martedì 1 luglio 2025

CRISI DELLE VOCAZIONI SACERDOTALI E CRISI DELLA PARROCCHIA

 



 

Paolo Cugini

 

È il gioco del gatto che si morde la coda o il grande quesito de è nato prima l’uovo o la gallina. Che il tema della crisi delle vocazioni sacerdotali sia strettamente legato a quello della crisi della parrocchia è visibile. A un giovane che intende entrare in seminario viene chiesto di rinunciare ad innamorarsi di una donna, di mettere su famiglia, avere figli, cioè le cose più normali della vita e per cui siamo strutturati, per fare cosa? È la risposta a questa domanda che può offrire delle indicazioni importanti sull’attuale problema del cammino ecclesiale, soprattutto in Occidete.

C’è un dato di fatto che è, allo stesso tempo, imbarazzante e inquietante che riguarda il modello ecclesiale della parrocchia, che è questo: su ciò che è specifico della fede cristiana, la parrocchia non riesce più ad incidere, se non in modo molto parziale. Gli over ’60 ancora presenti nella parrocchia lo sono, quasi esclusivamente, per le messe e i riti specificamente religiosi. Hanno imparato che la salvezza dipende dalla partecipazione alla messa domenicale. Questo lo fanno con zelo ed è proprio questo che esigono dai preti. Se un prete provasse a spiegare loro che, in realtà, quando Gesù disse nel contesto dell’ultima cena: “fate questo in memoria di me”, non voleva dire esclusivamente di celebrare un rito, ma di imitare il suo stile di vita, verrebbe preso a legnate. Abituati per una vita a partecipare a dei riti, non si può esigere un cambiamento di prospettiva: andrebbero in crisi.

Sotto gli over ’60 in occidente assistiamo ad un vuoto inquietante. I genitori che si presentano nelle parrocchie non lo fanno per un cammino personale di fede, ma quasi esclusivamente per qualcosa che pretendono per il loro figli: i sacramenti e il servizio di assistenza nei fine settimana e nei periodi estivi. I sacramenti per i figli sono richiesti non per motivi religiosi, ma sociali. C’è, dietro la richiesta, un senso di giustizia e di uguaglianza. In Italia, in quasi tutte le zone, i bambini vengono battezzati e poi ricevano i saramenti; non farlo sarebbe porre il proprio figlio in una situazione di minoranze, che potrebbe divenire problematica. Quei pochi giovani preti rimasti, vengono soprattutto coinvolti nell’organizzare momenti di intrattenimento. È bravo quel prete che sa organizzare tanti momenti di divertimento per i bambini della parrocchia. È bravo quel prete che, durante l’estate, trascorre tre mesi a scorrazzare da tutte le parti per portare bambini, ragazzi e giovani a fare tante esperienze, soprattutto ludiche. In mezzo ci si mette anche qualche preghiera, ma senza esagerare troppo. È un bravissimo prete quello che passa le giornate in oratorio a giocare con i bambini, a organizzare i doposcuola, i compleanni dei bambini e dei loro amichetti. Il prete che osasse organizzare momenti di spiritualità, come ritiri spirituali, lectio divine e non si adegua al sistema, è considerato un pessimo prete. Gli stessi ragazzi che s’incontrano nelle parrocchie, per la maggior parte rifiutano in modo categorico una proposta specificamente religiosa, spirituale. Se ad un prete venisse in mente, in un giorno della settimana durante il periodo scolastico, di organizzare alcuni incontri in cui si parli del Vangelo, di Gesù e della sua proposta, verrebbe insultato o ridicolizzato.  

A questo punto mi chiedo: ci fate rinunciare all’amore di una donna, alla possibilità di avere figli, in altre parole, alla possibilità di una vita normale, sana, per questo? Per intrattenere i vostri figli? Non potreste cercarvi delle strutture associative adatte a queste finalità educative? È vero he le parrocchie fanno di tutto per abbassare i costi e ad andare incontro alle famiglie, anche le più bisognose, ma vi chiedo: c’è bisogno di preti per questo? Non è evidente che i seminari in Occidente si stanno drasticamente svuotando esattamente per questo, e cioè, perchè non c’è più una richiesta di tipo religioso, spirituale? Vi state rendendo conto che alla domenica le chiese sono vuote?

Forse occorrerebbe cambiare strada. E' proprio questo cambiamento che tento di proporre nel mio nuovo libro: Il nome di Dio non è più Dio.