Paolo Cugini
È
il gioco del gatto che si morde la coda o il grande quesito de è nato prima l’uovo
o la gallina. Che il tema della crisi delle vocazioni sacerdotali sia strettamente
legato a quello della crisi della parrocchia è visibile. A un giovane che
intende entrare in seminario viene chiesto di rinunciare ad innamorarsi di una
donna, di mettere su famiglia, avere figli, cioè le cose più normali della vita
e per cui siamo strutturati, per fare cosa? È la risposta a questa domanda che
può offrire delle indicazioni importanti sull’attuale problema del cammino
ecclesiale, soprattutto in Occidete.
C’è
un dato di fatto che è, allo stesso tempo, imbarazzante e inquietante che
riguarda il modello ecclesiale della parrocchia, che è questo: su ciò che è
specifico della fede cristiana, la parrocchia non riesce più ad incidere, se
non in modo molto parziale. Gli over ’60 ancora presenti nella parrocchia lo
sono, quasi esclusivamente, per le messe e i riti specificamente religiosi.
Hanno imparato che la salvezza dipende dalla partecipazione alla messa
domenicale. Questo lo fanno con zelo ed è proprio questo che esigono dai preti.
Se un prete provasse a spiegare loro che, in realtà, quando Gesù disse nel
contesto dell’ultima cena: “fate questo in memoria di me”, non voleva
dire esclusivamente di celebrare un rito, ma di imitare il suo stile di vita,
verrebbe preso a legnate. Abituati per una vita a partecipare a dei riti, non
si può esigere un cambiamento di prospettiva: andrebbero in crisi.
Sotto
gli over ’60 in occidente assistiamo ad un vuoto inquietante. I genitori che si
presentano nelle parrocchie non lo fanno per un cammino personale di fede, ma quasi
esclusivamente per qualcosa che pretendono per il loro figli: i sacramenti e il
servizio di assistenza nei fine settimana e nei periodi estivi. I sacramenti
per i figli sono richiesti non per motivi religiosi, ma sociali. C’è, dietro la
richiesta, un senso di giustizia e di uguaglianza. In Italia, in quasi tutte le
zone, i bambini vengono battezzati e poi ricevano i saramenti; non farlo
sarebbe porre il proprio figlio in una situazione di minoranze, che potrebbe
divenire problematica. Quei pochi giovani preti rimasti, vengono soprattutto
coinvolti nell’organizzare momenti di intrattenimento. È bravo quel prete che
sa organizzare tanti momenti di divertimento per i bambini della parrocchia. È bravo
quel prete che, durante l’estate, trascorre tre mesi a scorrazzare da tutte le
parti per portare bambini, ragazzi e giovani a fare tante esperienze,
soprattutto ludiche. In mezzo ci si mette anche qualche preghiera, ma senza
esagerare troppo. È un bravissimo prete quello che passa le giornate in
oratorio a giocare con i bambini, a organizzare i doposcuola, i compleanni dei
bambini e dei loro amichetti. Il prete che osasse organizzare momenti di
spiritualità, come ritiri spirituali, lectio divine e non si adegua al sistema,
è considerato un pessimo prete. Gli stessi ragazzi che s’incontrano nelle
parrocchie, per la maggior parte rifiutano in modo categorico una proposta
specificamente religiosa, spirituale. Se ad un prete venisse in mente, in un
giorno della settimana durante il periodo scolastico, di organizzare alcuni
incontri in cui si parli del Vangelo, di Gesù e della sua proposta, verrebbe
insultato o ridicolizzato.
A
questo punto mi chiedo: ci fate rinunciare all’amore di una donna, alla
possibilità di avere figli, in altre parole, alla possibilità di una vita
normale, sana, per questo? Per intrattenere i vostri figli? Non potreste cercarvi
delle strutture associative adatte a queste finalità educative? È vero he le
parrocchie fanno di tutto per abbassare i costi e ad andare incontro alle
famiglie, anche le più bisognose, ma vi chiedo: c’è bisogno di preti per
questo? Non è evidente che i seminari in Occidente si stanno drasticamente
svuotando esattamente per questo, e cioè, perchè non c’è più una richiesta di tipo
religioso, spirituale? Vi state rendendo conto che alla domenica le chiese sono
vuote?
Forse occorrerebbe cambiare strada. E' proprio questo cambiamento che tento di proporre nel mio nuovo libro: Il nome di Dio non è più Dio.