brasile. Nel quartiere dove abitavamo e dove abbiamo costruito una delle 14 cappelle messe in piedi nei cinque anni trascorsi a Miguel Calmon, considerando quelle costruite nei quartieri della città e quelle nella zona rurale, Gianluca ha realizzato vari progetti rivolti soprattutto agli adolescenti. In città il progetto più significativo è stato il coro. In pochi mesi Gianluca ha messo in piedi un coro di circa 150 tra bambini e ragazzi, che si trovavano due volte alla settimana non solo per provare i canti, ma anche per la formazione, aiutato da un gruppo di giovani. Dal canto mio, mi adoperavo per formare gruppi giovani sia nei quartieri che nella zona rurale. Lentamente era visibile la presenza dei giovan nella vita della parrocchia. Mi ricordo che alla domenica, la messa della sera era stipata di gente e di tantissimi giovani. Sono stati proprio alcuni di loro, che in quel periodo studiavano all’università di Jacobina, a chiederci di comprare die libri. I poveri non hanno soldi per comprarsi il necessario, figuriamoci se hanno soldi per i libri. L’idea di una biblioteca per soddisfare le esigenze culturali dei giovani provenienti da famiglie povere è nata proprio così. Ricordo le giornate di studio realizzate nei nuovi spazi della biblioteca, situata al primo piano del centro parrocchiale san Giuseppe, costruito con il contributo di amici e amiche italiane. Molto belle e intense anche le giornate di spiritualità realizzate nella casa parrocchiale di Tapiranga, che avevo riempito di letti a castello, proprio per accogliere i giovani che venivano a partecipare di queste esperienze spirituali.

La fonte


La terza scelta che ha segnato la mia presenza a Miguel Calmon è stata la formazione. Mi piace aiutare le persone che incontro sul mio cammino a comprendere meglio il Mistero in cui crediamo: Dio venuto in mezzo a noi. Arrivato a Miguel Calmon ho trovato in città uno studio biblico settimanale che ho strutturato e incentivato. Era impressionante trovare, quando tornavo al venerdì sera dalle comunità, quasi cento persone dei quartieri della città riuniti nel salone parrocchiale per meditare un capitolo della Bibbia. Oltre a questo momento settimanale fondamentale, ne avevo messo uno mensile, alla domenica, per la formazione teologica dei laici e laiche che, in modi diversi, s’impegnavano nel servizio delle comunità, sia in città che nella zona rurale. Sono sempre rimasto molto impressionato dalla grande partecipazione a questi momenti formativi. Insieme abbiamo studiato gli articoli del Credo, la storia e la teologia dei sacramenti, i principali documenti del Concilio vaticano II e tanto altro. Abbiamo camminato insieme ascoltando la Parola di Dio e il Magistero della Chiesa. Per questo, dopo cinque anni di cammino c’era così tanta armonia tra di noi. Momenti formativi di grande importanza sono stati i ritiri spirituali sia con gli adulti che con i giovani, nei tempi forti della chiesa, vale a dire avvento e quaresima. Fondamentale in questo percorso formativo è stato il corso di formazione politica del 2003 sia per i candidati che per la gente. Bellissima presenza nel processo elettorale del 2004 sono stati i giovani del Movimento fede e politica, manifestando con tanto entusiasmo il desiderio di un mondo più giusto e meno disuguale.

Chiudo questo breve racconto con un’esperienza personale. Solo Dio sa quanto mi riempivano l’anima di allegria le messe domenicali celebrate nella chiesa di Miguel Calmon. Ogni domenica sera, durante la messa, mi sembrava di raccogliere i frutti del lavoro pastorale svolto nelle comunità, incontrando tante persone e tanti giovani. Era bello guardare i tanti volti presenti e scoprire che, lentamente, domenica dopo domenica, stavano passando dall’anonimato all’identità, per il fatto che li riconoscevo uno per uno e ancora oggi li porto tutti e tutte nel cuore. 

 

sabato 14 settembre 2024

PROGETTO MARGENS. A che punto siamo?

 




 

Paolo Cugini

Da circa sei mesi dalla presentazione della proposta, pensiamo importante fare un primo bilancio. Il perché del nome. Margens in portoghese significa margini e fa riferimento la io della Amazzoni e a tutti i fiumi che attraversano il territorio amazzonico. Sui margini di questi fiumi vivono molte persone, così dette ribeirinhos, che si trovano all’interno di comunità che sorgono sulle rive dei fiumi. La parrocchia san Vincenzo di Paoli, che amministro da circa un anno, è composta da sette comunità, tre delle quali bagnate dal Rio Negro, che è un grande affluente del rio delle Amazzoni, e le altre quattro sono molte vicine. Si tratta di una popolazione di circa 35 mila abitanti. Il quartiere Compensa è famoso perché si trova in una delle zone così dette rosse di Manaus, rossa perché pericolosa, in quanto dominata dal traffico. La situazione generalizzata di povertà unita a problemi di sicurezza ci ha condotto ad elaborare, con un carissimo amico italiano, un progetto a lunga distanza, che possa intervenire a vari livelli per la promozione culturale sociale della popolazione locale.

Un primo livello d’intervento è l’appoggio dei progetti di sensibilizzazione sociopolitica già presenti nella parrocchia, ma poco incentivati. In questi mesi ne abbiamo accompagnati quattro:

a.      Faça bonito. È un evento di sensibilizzazione contro l’abuso dei minori, una vera e propria piaga da queste parti. Abbiamo sostenuto alcune spese – maglie, banner, psicologa, volantini – per rendere l’evento fattibile. L’evento ha visto il coinvolgimento di bambini, giovani e adulti delle sette comunità

 



b.      Movimento fede e cittadinanza. AL mio arrivo questo movimento, nato negli anni ’80, era disattivato da due decenni. Pesando alle elezioni Municipali, che si svolgono ogni quattro anni e che provocano molti conflitti nelle stesse comunità e spesso divisioni all’interno delle famiglie, a causa della corruzione politiche che entra nelle classi povere offrendo ogni cosa per comprare il voto dei poveri, abbiamo deciso di riattivare il Movimento. Il progetto Margens è entrato con un finanziamento significativo, pagando magliette, 5000 copie della legge 9840 contro la corruzione elettorale, pullman per gli spostamenti dei membri del Movimento. Oltre ad un corso di formazione, abbiamo realizzato cinque eventi in cui i membri del Movimento passavano di casa in casa per distribuire il testo della legge e realizzare il teatro di strada sul tema in questione.

 

Movimento Fede e Cittadinanza

c.       Settembre giallo. È un progetto brasiliano di prevenzione al suicidio. La parrocchia è molta attenta al tema, anche perché, dopo la costruzione del ponte sul Rio Negro, i suicidi sono aumentati a dismisura. C’è una grande sofferenza mentale nel territorio. Il vescovo Mons Hudson ha deciso che la nostra parrocchia ospiterà un evento diocesano l’ultimo sabato di settembre, per sensibilizzare la popolazione sul tema. Il progetto Margens entra con un finanziamento per sostenere alcuni costi del progetto.

 

d.      PASCOM: è il nome della pastorale della comunicazione che aiuta a divulgare gli eventi della sette comunità. Il progetto Margens è intervenuto acquistando una macchi fotografica, che serve anche per attivare corsi di fotografia, quando saranno pronti gli spazi.

 



e.       PJ: è la sigla della Pastorale Giovanile. Con Margens siamo intervenuti con delle borse di studio per permettere ai giovani di entrare nei corsi di teatro, musica e danza attivati dalla parrocchia, e di acquistare una parte del materiale che è servito per le danze giovanili (quadriglie) realizzate nei mesi festivi di giugno e luglio.

 


f. Progetto assistenza psicologica. La situazione precaria della zona ci ha condotto a decidere di coinvolgere due psicologhe – Vanessa e Wanilda – per attendere alle esigenze delle tante persone che chiedono aiuto. Margens è entrato nel progetto per sistemare la sala e acquistare alcuni libri e giochi per i minori che vengono accompagnati.

Vanessa e Wanilda le psicologhe del progetto

Altro tipo d’intervento è stato quello di finanziare alcuni strumenti che potessero servire alla comunità per svolgere un servizio sociale specifico.

a.      Comunità san Pietro. Situata nella zona più pericolosa della parrocchia, con il progetto Margens abbiamo contribuito per comprare una rete di filo spinato da porre sul cancello. Inoltre, abbiamo finanziato l’acquisto di un purificatore di acqua che serve quando la comunità accoglie i funzionari del comune che svolgono giornate con infermieri e medici per vaccinare la popolazione e altro tipo di servizio medico gratuito.

 

Distributore di acqua potabile

b.      Santo Ignazio. Serviva una friggitrice per vendere il cibo e raccogliere fondi e così siamo intervenuti per l’acquisto.

 

Friggitrice


c.       San Vincenzo. Abbiamo sostituito la vecchia cucina con una nuova, che serve per preparare il pranzo mensile Caritas e altri eventi.

 


Un terzo livello sul quale siamo intervenuti e continueremo ad intervenire, è la sistemazione di alcuni spazi. L’intuizione dei collaboratori del progetto Margens è stata quella di non costruire nulla di specifico, ma di sistemare strutture già esistenti per coinvolgere le comunità locali. Abbiamo chiesto alle comunità di elaborare progetti sociali a partire dal loro specifico osservatorio e, a partire di ciò che stanno presentando, abbiamo creato un calendario di interventi.

a.       Salone parrocchiale. Il primo intervento, che ha coinvolto una buona parte dei fondi di Margens, è stato un salone che, sino a quel momento era inutilizzato e, per questo, in condizioni veramente precarie. Il lavoro di ristrutturazione ha permesso di recuperare un spazio nel quale abbiamo già iniziato a realizzare incontri con i giovani e i progetti di danza, musica e teatro in programma.

Il nuovo salone parrocchiale recuperato



b.      Prossimi interventi. Le comunità di Santo Ignazio, Rosario e san Sebastiano hanno presentato una serie di progetti sociali e culturali che dovranno prevedere interventi sulle strutture.



Pubblicità dei nuovi corsi che saranno attivati nel nuovo salone

 



giovedì 12 settembre 2024

ESPLORANDO UN DIVINO POSSIBILE

 



 

 

 

L’Osservatorio Interreligioso sulle Violenze contro le Donne (OIVD) ha avviato un ciclo di appuntamenti sul tema:

PASSATO E FUTURO NEL PENSIERO E NELL’ESPERIENZA DELLE DONNE

 

 

Il primo incontro si terrà il 27 settembre, ore 19, on line, su piattaforma zoom,

https://us06web.zoom.us/j/89772910095?pwd=muvGwb2egF6xkzy5ZRvKi4aan9dZDa.1  

con Cinzia Caputo, psicologa analista junghiana e didatta del CIPA, che presenterà il suo libro “Le donne nel mito tra letteratura e psicoanalisi” Terra di ulivi edizioni, 2023.

Interverranno Gabriella Rustici e Floriana Coppola.

 

L’incontro avrà come focus centrale l’analisi della mitologia al femminile, sottolineando i vari percorsi di emancipazione e liberazione dagli stereotipi di genere, a partire dalla Grande Madre fino alle deità greche. Il mito racconta storie che riguardano tutti, superando una dimensione solitaria che può far ammalare. Crea un’appartenenza universale, psicologica e esistenziale, offre risposte agli interrogativi personali più inquietanti, ha una profonda risonanza affettiva ed emotiva, che unisce e una chiave di lettura dei comportamenti umani, attualizzando il dolore e indicando le vie della guarigione.

 

Successivamente si prevedono altri approfondimenti su questo tema

mercoledì 11 settembre 2024

IL TEMPO DELLA FINE

 






 

Paolo Cugini

 

 

La chiesa con i suoi preti, le sue messe e le sue tante celebrazioni che hanno segnato secoli di vita religiosa, non c’è più. Se ne accorgono solo i vecchi, coloro, cioè, che hanno vissuto le giornate segnate dai ritmi dei culti religiosi. Alla domenica c’era la messa, seguita da incontri specifici per ogni categoria di persone. Tanta gente frequentava non solo le celebrazioni, ma anche gli incontri. Tutto sembrava importante, anzi, fondamentale, al punto che, chi non partecipava, si sentiva ed era percepito come diverso, fuori dal coro e dalla comunità.  E poi c’erano gli oratori, le strutture parrocchiali. Come non ricordare i tanti tornei di bigliardino o anche di carte, realizzati in quegli spazi da tutti considerati sicuri, sia per i bambini che per i giovani. Era tutto nella norma, la religione cristiana con i suoi precetti e le sue leggi, era considerato come qualcosa di naturale, così come l’azione aggregativa e sociale esercitata dalla comunità religiosa. Generazioni intere di uomini e donne hanno strutturato il loro tempo, le loro scelte, le loro vite esattamente dui ritmi della religione. Era normale fare e pensare così.

A mio avviso, c’è un punto, uno spazio specifico, un osservatorio in cui è possibile cogliere la verità di questo totale annichilamento: è l’anima delle nuove generazioni, Se, infatti, nelle persone anziane c’è ancora nostalgia per il tempo che fu e che non sarà mai più, al punto da decidere di continuare a partecipare a quelle celebrazioni che, nell’attuale contesto, non dico più nulla o quasi, ben diverso è l’atteggiamento dei giovani, delle nuove generazioni. È, infatti, impressionante, la totale indifferenza nei confronti del mondo religioso considerato del passato, quello dei loro padri o dei loro nonni. Ai giovani non interessa più. È un disinteresse senza astio, senza polemica, avulso da qualsiasi presa di posizione critica e negativa. Semplicemente, la proposta religiosa cristiana non dice nulla alla loro vita e, per questo, smettono di frequeneuare. C’è molta serenità nelle scelte dei giovani occidentali nei confronti delle scelte religiose. Molta serenità accompagnata da una totale libertà, nel senso che non s’importano di quello che dicono gli adulti mossi da nostalgia e dal peso dei sensi di colpa, per quello che è stato e che non sarà mai più. Nelle nuove generazioni occidentali non si percepisce, ni confronti della religione, quel senso di colpa, che ha schiacciato e continua a martoriare la coscienza delle persone religiose. Sono altri i problemi che affrontano i giovani, di certo tra questi non ci sono quelli di tipo religioso.

Sono molti i temi che hanno condotto le nuove generazioni per sempre fuori dalla chiesa. C’è il tema centrale della sessualità, al quale la chiesa non riesce ad offrire riflessioni all’altezza della situazione. La chiesa non riesce a capire che non può pretendere di dialogare con i giovani partendo dal presupposto di avere la ragione in tasca. Alle nuove generazioni non interessano i dibattiti teologici, fondati sui dati della rivelazione e sui fondamenti dell’antropologia biblica. Ci vogliono ragionamenti sensati, che sanno cogliere l’essenza del problema e non sproloqui infiniti sul concetto di natura umana. C’è tutta una teologia che non riesce più a parlare all’uomo e alla donna di oggi, perché troppo preoccupata di salvare i concetti del passato. E così, mentre i teologi sono preoccupati a non mettere in discussione i principi del passato, per non scontentare le autorità religiose, le nuove generazioni si rivolgono altrove per capire i problemi e trovare risposte ai grandi temi della vita. Su aborto, omosessualità, relazioni prematrimoniali, la chiesa non sa fare altra cosa che ribadire concetti e ragionamenti messi a punto all’epoca di Santo Tommaso. Al di là del Tomismo teologico sembra non esserci possibilità di dialogo. Ci vuole il coraggio di elaborare una teologia che abbia come punto di partenza l’ascolto della realtà: solo così potrà produrre una riflessione che contiene il sapore del vissuto quotidiano. La teologia che parte dal basso, dall’ascolto, cerca i segni della presenza del Verbo incarnato nella storia, nel vissuto, nelle relazioni umane, nei drammi di coloro che vivono situazioni di disuguaglianza, nella disperazione dei diseredati, di coloro che non hanno nulla, perché hanno perso tutto nelle guerre, o scappando dai propri paesi. Elaborare una teologia che asciughi le lacrime dei tanti fratelli e sorelle umiliati a causa della loro identità sessuale: omosessuali, lesbiche, transessuali, oppure, come dice Martin, utilizzando senza paure il loro nome di riconoscimento LGBTQ+. Chi sta in mezzo agli adolescenti e ai giovani sa che, su questi temi, loro sono sul pezzo, come si suol dire. Mettersi in ginocchio per ascoltare in silenzio il pianto di tante donne che soffrono violenze di tutti i tipi – verbali, fisiche, psicologiche – all’interno di una cultura maschilista, patriarcale e misogina, che la stessa chiesa ha contribuito ad alimentare. Solo asciugando con amore queste lacrime si riuscirebbe a comprendere che, un’istituzione come la chiesa, darebbe un segno profondo alla società, aprendo le porte del ministero ordinato anche le donne. Solamente in ginocchio e in silenzio ascoltando il pianto delle donne umiliate anche nella chiesa, ci si rende conto che non esistono fondamenti evangelici per escluderle dall’ordine sacro, ma solo cavilli patriarcali.

Nella fine spesso s’intravede un nuovo inizio.

venerdì 6 settembre 2024

L’ARCIDIOCESI DI MANAUS CELEBRA IL 30 GRIDO DEGLI ESCLUSI E DELLE ESCLUSE

 




Paolo Cugini

 

Oggi pomeriggio nelle strade del Centro di Manaus hanno sfilato centinaia di persone legate ai movimenti sociali della Chiesa e delle parrocchie per manifestare pubblicamente e fare sentire la nostra voce contro ogni forma di disuguaglianza sociale e di discriminazione.

La proposta del Grido degli Esclusi e delle Escluse è nata in un incontro di valutazione del percorso della II Settimana Sociale Brasiliana, promossa dalla Conferenza Nazionale dei Vescovi Brasiliani (CNBB), svoltosi nel 1993 e nel 1994. È emersa come un modo per dare continuità e attuare i dibattiti e il tema della settimana “Brasile, alternative e protagonisti”, ovvero “Il Brasile che vogliamo”. Anche ispirandosi al motto della Campagna della Fraternità del 1995, che aveva come tema “Fraternità ed Esclusi” e con il motto: “Sei stato tu, Signore? "



Tra le motivazioni che hanno portato alla scelta del 7 settembre per la realizzazione del Grido (a Manaus l’abbiamo anticipata il 5 settembre, perché è la festa dell’Indipendenza della città) c'è quella di fare da contrappunto al Grido d'Indipendenza, proclamato da un principe nel 1822. In questo senso, dal 1995, il Grido degli Esclusi e delle Escluse ha come obiettivo di portare nelle strade e nelle piazze le urla nascoste e soffocate, silenziose e taciute, che emergono dai campi, dagli scantinati e dalle periferie della società. Si tratta di rivelare, alla luce del sole e davanti all’opinione pubblica, il dolore e la sofferenza che i governi e le autorità tendono a nascondere sotto il tappeto. Portare in superficie i mali e le correnti profonde che tormentano la vita quotidiana della popolazione a basso reddito.

A partire dal 1996, il Grido degli Esclusi e degli Esclusi è stato ripreso dalla CNBB, che lo ha approvato nella sua Assemblea Generale, nell'ambito del PRNM (Progetto Verso il Nuovo Millennio - doc. 56 nº 129). È sempre stato un progetto legato alla dimensione socio-trasformativa della CNBB, situato nel Settore Pastorale Sociale.



Il Grido degli Esclusi ha portato nelle strade di Manaus un grido per miglioramenti urgenti nella sanità pubblica in Amazzonia. Un grido: “perché siamo cristiani che amano e difendono la vita”, ha sottolineato il vescovo ausiliare di Manaus, Mons. Hudson Ribeiro. Non possiamo dimenticare che “il grido degli esclusi è il grido di coloro che vogliono essere ascoltati, che quando gridano spesso vengono messi a tacere” ha specificato Mons Hudson. È stato un grido in difesa della vita e della salute pubblica e per la costruzione di una società giusta ed egualitaria.

Il vescovo ausiliare di Manaus Mons Hudson (il primo a sinistra con il cappellino e la maglia bianca)


Per le strade del centro di Manaus hanno sfilato centinaia di persone con bandiere rappresentative dei movimenti sociali, striscioni, canti e discorsi. Noi della parrocchia san Vincenzo de Paoli siamo partiti verso le 14,30 con due pullman e qualche macchina: un centinaio di persone circa. La motivazione che ci siamo dati nelle ultime settimane è stata quella di portare fuori dall’eucarestia che celebriamo la domenica  il desiderio di lottare per un mondo migliore. Mi sento molto felice quando vedo in questo cammino, che unisce la liturgia con la vita, molti adolescenti e giovani, che vedono comunità cristiane che si sforzano di vivere quello che celebrano.



Motivi per gridare ce ne sono molti qui a Manaus. Prima fra tutti, è ciò che sta rendendo la vita difficile nella città, vale a dire gli incendi nella foresta che provocano giornate di intenso fumo, che sta riempendo gli ospedali di persone con difficoltà respiratorie.  E poi l’impressionate siccità che sta preoccupando tutti. Alla faccia di chi dice che il cambiamento climatico è una bufala. Qui lo tocchiamo con mano tutti i giorni, purtroppo. Durante la manifestazione hanno preso la parola alcuni attivisti dei movimenti sociali presenti a Manaus. Vale sottolineare la presenza del Movimento Faça Bonito, al quale aderisce anche la nostra parrocchia, che lotta contro gli abusi sui minori. La Caritas ha sottolineato l’impegno della Chiesa in difesa dei senza tetto, che la vede in prima linea nel dibattito con il Comune per chiedere che si costruiscano dei bagni pubblici per permettere ai senza tetto di lavarsi e di fare il resto. Mentre parlavano gli ultimi attivisti, ci siamo incamminati verso la piazza della Saudade, per salire sugli autobus e tornarcene a casa, soddisfatti per aver fatto la nostra parte.

 

mercoledì 4 settembre 2024

La siccità in Amazonia arriva prima del previsto

 




 

Paolo Cugini

L’Amazzonia sta già registrando i primi segni di siccità nei suoi fiumi. Le misurazioni mostrano che la situazione della siccità nel 2024 potrebbe essere più grave di quella vissuta l'anno scorso, quando si registrò la più grande siccità nella storia dello stato e, ad oggi, 20 comuni sono già in stato di emergenza a causa del fenomeno naturale.

Nel 2024 la discesa dei fiumi è iniziata prima del previsto, con riduzioni registrate nella prima metà di giugno. Storicamente il fenomeno inizia tra l'ultima settimana di giugno e la prima settimana di luglio. La gravità della siccità è già visibile nel comune di Tabatinga, situato nell'Alto Solimões (è la Diocesi dove stanno attuando don Burani e don Carlotti, ndr.). Il comune è stato il primo nello stato a registrare un abbassamento del livello del fiume, tra il 17 e il 18 giugno, quando le acque sono scese di 26 centimetri, raggiungendo un livello di 7,34 metri.

Un altro comune che presenta livelli bassi è Itacoatiara, bagnato dal Rio delle Amazzoni. La misurazione più recente indicava un'altitudine di 11,84 metri. La siccità ha già ridotto il livello del fiume di 49 centimetri dal suo picco del 10 giugno.

A Manaus, il Rio Negro ha iniziato la sua discesa il mese scorso e, da allora, è sceso di 35 centimetri in 18 giorni.

 

Fattori determinanti

Nel 2023, uno studio condotto dalla World Weather Attribution (WWA) ha sottolineato che il cambiamento climatico è stato il principale responsabile della storica siccità in Amazzonia. La siccità nel Nord minaccia anche il resto del Paese, poiché la mancanza d'acqua nel bacino fluviale più grande del mondo contribuisce direttamente all'aumento degli incendi nel Pantanal.

L’ambientalista e professore all'Università Statale di Amazonas (UEA), Erivaldo Cavalcanti, ha spiegato che due fenomeni naturali sono stati decisivi per il livello dei fiumi. "Il fenomeno El Niño associato a La Niña sono i fattori naturali che maggiormente influenzano la normalità idrologica della regione, con un impatto decisivo sul cambiamento climatico e sull'azione umana attraverso incendi e deforestazione", ha sottolineato l'esperto. Gli effetti dei due fenomeni sono opposti. Mentre El Niño provoca siccità al Nord e piogge intense nel Sud del Brasile, La Niña porta piogge intense al Nord e Nordest e siccità al Sud.



Preoccupazione

Con i fiumi che iniziano a scendere prima e più velocemente, cresce la preoccupazione tra i residenti che dipendono dai fiumi per il sostentamento e la sopravvivenza. La raccomandazione della Protezione Civile dello Stato è di fare scorta di acqua e cibo e, visto lo scenario, la popolazione comincia a prepararsi. Quest’anno, per prepararsi, ci sono persone che decidono di lasciare la zona rurale e trasferirsi nell’area urbana di Manaus prima che la siccità peggiori.

"Dipendiamo dal fiume, giusto? E queste sono cose che non possiamo evitare se accadono. Non possiamo fare nulla. La preparazione che possiamo fare è salvare qualcosa che ci faccia andare avanti quando il fiume si prosciuga", ha detto João, uno degli intervistati dal giornale locale.

La preoccupazione riguarda anche le aziende che dipendono dai fiumi per trasportare fattori produttivi e merci. A giugno, l’Associazione nazionale dei produttori di prodotti elettronici (Eletros) ha pubblicato una nota di preoccupazione sugli impatti che il periodo di siccità potrebbe portare in Amazonia nel 2024 e ha chiesto misure alle autorità pubbliche per evitare perdite per il settore.

Azioni preventive

Le previsioni indicano che la siccità nel 2024 potrebbe essere grave quanto quella del 2023, motivo per cui il governo statale ha dichiarato lo stato di emergenza in 20 comuni, situati nei fiumi Juruá, Purus e Solimões superiore. Inoltre, il governo ha anche dichiarato lo stato di emergenza ambientale a causa degli incendi registrati nel sud dell'Amazzonia, a Manaus e nella regione metropolitana. I decreti hanno validità 180 giorni.

Il decreto di emergenza è importante per poter fornire supporto legale ai comuni e affinché possano mobilitarsi e per poter anche stabilire questo rapporto e comunicazione con il governo federale. È importante per noi avere un ombrello di legalità per prendere le decisioni e le azioni che intraprenderemo, affinché questo aiuto possa arrivare il prima possibile”, ha spiegato il governatore Wilson Lima durante una conferenza stampa ripresa dai giornali locali.

Sempre secondo il governo, le azioni volte alla fornitura di acqua potabile, i medicinali per la salute, la produzione rurale, la logistica per mantenere il funzionamento della rete educativa statale, gli aiuti umanitari e il dragaggio dei fiumi sono i principali focus del programma di attività del piano di emergenza del governo. piano. I comuni della valle del Juruá stanno già ricevendo medicinali e materiale sanitario, come Guajará, Envira e Ipixuna, secondo il segretario alla sanità, Nayara Oliveira. In alcune località, con il riflusso dei fiumi, il trasporto fluviale è già ostacolato.



[1] Notizie raccolte dai giornali locali

lunedì 2 settembre 2024

CAMMINARE SUL FILO

 




Paolo Cugini

È diventata la mia vocazione. Non ci riesco a camminare sulla strada, al suolo. Ho bisogno di vedere le cose dall’alto, per capire che cosa c’è sotto. Ho bisogno di rischiare di cadere, ma perlomeno vedere con i miei occhi, senza che qualcuno me lo racconti. Il filo è teso da un punto ad un altro. Invita i temerari a camminarci sopra, a sfidare l’ignoto, il rischio di cadere e fracassare al suolo. C’è tanta vita nel rischio. Chi rischia sa di potersela giocare, di potercela fare. Lo sa perché se lo sente dentro. Chi cammina sul filo non riesce a capire come si faccia a vivere senza rischiare, come sia possibile non sentire il desiderio del brivido che scorre nelle vene al solo pensiero di camminare sul filo.

Poi ci sono loro, i conigli, Tutti quelli che, impauriti dalla vita, non smettono di consigliare a coloro che intendono camminare sul filo, di non farlo, di non provarci, perché è rischioso, ci si può fare male. Loro, i conigli, i seduti della storia, coloro che non hanno fatto altro che puntare a poltrone ben fatte per sederci per il resto della vita – non è drammatico? - non sanno che ci sono persone che vengono al mondo esattamente per questo: per camminare sul filo. Non sanno che per loro è inconcepibile passare la vita seduti comodamente da una parte, con tutti i confort che la seduta eterna comporta. Quelli che per alcuni è vita, per altri è una morte anticipata. Come si fa a stare sempre sottomessi, si chiedono gli spavaldi camminatori sul filo. Com’è possibile pensare di vivere obbedendo ciecamente a precetti che, per altro, non sono stati verificati, ma semplicemente e supinamente accettati? C’è, allora chi decide, un giorno, di alzarsi, e provare a cercare qualcosa di nuovo, rischiando di scandalizzare i seduti, coloro che hanno identificato la realtà con il sofà.

Cammina sul filo chi cerca di aprire strade nuove, non per il gusto di cose nuovo, ma per il semplice fatto che si è accorto che la realtà presente sta spingendo il pensiero altrove. Cammina sul filo, rischiando di persona, chi ama il prossimo al punto di aiutarlo ad uscire dai cammini asfittici della storia, che non esprimono più vita, ma solo ricordi passati. Cerca cammini nuovi chi, ad un certo punto, comprende che il sistema in cui vive non funziona più, non è più attento alla vita delle persone, ma cerca solo di auto-mantenersi. Esce dal recinto chi ama la vita al punto tale da rischiare la propria per potere offrire aria nuova agli amici e amiche. Per questo, sono così osteggiati dai capi di una comunità perché uscendo, stanno smascherando il vuoto, la morte spacciata per vita.

Ogni tanto mi chiedo: se i martiri della chiesa dei primi secoli avessero saputo che coloro per i quali sono morti, vale a dire la chiesa attuale, avrebbero costruito una realtà statica, che imprigiona le persone in un reticolo di norme e precetti, sarebbero morti lo stesso? Avrebbero rischiato comunque la loro vita? In altre parole, avrebbero rischiato di camminare sul filo? 

domenica 1 settembre 2024

COME UNA SENSAZIONE


 


Paolo Cugini

 

È proprio così: una sensazione, strana, ma profonda, che viene da molto lontano. Una sensazione che nasce dalla percezione di qualcosa che sta svanendo sotto i nostri occhi e che, nonostante l’evidenza, si continui a vivere come se niente fosse, come se non stesse succedendo nulla. Eppure, sta accadendo. Questa percezione si trasforma in fastidio quando la considero a partire da quello che sono, cioè un rappresentante di quella istituzione che percepisco come inattuale, inadeguata. Non è una sensazione simpatica sentire di fare parte di un’istituzione che, ormai, non esite più, che sta crollando. Odori di muffa, di qualcosa che è invecchiato e che è stato messo da parte, trascurato, che nessuno guarda più. Molta gente passa davanti e dentro le chiese senza importarsi di quello che hanno rappresentato, ma al massimo per visitarle, come si visita un museo.

 Non a caso, in molte chiese importanti dal punto di vista artistico, si paga per entrare. Sensazione di chiuso che si percepisce durante quelle celebrazioni liturgiche con pochissime persone, soprattutto quando avvengono durante la settimana, con persone anziane, perché i giovani cercano altro, non s’interrogano se partecipare o meno: vanno altrove. È questo che mi colpisce: la distanza. Da una parte ci sono le nuove generazioni che cercano vita dove l’annusano e, il mondo religioso, non rientra in ciò che per loro può offrire vita. Dall’altro, i responsabili della religione, che continuano a fare e proporre i loro servizi, allo stesso modo di sempre e, la maggior parte di loro, radicalizzando le forme del passato. Idiosincrasia pura. Senza dubbio, la religione è ancora visibile materialmente. Le sue chiese, cattedrali, palazzi sono ancora in mezzo a noi, così, come le sue celebrazioni pompose, la sua rete di comunità, la sua struttura ben organizzata. Nessuno mette in dubbio questo dato di fatto estetico, materiale, visibile agli occhi umani.

Quello che invece, a mio avviso, è chiaro e che non tutti stanno vedendo è che ciò che sta rimanendo in piedi è una struttura svuotata di contenuto. Anche qui si può dire che ci sono contenuti, ma che non riescono più ad attecchire con la realtà e, di conseguenza, sono svuotati di senso. Stiamo andando verso un cammino di chiesa come museo, come vestigio storico, bello esteticamente e che rivela la memoria di ciò che era e oggi non c’è più. La domanda è: quando ci sveglieremo? Quale evento riuscirà a svegliare le menti dei nostri capi religiosi? Che cosa deve ancora succedere per renderci conto che abbiamo imboccato una strada senza ritorno?