venerdì 14 maggio 2021

IL MESSAGGIO DI MISERICORDIA DI GESU'

 


 

Paolo Cugini

 

Presentare il tema del peccato e della penitenza volendo considerare le fonti, vale a dire quello che ha detto Gesù sull’argomento, non è facile. Tra le parole di Gesù e i giorni nostri ci sono in mezzo secoli di riletture, interpretazioni, di prassi che si sono allontanate e non poco dal messaggio originario.

Il nostro rapporto con il sacramento della penitenza dice da che percorso spirituale veniamo.

·        Da una parte, c’è l’attenzione a Gesù, al suo stile di vita e il desiderio di seguirlo per farsi immergere nel suo amore, che conduce a creare relazioni nuove, disinteressate e gratuite.

·        Dall’altra, l’ossessione del peccato, del diavolo, dell’inferno, i sensi di colpa, le ossessioni, le manie, tutto un materiale che conduce a chiudersi in sé, a pesare il cammino di fede come uno sforzo personale, che richiede sacrifici, per guadagnarsi il paradiso.  È la logica meritocratica, che di evangelico non ha assolutamente nulla, perché la fede e la vita sono doni di Dio.

Non è facile cogliere il messaggio di Gesù sul tema del peccato, perché all’interno dello stesso nuovo testamento ci sono state delle riletture che hanno complicato la cosa.

1.     Gesù sacerdote. È l’interpretazione della lettera agli ebrei, che diventa problematica in quanto riporta dentro lo stile di Gesù quel sacerdozio che lui stesso ha combattuto. Non solo, ma leggere la vita di Gesù sotto la lente del sacerdozio significa portare argomenti ad un altro tipo di lettura che si trova nel N.T. Leggendo i vangeli si comprende bene che Gesù ha criticato aspramente il sacerdozio e la logica sacrificale da loro attuata, per abbracciare lo stile profetico, di denuncia del falso culto.

2.     La croce come sacrificio. È la rilettura sacrificale della croce di Cristo che conducono a interpretare la morte di Cristo sulla croce nello schema dei sacrifici del tempio. In questa prospettiva, per placare l’ira di Dio a causa dei peccati degli uomini che lo offendono (come si fa a pensare ad un Dio che si offende?) il Padre avrebbe (sacrificato) immolato il suo unico Figlio. È una visione IMBARAZZANTE.

3.     La teologia del peccato originale. Tentando di rispondere al problema del male e cercando di togliere la responsabilità a Dio, viene elaborata una dottrina che carica tutta la colpa sull’uomo. L’uomo nasce nel peccato, cioè già peccatore a causa del primo peccato (originale) commesso da Adamo ed Eva, peccato che viene trasmesso al momento della nascita (come, in che modo?). Questa teologia sposta tutta l’attenzione sul peccato dell’uomo, condannandolo ad una continua lotta interiore di auto-perfezionamento, fatta di sacrifici, di sforzi personali, di scrupoli per un’anima non pura in modo perfetto, che richiede una continua ricerca del sacramento della penitenza.

Il primo passo importante mi sembra quello di riportare il messaggio di Gesù. Che cos’ha detto, che cos’ha fatto? Soprattutto, qual è il senso della sua presenza nella terra?

Punto di partenza possono essere il programma espresso nel Vangelo di Luca e nel Vangelo di Matteo.

Lc 4, 16-20.

 “Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:

Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l'unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l'anno di grazia del Signore.


Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4,16-20).

Dal testo di Isaia 61 Gesù non legge un passo: “giorno di vendetta del nostro Dio”, per sottolineare che il senso della sua presenza è quello di manifestare il volto del Padre, che è solo amore, che è misericordia.

Forse, però, occorre fare un passo indietro e andare a quell’unico episodio dell’infanzia in cui Gesù parla. È a Gerusalemme con i suoi genitori e poi, all’improvviso, Maria e Giuseppe non lo trovano più. Lo trovano a parlare con i dottori della legge. Gesù bambino nel tempio ad interrogare i dottori della legge. Forse si chiedeva che cosa ce ne facciamo di un Dio così, che punisce severamente chi trasgredisce la legge (e poi chi davvero aveva fatto quelle leggi?); si chiedeva anche del senso di tutta quella violenza esacerbata nei sacrifici di animali per espiare i peccati. Che cosa c’entra Dio con tutto questo? E poi, che cosa c’entra D con il principio dello sterminio, vale a dire l’ordine si sterminare tutti, uomini, donne, bambini, animali per prendere la terra destinata al popolo d’Israele (Gs 1s).  Probabilmente si ricordava di quei passi dei profeti in cui lo stesso JHWH ripeteva che non voleva sacrifici, ma misericordia. E poi ancora. Che Dio è quello che crea una società di persone disuguali, in cui da una parte ci sono i sacerdoti che possono accedere al divino, e dall’altra il popolo; da una parte gli uomini a cui tutto è concesso e dall’altra le donne, considerate meno degli animali. Probabilmente Gesù, già nell’adolescenza aveva capito che in tutto questo c’era qualcosa che non funzionava, nel senso che non poteva venire da dio, o meglio che veniva attribuito a Dio ciò che erano dei meri interessi umani.

Gesù una volta adulto viene a dire che non tutto quello che troviamo nella Bibbia è parola di Dio, perché, in realtà ci sono molte parole di uomini, molte parole e leggi che Dio non ha mai dette e che gli hanno messo in bocca (Mc 7, 1-13). Gesù denuncia i farisei perché durante molti secoli hanno fatto passare come parola di Dio, volontà di Dio delle tradizioni umane, fatte da chi deteneva il potere, vale a dire la classe sacerdotale. Se questo è vero, bisogna imparare a discernere ciò che davvero viene da Dio e ciò che invece non è altro che volontà umana, volontà degli uomini al potere che lo vogliono mantenere e lasciare sottomessi gli altri.

Che tipo di azione ha compiuto Gesù nella storia del suo tempo e continua ad esercitare anche nel nostro? Gesù è venuto a liberare gli uomini e le donne dal pesante giogo delle leggi religiose imposte dagli uomini del tempio. Famose sono, a questo proposito, le polemiche di Gesù con i farisei che non accettano che lui faccia miracoli e curi le persone nel giorno di sabato. In queste polemiche Gesù mostra molto bene il pericolo mortale delle tradizioni umani che ingabbiano la parola di Dio e le impediscono di agire nella storia, sostituendosi ad essa. E così in vece di amore, passa l’odio, invece della tolleranza, l’intolleranza, invece della dolcezza, passa la durezza implacabile. Gesù è venuto a portare amore in un mondo imbruttito dalla religione degli uomini.

Per questo, prima di dire che Gesù è morto per i nostri peccati, che esprime il pensiero della teologia del tempio, che interpreta l’azione e il pensiero di Gesù alla luce di quelle categorie sacrificali dell’antico testamento che Gesù aveva aspramente criticato, ha più senso dire che Gesù è morto per amore. “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13,1s). Gesù muore come conseguenza dell’amore per i suoi discepoli e per le sue discepole, perché in una società che considerava la donna al pari degli animali, non c’era spazio per chi voleva l’uguaglianza. In un mondo religioso dominato dalla classe sacerdotale che si riteneva privilegiato nell’accesso al sacro, non c’era spazio per colui che aveva portato Dio in mezzo agli uomini e alle donne, in una società che separava rigidamente il puro dall’impuro, non c’era spazio per colui che considerava tutto puro.

La croce è la conseguenza del tentativo di Gesù di amare l’umanità per risollevarla alla piena dignità.  Croce come conseguenza naturale dell’amore di Gesù per gli uomini e le donne.  La teologia della croce non c’è nel Vangelo, ma è un’interpretazione successiva.  Gesù non ci ha salvati con la sua croce, ma con il suo amore. Quindi la croce non ha nulla di redentivo. Gesù non è morto per i nostri peccati, ma è morto perché ci ha amato sino alla fine, come dice Gv 13,1s.

 

Come ha vissuto la prima comunità il messaggio di Gesù sul tema del peccato? Ci sono tre elementi da tenere in considerazione:

1.     La forte tensione escatologica dei primi decenni. C’era un’attesa significativa del ritorno di Gesù al punto che, lo stesso san paolo, era convinto che il ritorno di Gesù era così imminente da essere convinto che sarebbe stato ancora in vita cfr. 1 Ts 4.

 

2.     Il battesimo avveniva solamente in età adulta e, di conseguenza, l’attenzione del cammino dei neofiti era rivolta sul cambiamento di vita, sul divenire creature nuove e non tanto sul peccato o sui peccati singoli. Ciò spiega la prassi dei primi secoli di una confessione sola nella vita.

 

 

3.     La teologia del peccato originale è una produzione del V secolo d.C.

 

Il modello del nostro rapporto con il Signore e con la nostra umanità emerge nel testo di Lc 5:

Mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono
” (Lc 5,1-11).

 

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