sabato 30 settembre 2023

QUALE EUCARESTIA IN QUALE COMUNITA’?





Essere cristiani nell’epoca postcristiana

Incontro con l’Unità Pastorale Divina Misericordia (RE)

Paolo Cugini

 

Non ricordate più le cose passate,
non pensate più alle cose antiche!
19Ecco, faccio una cosa nuova:
proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? (Is 43, 19)

 

Ecco, io faccio nuove tutte le cose" (Ap 21,5)

Noi ci lamentiamo di Dio perché non sta più riproducendo il passato e noi ci ostiniamo a riempire il nostro presente ecclesiale con le cianfrusaglie del passato e, in questo modo, impediamo allo Spirito Santo di realizzare le cose future che necessitano della nostra collaborazione.

 

Inizio da alcune esperienze concrete. Ieri sera nell’appartamento in cui viviamo il parroco don Candido ed io, ci siamo trovati per verificare il cammino ecclesiale con le quattro coordinatrici delle comunità (Luzimery, Angelica, Sandra e Estela). Una chiesa al volto femminile. Mi hanno chiesto che cosa ne pensavo del loro cammino. Ho evidenziato gli aspetti positivi:

1.      Liturgie preparate

2.      Coinvolgimento di molti laici

3.      Autonomia delle coordinatrici e dei coordinatori

4.      Presenza significativi di giovani e giovani coppie

La Chiesa brasiliana è molto cambiata, nel senso che ormai è venuta meno la spinta profetica che l’ha caratterizzata soprattutto negli anni ’70 e ’80. Ora è stata travolta dall’onda carismatica. In ogni modo, il DNA specifico che caratterizza questo cammino di chiesa c’è ancora ed è ben visibile.

Per capire dove siamo e dove stiamo andando è sempre importante ricordarsi da dove veniamo, perché è esattamente questo materiale che orienta il nostro pensiero e le nostre scelte sull’oggi e le nostre proiezioni sul futuro. Sono i nostri ricordi, le modalità assimilate nel passato che guidano i pensieri e le azioni del presente. Se non c’è un lavoro costante su di sé di purificazione del materiale proveniente dal passato verificato dall’analisi storico-critica.

 Lo diceva anche Thomas Khun[1] che le strutture culturali si formano lentamente nel tempo, plasmano le mentalità, si sedimentano e, di conseguenze, anche dinanzi a mutamenti epocali come quelli che stiamo vivendo, la struttura precedente non sparisce da un giorno all’altro.

Nel nostro cammino di Chiesa ci sono elementi culturali che hanno segnato e continuano a segnare negativamente la proposta. Come hanno dimostrato molto bene alcune teologhe, cito fra tutte Selene Zorzi[2], la Chiesa si è lasciata plasmare sin dagli inizi dalla cultura patriarcale forgiando una struttura maschilista, fortemente misogina e omofobica. Questa mentalità patriarcale viene plasmata nei seminari che formano le nuove generazioni di guide di comunità Interessante a questo proposito il libro di Giancarla Codrignani[3], un libro pubblicato nel 2005 che è stato riproposto nel 2020, che mostra il dramma di vite umane massacrate da modelli culturali desueti, ma che vengono riproposti.

Ci sono alcuni temi su cui la cultura Occidentale è molto attenta e agguerrita, come il tema del genere, dell’uguaglianza uomo-donna, sul tema dell’omosessualità. Non si può parlare del futuro delle nostre comunità senza prendere in mano il tema delle guide di comunità, la loro esperienza umana, anche perché la comunità dovrebbe riprodurre i tratti dell’umanità di Gesù. Su questi temi la Chiesa dovrebbe essere avanti, con proposte significativa di umanità e di uguaglianza e invece si trova impreparata, in difesa.

Sono proprio queste problematiche che troviamo presenti nelle nostre comunità. Dinamiche relazionali segnate dal maschilismo, in cui le donne non hanno nemmeno spazio per condividere le proprie riflessioni (il diritto canonico proibisce alle donne di fare l’omelia). La struttura patriarcale ha modellato nei secoli i ruoli del maschile e del femminile che riverberano anche nelle comunità e che riproducono dinamismi di disuguaglianza.

La nostra storia specifica hai poi modellato la figura del prete come uomo ontologicamente diverso per cui ci si rivolge a lui come ad un essere speciale, di natura divina, sacrale. Con questo modello di prete non si va avanti, soprattutto non si costruiscono comunità modellate sul Vangelo.

Il problema centrale, in questa prospettiva, è il seguente: perché siamo messi così? Perché non ci capiamo più niente? Perché le cose sono cambiate così rapidamente e stanno stravolgendo e travolgendo tutto?

Come dice il filosofo e teologo Ceco Tomas Halik in un suo recente libro: è nelle situazioni di crisi che si colgono i cammini della speranza cristiana. Occorre mettersi a sedere ed ascoltare queste possibilità nuove che il Signore sta ponendo dinanzi ai nostri occhi per ascoltarle. Gli sconvolgimenti in atto – il calo spaventoso dei giovani che entrano nei seminari e delle ragazze che entrano nei conventi – è un problema grave se lo guardiamo con gli occhi foderati di mentalità passata, ma in una prospettiva di fede questi sconvolgimenti esigono l’atteggiamento dell’ascolto, dell’intelligenza che lo Spirit del Signore sa suscitare nei suoi fedeli, per interpretare i segni dei tempi. Ogni interpretazione esige l’attivazione non di una memoria storica capace solo di guardare il passato, ma l’intelligenza che sa guardare avanti con il cuore pieno di speranza.

Il cammino spirituale nel quale siamo inseriti dovrebbe liberarci da quei blocchi culturali che non ci permettono di cogliere la novità che la realtà sta manifestando. Paradosso: il mondo la vede, noi no.

Poi, dal punto di vista ecclesiologico, liturgico e pastorale ci sono i sotto problemi:

1.      Come mai facciamo fatica ad assimilare e fare mia la proposta ecclesiale di papa Francesco della Chiesa in uscita, della chiesa inclusiva e misericordiosa, dell’attenzione al tema ecologico e al tema del genere? Perché riteniamo che questi temi, per così dire sociali, non hanno nulla a che vedere con il Vangelo?

 

2.      Perché nonostante il nuovo contesto ecclesiale sia cambiato in modo rapido e radicale, non riusciamo a pensarci in un altro modello di Chiesa che non sia quello che ho nella mente, il modello della Chiesa gerarchica in cui il laico obbedisce fedelmente alle indicazioni della gerarchia?

3.        Come mai il laicato non riesce ad assumere delle responsabilità chiare nella comunità?

Per rispondere a queste domande e così cercare di situarci sono importanti due movimenti:

a.       Ascoltare la realtà. Credere in Gesù Cristo, significa credere nell’incarnazione del Verbo, nella presenza del Mistero nella storia quotidiana degli uomini e delle donne. Se questo è vero, allora è nel vissuto quotidiano, attraverso eventi, incontri reali che Gesù viene al nostro incontro e smonta le nostre teologie. Penso alla conversione di Simone Weil e di Edith Stein, che è avvenuta ponendo attenzione a situazioni concrete. La realtà non solo precede l’idea, come ci ricorda spesso papa Francesco, ma è più forte dell’idea, perché la verità che manifesta è evidente. Si possono fare vari esempi.

·         La presenza delle donne nelle CEBs.

·         L’incontro con il mondo LGBT.

 

b.       seguire il grido del Concilio Vaticano II: ritornare alle fonti. si tratta di riprendere in mano le fonti bibliche. È proprio questo percorso all’indietro alla ricerca dei fondamenti della fede e della comunità cristiana, che hanno guidato le pagine del libro: Eucarestia domani.

Mi sono posto alcune domande:

a.       Che cosa sto celebrando?

b.      Per chi sto celebrando?

c.       Qual è il senso del rito che celebro?

Ho rivolto queste domande alle pagine del Vangelo.

Prima domanda: che cos’ha voluto dire Gesù quando nell’ultima cena ha detto ai sui discepoli e discepole: fate questo in memoria di me? Che cosa significa: fate questo?

Seconda domanda: che cosa ha voluto dire e a chi si è rivolto Gesù quando ha detto: prendete e mangiatene tutti e prendete e bevetene tutti? Chi sono questi tutti?

Terza domanda: perché Gesù nel vangelo di Matteo ripete per ben tre volte la frase: misericordia io voglio e non sacrifici? I sacrifici, i riti che non conducono ad una vita di misericordia non hanno senso. La liturgia deve riprodurre i tratti dell’umanità di Gesù (Goffredo Boselli), perché d’ora innanzi la divinità passa attraverso l’umanità. È questo che va curato nella celebrazione domenicale, i tratti umani nelle nostre celebrazioni, la cura nelle relazioni.

Quarta domanda: che comunità nasce dall’eucaristia voluta da Gesù? Lo si comprende leggendo Atti 2,42s.

 

Problema: Come celebrare l’eucarestia tenendo conto il recupero dei dati neotestamentari?

Attenzione al linguaggio

Celebrare in una Chiesa che è popolo di Dio? Che cosa significa e che cosa comporta dal punto di vista liturgico, ecclesiale?

“(Il presente) è il primo punto non ancora impegnato, non ancora fermato, il punto ancora in corso di acquisizione, in corso di inscrizione, la linea mentre la si scrive e la si inscrive. E’ il punto che non ha ancora le spalle afferrate nelle mummificazioni del passato”.

Vivere nel presente per riuscire ad ascoltare e percepire la presenza del Verbo che c’invita a guardare avanti, ad interpretare positivamente gli eventi e capire che cosa ci stà chiedendo: Ecco io faccio nuove tutte le cose!.

 



[1] La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Torino: Einaudi, 2009.

[2] Al di là del «genio femminile». Donne e genere nella storia della teologia cristiana- Carocci, 2014.

[3] L’amore ordinato, Torino: Effatà, 2020. 


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