Paolo
Cugini
Siamo
un gruppo di nove missionari in visita ai posti cruciali del cammino della
Chiesa salvadoregna. Con noi c’è Maiella, da 32 anni missionaria laica in San
Salvador, che ci guida alla scoperta di una Chiesa bagnata dal sangue dei
martiri. E’ il cammino di una Chiesa che ha resistito all’arroganza del potere
che schiaccia i piccoli. Potere che ha avuto come alleato la gerarchia
ecclesiale, vale a dire i vescovi locali, che non hanno mai visto di buon
occhio l’operato di una chiesa vicina ai contadini, una chiesa vicino al
popolo, quella chiesa nella quale Romero e alcuni preti viveva ogni giorno.
Il
contesto sociale è fortemente marcato dalla divisione di classe creato dai
grandi possessori di terre: 14 famiglie si dividono tutta la terra
salvadoregna. Ovunque ci sia il latifondo ci sono problemi sociali, perché il
latifondo genera situazioni di povertà e di conflitti sociali. Lo sappiamo moto
bene: chi più possiede più vuole e fa di tutto per avere sempre di più. In
questa lotta di sopruso e di potere, chi non ha avrà sempre meno e sarà
costantemente e pesantemente oppresso e alienato in tutte le sue
rivendicazioni. Erano gli anni in cui il mondo era diviso chiaramente in due
parti: USA e URSS, vale a dire da una parte il modello economico capitalista e,
dall’altra, il modello marxista/comunista. La Chiesa sin dagli anni ’20 del
secolo scorso, attraverso una serie di documenti ed encicliche aveva dipinto il
comunismo come ateo e, di conseguenza, niente di buono poteva venire dalle sue
file. Per questo motivo, tutti coloro che assumevano un linguaggio od una
riflessione che riprendeva le riflessioni economiche di Marx, veniva tacciato
di comunista e, di conseguenza, era considerato nemico. Per molti decenni il
mondo ha vissuto dentro questa contraddizione senza nessuna possibilità di
liberarsi dalla durezza irrazionale di una simile contrapposizione. Soprattutto
però, l’Occidente ha compiuto un errore storico identificando il comunismo
Sovietico con il comunismo di qualsiasi altro lato della terra, facendo di ogni
erba un fascio. Questo giudizio a-storico è stata una delle cause principali
degli orrori contro il popolo salvadoregno e potremmo dire sudamericano. Dove
c’era puzza di comunismo, voleva dire nemico e quindi, in molti casi, la
giustificazione di uccidere. L’aspetto più allucinante in questa storia
veramente squallida, è il coinvolgimento di vescovi in appoggio al potere
locale che dava ordine ai propri militari di uccidere i contadini poveri accusati
di complotto comunista.
Il gruppo di Missionari ascolta la testimonianza di Mariella |
La
visita alla tomba di Mons Oscar Romero, vescovo di El Salvador per soli tre
anni, vale a dire dal 1977 al 1980, posta nella cripta della cattedrale,
significa toccare con mano il maggior testimone di un vero e proprio massacro
di cristiani la cui unica colpa è stata quella di vivere il Vangelo. Sono state
le omelie di Romero a disturbare il potere locale. Sono state le parole
evangeliche incarnate nella situazione locale che metteva il dito nella piaga
di un potere accecato dalla propria arroganza, che maltrattava i poveri
contadini, che hanno fatto scattare la scintilla dell’odio. Romero, nelle sue
omelie, parlava di giustizia, di uguaglianza; annunciava l’insegnamento di Gesù
che tutti siamo fratelli e sorelle e che nessuno davanti a Dio può sentirsi
migliore di un altro al punto da arrogarsi il diritto di trattare male il
fratello o la sorella. Romero e anche alcuni suoi fedeli sacerdoti, mettevano
il dito nella piaga di contadini poveri che non ricevevano il salario dai loro
padroni. Parole chiare e dure come il ferro per le orecchie dei signori del
luogo che, nonostante tutto, si presentavano regolarmente alla messa domenicale
da buoni cattolici. Negli incontri fatti in questi giorni con alcuni testimoni
di questi fatti, è spesso emersa una riflessione, vale a dire la distinzione
tra fede e religione. Mentre la religione dice di un modo di stare dinanzi a
Dio rassicurante, perché porta l’individuo a compiere tutta una serie di riti e
precetti per sentirsi a posto dinanzi al divino, la fede indica una relazione
d’amore con Dio che spinge la persona ad un cammino di conversione, di
cambiamento di vita, di togliere il male dalle proprie azioni per fare spazio
all’amore di Dio.
In silenzio alla tomba di Romero |
La presenza dei potenti del territorio alle messe domenicali
e la violenza esacerbata contro i poveri contadini, viene letta dai
protagonisti del periodo come religione. C’è una religione, un dio che permette
ed esige il sangue dei piccoli, le ingiustizie. Venire alla tomba di Romero
significa mettersi in ginocchio dinanzi ad un pastore che, ad un certo punto
del suo cammino, è stato convertito dal Vangelo di Gesù presente nella vita dei
poveri contadini, dalle loro sofferenze ed umiliazioni e ha deciso di prendere
una posizione chiara, mettendosi dalla loro parte. Dall’altare il Vescovo
Romero parlava come Gesù, denunciando i soprusi dei potenti, schierandosi dalla
parte dei piccoli. Per questo è stato ucciso e con lui migliaia di catechisti,
preti, religiosi e religiose con l’accusa di comunismo. La gerarchia locale
della chiesa che, durante i fatti di sangue era tutta schierata dalla parte del
potere che uccideva i cristiani, ora a distanza di quasi quarant’anni dichiara
Mons Oscar Romero Santo. C’è molto su cui riflettere su questa squallidissima
storia.
Mons
Oscar Romero difendendo i poveri contadini, ha difeso i loro diritti, ha
lottato affinché regnasse la giustizia di Dio. Interessante è che la sua nomina
a Vescovo di El Salvador era stata salutata positivamente dall’oligarchia
locale. Romero, infatti, sino a quel momento, oltre ad essere riconosciuto come
un conservatore, era considerato un uomo buono, tranquillo, che senza dubbio
non avrebbe messo i bastoni tra le ruote ai prepotenti del tempo. E invece no:
il Signore Gesù presente nei poveri contadini salvadoregni, gli ha toccato il
cuore, lo ha portato a scelte nuove, ad un comportamento nuovo. La riflessione
sulla storia di Romero e della chiesa della sua epoca ha condotto il teologo
Jon Sobrino a dire che senza i poveri non c’è Chiesa.
Concludo
citando un brano di un’omelia di Romero:
"La violenza non la
sta seminando la Chiesa, la violenza la sta seminando le situazioni ingiuste,
la situazione di istituzioni e leggi ingiuste che favoriscono solo un settore e
non tengono conto del bene comune della maggioranza. E qui la Chiesa non potrà
tacere perché è un diritto evangelico che la assiste e un dovere nei confronti
del Padre di tutti gli uomini, che la obbliga a esigere la fraternità dagli
uomini ". (Omelia 1-4-1998
La cattedrale di San Salvador |
A Igreja do século XXI...
RispondiEliminaSpero che la Chiesa si converta e anche noi ci convertiamo. Negli ultimi tempi ho visto molte cose ripugnanti fatte da "cristiani" e/o da sacerdoti. È emersa la parte peggiore della nostra umanità ma Dio continua a mandare uomini di grande fede per aiutarci nella conversione. Grazie per tutto l'amore che Lui e loro ci donano nonostante la durezza del nostro cuore.
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