Parlare di Chiesa è sempre un argomento
delicato, perché si entra in un ambito in cui convergono stili e pareri
differenti, spesso contrastanti. Lo diventa ancora di più in un’epoca storica,
come la nostra, in continuo e veloce cambiamento, che richiede una capacità di
adattamento non facile da assimilare. Cambiano le situazioni storiche e cambia
anche la Chiesa, il modo di pensarsi nel tempo. L’annuncio del Vangelo, compito
specifico affidato da Gesù alla Chiesa, esige una costante riflessione, per
comprendere e mettere in atto le modalità che sembrano più idonee per la
realizzazione di questo servizio. Annunciare il Vangelo esige una comunità che
si sforza di vivere ciò che desidera annunciare. È il tema della comunità
cristiana, che ha visto nella parrocchia un modello ecclesiale significativo e
privilegiato per molto tempo, uno degli snodi del problema.
In occidente, parlare di parrocchia ha
significato parlare di parroci, della loro preparazione e formazione. Ogni
parrocchia ha sempre avuto il proprio parroco di riferimento al punto che, nell’ecclesiologia
tridentina, la parrocchia era la sposa del parroco che, una volta entrato in
parrocchia, rimaneva per sempre. Fedeltà al ministero, in questo contesto,
significava fedeltà alla comunità parrocchiale, presenza costante in essa. Proprio
per questo, il Concilio di Trento prevedeva che le parrocchie non dovevano
essere né troppo estese né troppo numerose per permettere al parroco il
contatto personale e costante con i parrocchiani. Questo modello è durato
secoli e ha avuto un valore altamente positivo. Il parroco era colui che
accompagnava nella vita di fede le persone durante tuta la vita, dal battesimo
sino alla morte. Il parroco, in questo modo, diveniva punto di riferimento
costante nei problemi della vita quotidiana, perché era lui ad essere presente
nella comunità, a condurla in un contesto in cui la dimensione religiosa
s’identificava con quella ecclesiale. C’è stato un periodo lunghissimo della
vita in occidente in cui era famoso l’adagio che diceva che, in un paese
c’erano tre persone fondamentali: il dottore, il prete e il farmacista. Ogni
comunità, anche la più piccola, aveva dunque il suo parroco, che curava la
dimensione religiosa delle persone, all’interno di relazioni umane, che si
consolidavano nel tempo, grazia alla permanenza del prete nella comunità.
Poi, in poco tempo, tutto questo mondo è
crollato. Forse, il problema maggiore, è che il crollo è stato così veloce, che
molte persone e anche molti prelati, non se ne sono accorti o, forse, non lo
vogliono ammettere e accettare. Dinanzi ad un cambiamento così rapido del
contesto culturale occidentale, che ha travolto anche il modello ecclesiale
vigente, di struttura piramidale, che identificava l’autorità ecclesiale con la
comunità, si fa fatica ancora oggi a produrre i passi necessari per un
cambiamento di mentalità, soprattutto, per mettere in atto un nuovo modello
ecclesiale. Accompagnare un cambiamento in atto di una realtà così complessa
com’è la Chiesa, non è cosa facile, anzi. La tentazione di chiudersi in se
stessi, di non accettare la realtà e riproporre il passato e i suoi fasti come
se niente stesse accadendo, è sempre dietro alla porta. Il popolo di Dio,
assieme ai suoi pastori, è invece chiamato ad un lento cammino di discernimento
comunitario, per tentare d’interpretare alla luce della parola di Dio i segni
dei tempi, ed elaborare proposte che esigono in ogni modo, una continua
verifica. Un aspetto importante di questo delicatissimo momento storico, è che
la comunità cristiana non è sola, ma ha diversi strumenti che possono
orientarla nel cammino di discernimento comunitario.
In primo luogo, ci sono i documenti del
Concilio Vaticano II, che offrono ancora oggi notevoli spunti di riflessione
per il cammino della Chiesa. In secondo luogo, la comunità locale ha a
disposizione il Magistero di Papa Francesco, attento sia alle grandi intuizioni
del Vaticano II, che alla realtà in cui viviamo e, per questo, capace
d’interpretare il cambiamento in atto e offrire linee guida per la riflessione
comunitaria. Infine, il Magistero vivo del Cardinale Matteo Zuppi, attento a
traghettare la comunità locale nelle difficoltà che incontra ad incarnare il
Vangelo in questa epoca di cambiamento. Strumenti, dunque, che dicono di
un’attenzione provvidenziale del Signore che cammino con noi e in mezzo a noi,
dove le onde e il mare in burrasca non devono spaventarci e disorientarci nel
compito che abbiamo di essere testimoni del Risorto.
Le
pagine che proponiamo, sono frutto di un percorso di formazione permanete degli
adulti delle parrocchie di Palata Pepoli, Dodici Morelli, Galeazza e Bevilacqua
dell’Archidiocesi di Bologna, che per alcuni mesi si sono confrontati sul tema:
quale Chiesa? I primi due capitoli sono stati curati da don Paolo Cugini,
amministratore parrocchiale delle suddette parrocchie. L’ultimo capitolo, oltre
a riportare la relazione del Cardinale Matteo Maria Zuppi realizzata durante il
percorso formativo, riporta anche alcuni suoi interventi sul tema specifico.
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