PERCHÉ FACCIAMO COSI’ FATICA AD ABITARE LA PLURALITÀ?
Paolo Cugini
Da dove deriva la durezza culturale,
l’incapacità di convivere con le diversità di opinione, l’intolleranza nei
confronti di un pensiero plurale? Elaborare processi educativi in grado di
aiutare le persone a confrontarsi in modo sereno con persone che la pensano in
modo diverso, ad un pensiero inclusivo: è una delle grandi sfide della cultura
contemporanea. Nonostante la stagione delle idee forti sia finita da un pezzo,
la capacità di convivere con un pensiero differente senza volerlo stravolgere
ed adeguarlo al proprio schema di riferimento, sembra un’ardua impresa. Questa
difficoltà la constatiamo nelle relazioni della vita quotidiana, che è divenuta
sempre più complessa. Il rifiuto dell’altro lo si può leggere come forma di
difesa della propria identità, in un contesto in cui la molteplicità delle
posizioni non permette più di fare sintesi e di assimilare in modo coerente la
diversità, che arriva a noi in modo massiccio. Diviene, allora, sempre più
facile schierarsi contro qualcuno o qualcosa, piuttosto che apprendere a
convivere con le differenze.
Questo atteggiamento di durezza
culturale colpisce maggiormente quando proviene da coloro che si definiscono cristiani.
L’intolleranza che si esprime ne confronti di coloro che la pensano
diversamente su di un aspetto della religione, raggiunge a volte livelli
parossistici. C’è, però un aspetto di questo problema che merita una
riflessione più approfondita. Questo aspetto riguarda l’intolleranza, o meglio
l’incapacità di accettare la diversità d’interpretazione dell’altro. Quante
divisioni sono sorte nella storia della chiesa a causa di questo punto
fondamentale. Ci si chiede come mai l’interpretazione su di un determinato
testo del Vangelo possa essere differente, o possa avere più interpretazioni.
Ancora. C’è chi rimane scandalizzato per la diversità d’impostazione liturgica
da un luogo ad un altro e chi invece va in crisi di fede quando non trova più
le cose al loro posto nella chiesa. Ecco perché facciamo così fatica a
lasciarci contaminare dalle ricchezze che l’altro porta con sé, ma anzi
facciamo di tutto per difendere la purezza culturale, l’originalità di una
specificità che arriviamo a difendere anche in modo aggressivo. Come mai questa
difficoltà di accettare la diversità e di convivere con la diversità
d’interpretazione?
A mio avviso il problema ha la sua
radice nel modo di concepire la verità, vale a dire tutto sorge dal tipo d’idea
che ci siamo fatti sul concetto di verità. Esiste un’idea di verità mutuata
dalla filosofia e uno dal Vangelo. Quello mutuato dalla filosofia e, in modo
speciale dalla metafisica classica, c’insegna che la verità è assoluta,
perfetta, unica e irripetibile, statica e uniforme. Chi pensa all’idea di
verità in questi termini può dormire sonni tranquilli, perché vive
nell’illusione che niente cambierà, che i suoi punti di riferimento rimarranno
sempre uguali. Il concetto di verità elaborato dalla tradizione occidentale è
in contrapposizione al movimento e alla realtà materiale. Si tratta in
definitiva, di un concetto di verità a-storico, che non tiene conto della
realtà, ma la scavalca, ci passa sopra. Una
verità così piace a chi fa fatica ad adattarsi ai cambiamenti, a chi è abituato
ad imporre la propria idea, a chi non tollera di essere contraddetto, perché
ritiene di avere la verità in tasca. Una verità immobile, infatti, è
riconoscibile nella stessa forma in tutte le epoche e in tutti tempi. Si tratta
di quel tipo di verità assiomatico, che non permette discussioni: è così e
basta. È da questa visione della verità
come idea fissa e permanente che sorge l’elaborazione dei valori indiscutibili.
Una simile idea di verità sorge da quello che il filosofo e poeta francese
Charles Péguy definiva il mostruoso bisogno di sicurezza. In questa
prospettiva, non si tratta di ricercare la verità, ma di difenderla. Se,
infatti, la verità si pone come qualcosa d’indiscutibile, allora non ci rimane
altro che proteggerla e difenderla dagli attacchi di coloro che la mettono in
discussione.
La verità che incontriamo nel Vangelo
è invece di tutt’altro tipo. In Gesù Cristo Dio si è fatto presente ed è venuto
ad abitare in mezzo a noi. Ciò significa che se vogliamo comprendere la verità
di Dio manifestata in Gesù Cristo, che è per i cristiani l’unica possibilità di
comprendere la Verità, dobbiamo guardare agli eventi storici che hanno
caratterizzato la sua vita. Si tratta, quindi, di un’impostazione che si trova
agli antipodi rispetto a quella filosofica analizzata in precedenza. Se,
infatti, nella prospettiva metafisica la Verità per essere conosciuta necessita
di uno sforzo di astrazione dalla realtà, per la verità che incontriamo nel
Vangelo l’attenzione alla realtà e alla dimensione storica è fondamentale. Fare
riferimento alla realtà e al cammino della storia significa tenere in
considerazione il cambiamento. Le verità di tipo storico cambiano nel tempo
perché sono soggette al cammino della storia, ai cambiamenti culturali, alle
dinamiche della storicità. Per cogliere la loro essenza e l’universalità del
loro messaggio è necessario, quindi, verificarne continuamente l’impatto con
gli eventi storici, la novità che gli eventi portano con sé. Se Dio si è
offerto come dono nella storia di Gesù, ciò significa che proprio perché dono
non è mai totalmente raggiungibile dalla percezione umana. C’è sempre qualcosa
che ci sfugge e che rimane altro da noi nella manifestazione della Verità
evangelica. Per questo coloro che seguono il Signore non possono che alzarsi e
andare dietro di Lui per tutta la Vita. Non c’è, allora, esperienza o
situazione che possa esaurire la possibilità di conoscenza che il Signore ha
immesso dentro la storia, ma c’è un cammino lento che dev’essere realizzato. In
questa prospettiva storica per conoscere la verità del Vangelo divengono di
fondamentale importanza i testimoni, sia coloro che hanno vissuto al tempo di
Gesù, sia coloro che ne hanno colto deli aspetti significativi anche dopo la
sua morte. Infatti, il Signore è risorto e dunque è il vivente che cammina con
noi sino alla fine dei tempi e, sino a quando i tempi non termineranno sarà
presente nella storia per incontrare gli uomini e le donne nel cammino della
vita. E allora, seguendo il Signore, ascoltando i suoi testimoni si può
tranquillamente affermare che c’è sempre e ci sarà sempre qualcosa da imparare,
perché la Verità che il Signore ha donato e continua a donare all’umanità non
si esaurisce mai. Gli amici e le amiche del Signore sono dei cercatori di
Verità, animati da quella disposizione che ci pone aperti alla novità, nella
consapevolezza che la Verità ci farà liberi da ogni tentativo di fissarla con
le forme storiche e culturali.
È lo stesso Signore Gesù, la Verità
che si è fatta uomo, che è venuta ad abitare in mezzo a noi, che ci ha offerto
il metodo per conoscerla in profondità. Gesù venendo ad abitare in mezzo a noi
ci ha rivelato in primo luogo che è la storia, gli eventi storici il luogo in
cui conoscere e amare la Verità. Ciò che era inconcepibile per i filosofi greci
è divenuto realtà in Gesù Cristo. Lo stile di Gesù ci rivela inoltre che per
conoscere la Verità occorre mettersi in cammino. Ciò significa che, lungi
dall’essere una verità assiomatica, la Verità che troviamo nel Vangelo esige il
tempo, l’ascolto della realtà presente, l’attenzione. Questa dimensione del
cammino ci dice che ciò che incontriamo più avanti nel cammino della vita o ciò
che incontrano oggi gli uomini e le donne, non è migliore o diverso o in
contraddizione con ciò che coglievamo noi in passato. C’è, infatti, un rapporto
di continuità e differenza nella Verità che si rivela nella storia. Continuità
tra il Vangelo e quello che lo Spirto Santo rivela alla Chiesa; differenza per
la profondità d contenuti che il tempo porta con sé. È ciò che ad esempio,
constatiamo nella storia dei dogmi, di quelle verità di fede che la chiesa ci
dona come frutto di un attento ascolto della realtà, della Parola e di quello
che lo Spirito Santo rivela alla luce degli eventi storici. Sempre in questa
prospettiva, è possibile cogliere il motivo delle pluralità d’interpretazioni
che la Scrittura offre a coloro che vi si accostano. La ricchezza
d’interpretazioni differenti e complementari, non diminuisce lo spessore
veritativo del testo sacro, ma anzi ne arricchisce la qualità e ne rivela
l’essenza.
La ricerca della Verità presente
nella persona di Gesù Cristo, manifestatosi nella storia degli uomini e delle
donne, ci rende persone dinamiche, attente a valorizzare la pluralità delle
manifestazioni della Verità, che rimane sempre più grande di noi. La pluralità
delle manifestazioni lungi d’essere una contraddizione della realtà della
verità, ne rappresenta invece il senso profondo del suo significato. Non si
capisce, allora, come coloro che si definiscono i seguaci di Gesù, vale a dire
i cristiani, non siano per antonomasia persone aperte e accoglienti, capaci di
abitare in ogni momento e in ogni circostanza della vita la differenza.
Riflessione molto importante la tua Paolo.
RispondiEliminaLe tue parole sono spesso un grande stimolo alla riflessione.
Grazie
Andrea
Grazie della considerazione
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