sabato 13 aprile 2024

In cammino verso le Veglie di preghiera di Maggio per il superamento della violenza dell'omotransfobia

 





11 gennaio 2024, Napoli: al termine di una serata al bar, due ragazze trans sono avvicinate da cinque individui appena conosciuti che le trattano con violenza. L’avventura finisce al Pronto Soccorso, dove una delle due denuncia lo stupro che le hanno fatto subire“. Questo è uno dei primi episodi di transfobia registrati nel 2024 sul sito omofobia.org, curato da Massimo Battaglio, a cui sono seguiti tanti altri episodi di violenza omotransfobica.

 

Ecco perché anche quest’anno a maggio, come accade dal 2007, nel mese di maggio, in occasione della giornata contro l’omotransfobia, i cristiani di diverse comunità cristiane veglieranno insieme ai credenti LGBT+ e ai loro familiari per il superamento della violenza e della discriminazione delle persone lesbiche, gay, bisex e transgender e non solo (LGBT+)

Scrive la pastora valdese Daniela Di Carlo che veglieremo perché "sogniamo che la violenza di genere non farà più parte della nostra vita. Mentre lavoriamo, insieme, per il giorno nel quale nessuna donna venga uccisa, nessun gay rifiutato dalla famiglia, nessun transessuale preso a calci, preghiamo e iniziamo a costruire, con l’aiuto di Gesù Cristo, quel mondo possibile fatto di pace e amore".

"Partecipare a queste veglie", aggiunge il sacerdote cattolico don Paolo Cugini "significa ... lasciarsi plasmare dall’amore del Signore, che ci aiuta a vedere fratelli e sorelle là dove l’ignoranza ci mostra dei nemici".

In occasione delle veglie la Commissione Fede Genere Sessualità delle chiese battiste, metodiste e valdesi e della REFO ha realizzato anche un sussidio liturgico, mentre l'associazione La tenda di Gionata ha stampato, con il contributo dell’Otto per mille della Tavola Valdese,  due libretti che potranno essere richiesti e ricevuti gratuitamente da tutte le realtà cristiane che organizzeranno un momento di veglia o un culto domenicale sul tema per distribuirli ai partecipanti.

 

Il primo libretto intitolato Anche noi non abbiamo un sogno, con le sue 36 pagine di testimonianze, riflessioni e esperienze, introdotte da una prefazione della pastora Di Carlo, vuol raccontare questa iniziativa ecumenica nata dal basso e lanciare un invito a continuare questo cammino “per essere vicino a chi deve lottare ogni giorno contro la violenza dell’omotransbifobia”.  Da scaricare e leggere su https://www.gionata.org/anche-noi-abbiamo-un-sogno/ 

 

L'altro libretto intitolato “Con lo sguardo di Dio. L’amore senza confini dei genitori di persone LGBT+” è una raccolta di testimonianze di genitori cristiani con figli LGBT+ che raccontano il loro l'accidentato cammino d’amore dopo il coming out dei figli, che parte dallo stupore e dalla paura per giungere sino all’accettazione incondizionata dei propri figli LGBT+, perché «nessun viaggio è troppo lungo per chi ama». Da scaricare e leggere su https://www.gionata.org/con-lo-sguardo-di-dio-lamore-senza-confini-dei-genitori-di-persone-lgbt/

 

Le realtà che vorranno distribuirli al termine delle loro veglie o culti domenicali potranno richiedere delle copie gratuite (sino a esaurimento) a tendadigionata@gmail.com

Per saperne di più sulle veglie 2024 basta cliccare su www.gionata.org/inveglia/ o scrivere a a incontri@gionata.org . 

E tu veglierai con noi? Ti aspettiamo

 

IL VERSETTO DELLE VEGLI 2024> “Siate forti, fatevi animo, non temete e non vi spaventate di loro, perché il Signore, tuo Dio, cammina con te; non ti lascerà e non ti abbandonerà” (Deuteronomio 31:6)

 

LITURGIA per le veglie e i culti domenicali 2024file PDF > file Word.

 

venerdì 12 aprile 2024

IL GRANDE ERRORE

 



 

Paolo Cugini

 

Aver identificato il rito con la fede: è questo il grande errore. Aver identificato il cammino di fede, che esige un cammino di conversione, un cambiamento di mentalità, con la partecipazione al rito: è stata questa la grande bestemmia che è stata prodotta e riprodotta nei secoli. Un tempo ci credevano tutti – ci ho creduto anch’io-, nel senso che tutti pensavano che fosse proprio così. Secoli e secoli di messe domenicali, hanno fatto credere che per andare in paradiso, che rappresenta un altro grande problema d’interpretazione, bisognava andare a messa alla domenica e, il non andarci, significava cadere in peccato mortale e, di conseguenza, la necessità di confessarsi per non rischiare di aggiungere peccati su peccati. Anche perché a quel tempo, che in realtà è l’altro ieri, di preti ce n’erano a bizzeffe, per lo meno in Occidente, nel continente cristiano. I seminari erano pieni di bambini e di ragazzi, ed erano pieni perché c li mandavano i genitori. Le numerose famiglie cattoliche regalavano volentieri alla chiesa un figlio maschio o una figlia al seminario o al convento. Il mondo era tutto cattolico ed avere in famiglia un prete o una suora era un onore e non una vergogna come ai nostri giorni.

Dicevo che c’erano tanti preti e, di conseguenza, era possibile un certo tipo di pastorale che poneva il prete al centro del discorso. La pastorale, infatti, nasce dalle esigenze del momento, dai problemi incontrati, dal contesto specifico. Non ci si deve meravigliare, dunque, se nel corso della storia le scelte pastorali cambiano e se in un lugo si agisce in modo differente da un altro. C’è stato, dunque, un tempo in cui ci si poteva permettere il lusso d’inventare che, il non andare a messa, fosse un peccato mortale e che, per accedere nuovamente al banchetto eucaristico, fosse necessaria la confessione sacramentale, che non costava nulla, vista la quantità industriale dei preti a disposizione. Ce n’erano così tanti, ma così tanti che un giorno, negli anni ì50 del secolo scorso, un vescovo in visita ad un seminario del Nord Italia nella Regione dell’Emilia-Romagna, in quella città che rimane tra la Pilotta e la Ghirlandina, disse con tono sconsolato al rettore: “e dove li metteremo tutti questi futuri preti?”.

Ce n’erano così tanti di preti da far credere che davvero Gesù avesse inventato la chiesa al maschile, che davvero le donne servivano solo per lavare la biancheria dei preti e delle sacrestie, perché, come si diceva a quei tempi che, in realtà era ieri pomeriggio, è stata la donna a mangiare la mela e a darla poi all’uomo. Tutto un mondo, una cultura, una spiritualità, ma anche un’economia e, perché no, una pedagogia è stata costruita su questa abbondanza spaventosa – in tutti i sensi – di preti. Quello che viene chiamato patriarcato ha fornito il substrato culturale per il diffondersi di pratiche ecclesiali, spacciate per oro colato dal Vangelo, mentre, in realtà, si trattava di scelte pastorali, anche se di pastorale in senso stretto c’era ben poco, perché si trattava d’imposizioni vere e proprie dettate dall’alto e, in altro, a quel tempo, c’erano loro: i preti. Si è fatto credere, e tutto un mondo ci ha creduto per secoli, che l’uomo fosse superiore e la donna inferiore e, per questo, solo gli uomini potevano entrare nei seminari e diventare preti.

Il problema, se così possiamo parlare, è che si è creduto che questa sovrabbondanza di preti fosse un dono della provvidenza. Poi si è scoperto che non era proprio così, che in diversi casi la provvidenza divina c’entrasse poco o nulla, anzi! Questo errore di valutazione è stato il problema, l’inizio dei problemi. Si è chiaramente confuso la quantità con la qualità. Ne hanno sfornati così tanti, da non permettere alcun tipo di lettura differente. Tanti preti hanno voluto dire per secoli tante messe, a tutte le ore del giorno. Tante messe, moltissime messe, sempre più messe ha fatto credere che il centro di tutto, il centro della religione cristiana fosse il rito e non il contenuto. Per questo per secoli si sono prodotte tantissime messe in cui la stragrande maggioranza dei fedeli partecipava senza capire assolutamente nulla. Del resto, non ce n’era bisogno di comprendere, perché chi portava in paradiso era la messa, il rito e non il contenuto, che avrebbe potuto provocare dei cambiamenti di comportamento o, addirittura, dei cambiamenti culturali.  

Eppure, il discorso di Gesù all’inizio del Vangelo era chiaro, anzi, chiarissimo, al punto da non dare adito ad alcun tipo di fraintendimento. e diceva: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo" (Mc 1,15). Più chiaro di così! Non c’è nemmeno bisogno di chiamare un interprete, un esegeta: è tutto molto chiaro. Del resto, il Vangelo è scritto per le persone semplice ed è, quindi alla portata di tutti. L’invito è all’accoglienza del Vangelo e alla disponibilità al cambiamento, per permettere allo Spirito del Signore di modellare la nostra umanità, per fare in modo che i tratti dell’umanità di Gesù, del suo modo di essere nel modo, del suo stile non-violento, della sua capacità di accogliere tutti e tutte senza escludere nessuno, siano riprodotti in noi. È di questo che avevamo bisogno! È di questo che il modo aveva sete e continua ad averne! Certamente, lo si capisce bene che il rito è più facile, che una quantità di riti da ascoltare è più facile che essere disponibili a cambiare idea, a modificare il proprio modo di essere e di pensare. È più facile pensare e far credere che se tieni le manine in un certo modo e ti inginocchi in un altro Gesù è contento. Più difficile è smettere di essere disonesto. Difficile è condividere quello che si ha con i più poveri. Difficile è rispondere all’arroganza del mondo con gesti di amore e comprensione. Spacciare il rito come una scorciatoia per il paradiso: è stata questa la grande furbata.

Se uno ci guarda dentro bene, però, se si osserva il rito da vicino ci si accorge quasi immediatamente che c’è della sintonia, dell’armonia, c’è del sincronismo tra rito e contenuto del Vangelo. Il centro della messa, infatti, contiene in sintesi lo stile della vita di Gesù: un corpo spezzato per tutti, un sangue sparso per amore, una vita donata in modo gratuito e disinteressato. Forse per questo che, ad un certo punto, qualcuno ha cominciato a dire: meno messe più messa! Che cosa voleva dire quel furbacchione? Probabilmente che la religione fa male alla salute, che una vita religiosa fatta solo di precetti e di riti nuoce all’equilibrio esistenziale, perché ci porta a credere che possiamo controllare Dio, possiamo pretendere di aver il pass per il paradiso e, di conseguenza, rischiamo di entrare nella pericolosissima fase di delirio di onnipotenza. Il Vangelo, invece, ci propone uno stile di vita in cui il rito è una parte del percorso, un ricordo di ciò che è stato e un invito per continuare il cammino insieme ai fratelli e alle sorelle. 

domenica 7 aprile 2024

12 INCONTRO NAZIONALE FEDE E POLITICA - CAMMINI PER UNA SPIRITUALITA' LIBERATRICE

 






BELO HORIZONTE 5-7 APRIEL 2024

 

Paolo Cugini

 

Da venerdì 5 a domenica 7 aprile si è realizzato a Belo Horizonte, capitale dello Stato di Minas Gerais, il 12 incontro nazionale del Movimento Fede e Politica. Questo Movimento nasce nel giugno 1989, da un incontro di persone unite dalla fede cristiana impegnate nelle lotte popolari, con lo scopo di alimentare la dimensione etica e spirituale che dovrebbe animare l'attività politica. Lasciarsi animare dallo Spirito di vita è l'essenza del Movimento Fede e Politica, che non propone linee guida per l'azione politica cristiana, né si comporta come se fosse una tendenza partitica, ma che si batte per il superamento del capitalismo attraverso costruzione di un sistema socio-economico solidale e rispettoso della vita del Pianeta. Nel corso della sua esistenza, MF&P ha promosso incontri di studio, giornate di spiritualità e pubblicato quindici Quaderni su Fede e Politica. A dieci anni dalla sua creazione, attento alla nuova situazione dei movimenti sociali, il Movimento cominciò a promuovere grandi Incontri Nazionali di Fede e Politica.

Quello che si è realizzato a Belo Horizonte in questi giorni è il 12 incontro nazionale, che ha avuto come tema: Spiritualità liberatrice. Incantare la politica con l’arte, la cultura e la democrazia! Dinanzi ad un pubblico numerosissimo, proveniente da tutto il Brasile, i relatori hanno affrontato il tema della crisi attuale che non è solo politica, ma anche economica e ecologica. Due dei fondatori storici del Movimento, Frei Betto e Leonardo Boff, erano presenti all’incontro e hanno contribuito alla riflessione con i loro profondi interventi.

Frei Betto


Frei Betto ha condiviso una riflessione sulla proposta specifica di Gesù, che è il Regno di Dio, chiarendo che: “Regno di Dio è la proposta per il futuro dell'umanità. Gesù non parlava di lassù, ma di qui sulla terra. Il tuo regno venga a noi”. Il Regno per Gesù indica la relazione nell'amore e nella condivisione dei beni. “Condividere i beni della terra e i frutti del lavoro umano. Fino a quando l’umanità non condividerà i beni della terra, non realizzeremo il Regno di Dio”.

Frei Betto, per approfondire il discorso, ha utilizzato l’immagine della macchina che corre verso un obiettivo. “La benzina è la Comunità. Il veicolo è il sindacato, il MST, il movimento femminista, il movimento LGBTQ+, il Partito: ognuna di noi sceglie i propri veicoli per camminare verso il Regno di Dio. La stazione di servizio è la preghiera. Padre nostro e nostro pane. Abbiamo il diritto di invocare Padre Nostro se lottiamo affinché i beni della società siano per tutti. Gesù era un uomo di preghiera. Nella preghiera impariamo ad armonizzarci con noi stessi, con gli altri e con Dio”.

Il frate domenica ha concluso il suo discorso ricordando che Gesù non è venuto per fondare una chiesa o una religione, ma è venuto per salvare il progetto politico di Dio: una società di Giustizia e Pace, che ha chiamato Regno di Dio. “Noi cristiani siamo seguaci di un prigioniero politico”.


Leonardo Boff


Il discorso di Leonardo Boff è stato centrato soprattutto sul tema ecologico, che è il tema su cui lavora maggiormente da circa trent’anni, manifestando una grande preoccupazione per come si stanno evolvendo le cose. “La terra sta raggiungendo il punto in cui non può più reggere. Abbiamo già superato il punto critico del riscaldamento globale del pianeta. Dobbiamo creare connessioni. La terra è già cambiata. Tra il 2025 e il 2027 la Terra si equilibrerà a 38 gradi. I governi devono ridefinire il modo in cui costruiscono le città”.

Boff si è soffermato, anche, sulla crisi politica che sta sconvolgendo molti paesi, crisi visibile nelle circa 18 gravissime guerre che stanno mietendo molte vittime, soprattutto civili, in molte parti del mondo, come nella striscia di Gaza, in Ucraina e in Congo. Di questo ultimo gravissimo conflitto nessuno parla, ma è di dimensioni impressionanti. In questo quadro dai toni apocalittici, Boff ha spostato l’attenzione sul Brasile e, e in modo particolare, sull’Amazzonia.  “È necessario fermare la grande deforestazione. Il futuro dell’umanità passerà attraverso l’Amazzonia e questo lo sostiene anche l’economista Stiglitz”. Per questi motivi non possiamo pensare solamente al Brasile ma dobbiamo promuovere la responsabilità collettiva. “Dobbiamo pensare in grande, non solo riguardo al Brasile. Dobbiamo assumerci la responsabilità collettiva, come ha detto Paulo Freire.”

Moltissimi i partecipanti


Nelle conclusioni del discorso Boff ha indicato due sfide che devono unire tutte e tutti coloro che lottano per un mondo migliore.” La prima sfida è la democrazia che deve essere quotidiana, come valore universale. Un’altra grande sfida: superare la profonda disuguaglianza, una profonda ingiustizia sociale”. Per costruire un nuovo tipo di società che rispetti i principi democratici e che lavori per togliere ogni tipo di disuguaglianza è necessario iniziare dal basso.

È il lavoro di base, che si realizza sia nei movimenti sociali che nelle comunità ecclesiali di base, che diventa possibile costruire un mondo diverso, più giusto e democratico.

 

lunedì 1 aprile 2024

IL VUOTO DELLE CHIESE E LA NOSTRA CECITA’

  



 

Paolo Cugini

 

E così ci sono rimasti loro, anzi, solo loro, i vecchi cattolici che fin da piccoli hanno imparato che la messa della domenica è sacra e, chi non ci va, andrà sicuramente all’inferno. Le chiese oggi sono piene, anzi, quasi vuote, della loro presenza che, giorno dopo giorno, sembra più un’assenza. Che dire: non hanno certo colpa loro, hanno imparato sin da piccoli che è così e, poi, passata l’adolescenza indenni da tentennamenti, hanno proseguito la loro vita religiosa senza battere ciglio. E sono arrivati sino ai nostri giorni. Un tempo, sino a qualche decennio fa, non erano da soli, ma insieme a tante persone: giovani, vecchi e bambini. Oggi non è più così. Alla messa domenicale questi veri e propri cimeli storici, pezzi da museo, vestigi di un tempo che fu e che ora non è più, sono sparsi tra i banchi di chiese semivuote, segno di un declino inarrestabile e, per molti aspetti, rivelativo.

Che cosa dovrebbe, infatti rivelarci, questo quadro a dir poco angosciante? Come tutti gli eventi dipende sempre da che parte lo si guarda. Se lo si osserva dalla parte di coloro che stanno seduti nei banchi, il problema è nella società che è cambiata e, di conseguenza, loro si considerano come se fossero i reduci di una battaglia durissima tra il mondo e la religione. Nessuna domanda critica, nessun tipo di riflessione che possa mettere in discussione una modalità di vivere la religione. Del resto, sarebbe esigere troppo. Ad una certa età, certe domande è meglio non farsele, è meglio andar avanti così come si è sempre fatto. Sarebbe, infatti, troppo doloroso dover ammettere che ci si è sbagliati, che forse si poteva fare in modo differente, che identificare tutto un cammino di fede indicato dal vangelo con una pratica rituale è un po' riduttivo. Comunque loro sono lì in attesa del meritato paradiso.

Adesso mi chiedo: che cosa pensate voi preti quando entrate in queste chiese domenicali semivuote? Soprattutto voi che venite da quei decenni del dopo Concilio in cui il fervore liturgico, la novità del momento aveva stimolato la fantasia e la creatività dei giovani, riempiendo le celebrazioni domenicali? Poi ci hanno pensato i vescovi a risistemare le cose, indicando come abusi liturgici queste celebrazioni partecipate e che vedevano soprattutto la partecipazione di tanti giovani, Spero che ci sia da qualche parte dopo la morte un luogo in cui vengono imprigionati tutti i prudenti e i moderati, tutti coloro, cioè, che hanno ostacolato con la propria codardia e pigrizia intellettuale l’azione dello Spirito. C’è un modo di affrontare la realtà, soprattutto quando questa si presenta in forme nuove, che minaccia la tranquillità morale delle persone per bene, facendo fina di niente, negando, cioè, i cambiamenti in atto. Il negazionismo, anche quello religioso, è una forma di pigrizia mentale, oltre che una manifestazione di stupidità, perché rivela la difficoltà di affrontare la vita per come si manifesta.

E poi ci sono loro: i profeti. Sono loro che vedono la luce dove il mondo scorge solo tenebre. Sono loro che riescono ad interpretare i segni dei tempi e cogliere cammini nuovi dove il mondo vede solo macerie. Come Geremia che “vedeva” l’Alleanza nuova, che Dio stava desiderando creare con il suo popolo (Ger 31,31s), mentre Israele stava osservando l’esercito di Nabucodonosor distruggere il Tempio e le mura di Gerusalemme. Sono i nuovi profeti che si stanno stropicciano gli occhi perché stanno vedendo la grandezza del Signore e la sua gloria nelle chiese, che sono vuote proprio perché lì non c’è più, sta andando altrove. Riprendiamoci, allora, le strade, per rifare il cammino che fece Gesù che, per annunciare la novità del Vangelo, lasciò dietro di sé la sinagoga di Nazareth, per vivere con i suoi discepoli e le sue discepole nelle strade della Galilea. E con Isaia oggi ci dicono: Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? (Is 43, 18-19).

 

 

venerdì 22 marzo 2024

L'agonia delle acque amazzoniche: riflessioni e iniziative

 




 Articolo di Ivania Vieira: Giornalista, professoressa presso la Facoltà di Informazione e Comunicazione dell'Università Federale dell'Amazzonia (UFAM), dottore di ricerca in Processi socioculturali dell'Amazzonia, editorialista del quotidiano A Crítica de Manaus, cofondatrice del Forum delle donne afroamericane e caraibiche e il Movimento delle Donne di Solidarietà dell'Amazzonia (Muse).

Traduzione: Paolo Cugini

 

I nostri occhi hanno visto prosciugarsi i fiumi dell’Amazzonia. Il fondo dei fiumi rimase terra arrostita, spezzata in centinaia di pezzi. Delfini, pesci e altre specie sono morti, non sappiamo quanti se ne siano andati e non abbiamo avuto la possibilità di saperne di più su di loro. I nostri corpi soffrivano, migliaia di persone erano isolate, affamate di acqua, cibo e alloggi. Questo accadeva ieri, nel 2023. L’agonia dell’Amazzonia lo scorso anno ha generato lezioni. Questi sono stati o verranno appresi nel 2024? Quali iniziative si stanno realmente portando avanti per cambiare i comportamenti della società, le politiche dei governi abbinate a quelle dei gruppi imprenditoriali e dei ricercatori? Quanto è disposto il governo dell’Amazzonia ad affrontare gli effetti del cambiamento climatico e ad avvicinarsi al raggiungimento di uno degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG), il numero 6 – “entro il 2030, raggiungere un accesso universale ed equo all’acqua per il consumo umano, sicuro e accessibile a tutti”.

L'Igarapé do Gigante, nella Zona Ovest di Manaus, chiede aiuto, una richiesta all'uomo di comprendere, prima che sia troppo tardi, l'importanza di mantenerlo visibile, al di là della patina del progetto mosaico e di altri attacchi distruttivi. Vuole alleanze per la vita e non come una contraffazione che libera la morte. Non è l’unico, tutti i corsi d’acqua della capitale dell’Amazzonia stanno morendo, alcuni distrutti dalla contaminazione dei rifiuti domestici e industriali.

 


Pellegrinaggio dell'acqua

È per i corsi d’acqua, i fiumi, i bacini e le vite che li abitano e intorno a loro, e per le vittime umane che il Forum dell’Acqua di Manaus terrà, questo venerdì (22 marzo), il Pellegrinaggio dell’Acqua, quando gruppi di acqua e i difensori della natura viaggeranno in barca fino al punto d'incontro dei fiumi Negro e Solimões. Il pellegrinaggio fa parte di una serie di attività in occasione della Giornata Mondiale dell'Acqua, istituita nel 1992 dall'ONU e, dal 1993, viene celebrata con eventi in diversi Paesi in questa data. Attivisti, artisti, religiosi, rappresentanti dei gruppi indigeni, neri, giovani, donne, insegnanti, sindacalisti e istituzioni ambientali devono unirsi al pellegrinaggio che riafferma l'impegno a portare avanti il ​​processo di consapevolezza, mobilitazione e partecipazione delle comunità di fede e dell’intera società per contemplare, dal caldo Rio delle Amazzoni, la vita umana e il pianeta nella mistica della cura e della fraternità. Il Pellegrinaggio dell’Acqua è anche una denuncia del fatto che le aziende non possono fare ciò che vogliono ignorando la legislazione. “L’economia non può avere questa autonomia rispetto alla politica e all’etica, ma deve essere realmente focalizzata sul bene collettivo. Non esistono due crisi separate: una ambientale e una sociale; ma un'unica complessa crisi socio-ambientale”, si legge in un documento del Forum das Águas, che riflette l'enciclica Laudato Si' di Papa Francesco a proposito della “cura della nostra casa comune”.

In Brasile, il tema adottato dal governo federale per la Giornata mondiale dell’acqua è “L’acqua ci unisce, il clima ci muove”. Il tempo passa, la voracità della distruzione avanza. La scarsità d’acqua sta diventando endemica, avverte l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (UNESCO). Ci sono 2 miliardi di persone nel mondo che non hanno accesso all’acqua potabile. Uno dei risultati del cambiamento climatico, secondo un documento dell’UNESCO, è l’aumento della scarsità d’acqua stagionale nelle regioni in cui la risorsa è attualmente abbondante – come l’Africa centrale, l’Asia orientale e parti del Sud America; nelle regioni dove la disponibilità idrica è già scarsa – come il Medio Oriente e il Sahel, in Africa, la situazione dovrebbe peggiorare. “In media, il 10% della popolazione mondiale vive in paesi con stress idrico elevato o critico”, indica l'agenzia.

Secondo l’UNESCO, i paesi a basso, medio e alto reddito mostrano segni di rischi legati alla qualità dell’acqua. “La scarsa qualità dell’acqua ambientale nei paesi a basso reddito è spesso correlata a bassi livelli di trattamento delle acque reflue, mentre nei paesi ad alto reddito gli effluenti agricoli rappresentano un problema più serio”.

I pericoli del riscaldamento globale non sono palpabili, immediati o visibili nel corso della vita quotidiana, non importa quanto sembrino spaventosi, molte persone continuano a sedersi, senza fare nulla del tutto al riguardo. {...} aspettiamo che diventino visibili e acuti e solo allora prendiamo misure serie, per definizione sarà troppo tardi”. Pertanto, costruire canali di comunicazione tra i diversi attori legati alla questione idrica in modo che le informazioni generate da studi come quello qui sviluppato siano effettivamente rilevanti per il processo di adattamento e siano trasmesse in modo chiaro e al momento opportuno per il processo decisionale.

Infine, è importante ricordare che lo sviluppo di queste strategie di adattamento deve essere supportato da politiche pubbliche innovative, capaci di creare le circostanze necessarie per affrontare le conseguenze del cambiamento climatico, in una prospettiva di lungo termine e in un approccio basato sulla costruzione dei sistemi di cambiamento climatico imparare ad agire in situazioni di complessità e incertezza. Questo insieme di informazioni prodotte nello studio Impatto del cambiamento climatico sulle risorse idriche in Brasile – Agenzia nazionale per l’acqua e i servizi igienico-sanitari di base (ANA), oltre a guidare i decisori e i formulatori di politiche pubbliche, contribuirà anche alla costruzione di questo sistema. I nostri occhi vedono il giorno dopo a Manaus pieno di minacce in atto.

Fonte: A agonia das águas da Amazônia: reflexões e iniciativas. Artigo de Ivânia Vieira - Instituto Humanitas Unisinos - IHU

Dio e i suoi nomi

 



Dal documento della CEAMA (Conferenza Episcopale Amazzonica) sugli studi intorno ai riti amazzonici

Traduzione: Paolo Cugini

 

Dalla mitologia indigena di Abya Yala, dove solitamente tutto è interconnesso, il divino ancestrale acquista importanza come fonte primaria di coesione sociale, culturale e religiosa di tutta la vita. Il popolo Guaranì ci fornisce alcuni elementi significativi che aprono questo itinerario. Secondo la mitologia Guarainense, raccolta dai missionari francescani nel XIX secolo, “all’inizio tutto era acqua”; “un verme chiamato mbir camminava su alcune canne sporgenti”, che “si è fatto uomo di sua spontanea volontà e con lui ha creato la terra. Viene chiamato il maschio mbir Mbiracucha.” Allo stesso tempo, vive la vita del suo popolo come una vita ardua e piena di dolore che permette loro di raggiungere la terra promessa del Nonno. Quella parola è "Nonna" e/o “Nonno” – presente anche in altri popoli, non solo amazzonici –, che ne acquisisce una ricchezza dimensione polisemica e permette loro di nominare Colui che tutto si prende cura e ricrea.

Ciò arricchisce qualcosa che osserviamo nel popolo Chácobo. In essi il divino non è la monade statica, ma presenza duplice e reciproca. Pertanto, tutto ciò che esiste ha vita e sesso, come indicazione che tutto ciò che esiste richiede il suo complemento. Questa dualità sessuale è ancestrale, simbolico e presente in tutto ciò che esiste; Riflette la relazionalità quotidiana e, in definitiva, ha la sua origine e il suo fondamento nel trascendente percepito già nel presente.

Secondo l'espressione di un indigeno Chácobo: “gli dei fecero dei Chácobo uomini e donne”. Il presente è, in un certo senso, un'immagine. C'è esprimere qualcosa che appartiene al mondo del divino. La dinamica della vita e la sua reciproca diversità manifestano l'esistenza, quindi, di una dualità simbolica e interrelazione del divino, che tutto abbraccia dimensioni ed espressioni concrete della realtà, fin dalle sue origini, come ogni cosa è in essa stretta connessione o connessione: cielo-terra, sole-luna, creazione-formazione, unità-diversità, passato presente, maschile-femminile, mito-storia... Questo incontro di apparenti opposti viene vissuto, realizzato e costruito nel presente esistenziale di tanti popoli amazzonici, nella visione del mondo del mondo quotidiano.

Ritornando ad un'espressione già citata, appare una delle rappresentazioni della divinità sotto la figura della nonna e del nonno, che “collaborano” al processo creativo-formativo di tutto ciò esiste e, in particolare, dell’essere umano. I tratti menzionati ed espressi del Divino come Gli Avó-Avô persistono ancora nell'esperienza di diversi popoli indigeni, non solo dei Guarayo Amazzonico. Pertanto, la Kuna di Panama si riferisce al simbolo divino con la denotazione o significato di “nonno sole” e “nonna mare”, mentre i Guarani sono soliti menzionare la luna come nonna e la tigre come “nonna-tigre”.

Data la specifica mentalità indigena, ma allo stesso tempo integrativa e in costante movimento ricreativo e risignificante, nel corso della storia, dei popoli amazzonici riteneva incorporate alcune figure divine straniere presenti presso altri popoli popolazioni indigene. È il caso del Tupa o Tumpa tra i Guarayo, Ayoreo e Chiquitanos, tra gli altri. È una figura presente nei miti, ma con poca enfasi sull'esperienza pratica o sulla vita nel mondo. vita quotidiana indigena.

Tuttavia, forse si potrebbe postulare qualcosa di simile a questo Mistero Ineffabile (Gregorio di Nissa, Karl Rahner), considerato nella tradizione cristiana occidentale come L’ultimo e Trascendente. Questi esempi permettono di comprendere che la dualità-molteplicità non esclude l'unità, ma la costituisce, organizzando le sue culture per un incontro fecondo con il mistero dell'unità costituita trinitariamente, dal Dio che noi cristiani professiamo.

giovedì 21 marzo 2024

La storia nascosta sotto la foresta Amazzonica

 





Paolo Cugini

 

 

Natuza Nery, giornalista brasiliana incontra lo scrittore Reinaldo José Lopez, autore del libro:1499. O Brasil antes de Cabral. Herper Collins, 2017; l’archeologo Edoardo Goes Neves, per cogliere la situazione dei popoli amazzonici prima dell’arrivo degli europei; infine il biologo Luis Aragão, capo della divisione dell’osservatorio di ricerche spaziali del Brasile.

L’Amazzonia nasconde tesori. Ci sono società precolombiane. Società che avevano gerarchie definite. Hanno incontrato città, architetture in una ricerca degli ultimi tempi. Queste scoperte mostrano come i popoli amazzonici che hanno abitato il territorio per moltissimi secoli, abbiano prodotto una cultura che raccoglieva il modo di abitare l’ambiente, rispettandone i ritmi, i tempi, le forme.

Edoardo Goes Neves, archeologo incontrato da Natuza Nery spiega che si comprende che c’era moltissima gente. Si coglie oggi molto bene l’interazione dei popoli amazzonici con l’ambiente. Si coglie che c’erano persone da tante parti.

Si trovano città di 2500 anni fa. Si trovano abitazioni antichissime e c’era un’interconnesione molto grande con strade, produzione agricola. Si capisce che c’era già un livello di tecnologia significativa. L’Amazzonia è stata molto occupata. C’era una popolazione densissima, si parla di 8 milioni di abitanti.

Com’erano fatte queste strutture che si trovano sotto la foresta? Nella foresta no ci sono pietra da costruire strutture grandi. Le popolazioni scavavano trincee profonde con obiettivi di difesa, religiose e per raccogliere alimenti. Queste strutture sono sparite e, in certo senso, la foresta ha aiutato a proteggerle. Questo lavoro di recupero è stato possibile attraverso i nuovi strumenti che la tecnologia offre. Si riesce a cogliere se in un terreno ci sono elementi di strutture umane. Gran parte delle strutture ritrovate si facevano culti religiosi. Nelle strutture trovate in cui sono state incontrate ceramiche, erano spazi per l’agricoltura e la cucina.

L’uso del carbonio 14 è utilizzato per datare gli elementi incontrati. Si cerca di capire anche che tipo di vegetazione c’era in quel contesto. Ci sono migliaia di strutture sotto la foresta amazzonica, forse circa diecimila aree con strutture architettoniche. Queste popolazioni sono originarie, nomadi, che utilizzavano la foresta per la propria sussistenza e praticavano l’agricoltura per mantenersi.

Le strade erano costruite conforme ai punti cardinali. Le età di queste strutture datano di 1500 anni fa. In alcune zone si arriva sino a 2500 anni fa. Ciò significa che la foresta era utilizzata in modo sostenibile già in quest’epoca. Come era sostenibile? Nel 10% dell’Amazzonia in cui si trovano queste strutture, esiste una relazione forte tra queste strutture e biodiversità locale che hanno interesse antropico. La densità di specie addomesticabili come la castagna, Açai e altre sono state protette dai popoli indigeni. La popolazione arricchiva le zone in cui abitavano. Si trovano forme usate tanti secoli fa per migliorare la protezione dell’Amazzonia. Sono questi popoli che hanno vissuto per molti secoli che hanno protetto la foresta. C’è stato un rapporto sostenibile tra i popoli della foresta e la natura. Dovremmo apprendere da questi popoli come si fa a convivere con la natura.

lunedì 18 marzo 2024

STRADE DELL'AMORE

 



Si parte mercoledì 20 marzo, alle 21.15, con “Strade dell’amore. Fede, Bibbia e omosessualità”, il primo di tre incontri in presenza e ON LINE organizzati dal Centro culturale San Rocco dell’Arcidiocesi di Fermo, dall’Azione Cattolica della parrocchia di Santa Caterina di Fermo in collaborazione con La Tenda di Gionata, associazione nata su sollecitazione del defunto sacerdote fermano David Esposito, per riflettere su questi temi alla luce dei documenti sinodali e dell'ascolto delle persone LGBT. Vi aspettiamo e PASSAparola Info su https://www.gionata.org/marzo-aprile-2024-diocesi-di-fermo-e-on-line-con-gli-incontri-strade-dellamore-fede-bibbia-e-omosessualita/

venerdì 15 marzo 2024

IL SILENZIO SUGLI ABUSI IN ITALIA

 



Venerdì 12 aprile 2024 alle ore 17,00

il Laboratorio Re-in-surrezione organizza un evento online su Zoom dedicato alla presentazione di due saggi pubblicati sulla rivista internazionale di teologia Concilium (n°4 2023):

Il silenzio degli abusi in Italia tra omertà, rivittimizzazione e ricerca di giustizia di Federica Tourn e Ludovica Eugenio;

Quando il potere spirituale distrugge la vita: abusi sessuali nella chiesa cattolica di Virginia Saldanha.

I saggi saranno presentati dalle autrici: Ludovica Eugenio direttora di Adista, Federica Tourn giornalista professionista, Virginia Saldanha (dall’India) teologa della liberazione di base.

Link dell’evento: https://bit.ly/VociDaConcilium

martedì 5 marzo 2024

La situazione in terra Yanomami dopo un anno di emergenza

 



Marianna Vick

 

Fonte: https://www.nexojornal.com.br/expresso/2024/01/13/a-situacao-na-terra-yanomami-apos-1-ano-de-emergencia

(Traduzione: Paolo Cugini)

 

13 gennaio 2024 (aggiornato il 13/01/2024 alle 03:27)

La crisi sanitaria e l'invasione dei minatori nel territorio indigeno hanno generato agitazione a livello nazionale e internazionale nel 2023. Il ritorno degli invasori, mesi dopo le prime azioni del governo, ha portato all'annuncio di nuove misure. Il 20 gennaio si conclude un anno da quando il governo federale ha dichiarato lo stato di emergenza sulle terre degli indigeni Yanomami persone, a Roraima, ad affrontare una crisi umanitaria aggravata dalla presenza di attività minerarie illegali. Dopo il provvedimento, l'Esecutivo ha adottato azioni di emergenza per espellere gli invasori. La situazione nella regione resta tuttavia critica. Demarcata nel 1992, la terra Yanomami è il territorio indigeno più vasto del Brasile. I casi di malaria e di grave malnutrizione riscontrati nella regione nel 2023 hanno generato agitazione nazionale e internazionale, oltre alle mobilitazioni contro l’estrazione dell’oro. L’annuncio del ritorno dei minatori e di nuovi casi di malattia nel 2024 ha portato il governo ad annunciare nuove misure.

Cosa ha segnato la crisi nel 2023?

Il governo federale ha dichiarato lo stato di emergenza nella terra degli Yanomami nel 2023 dopo aver salvato bambini della regione in gravi condizioni di salute. I team esecutivi erano sul territorio dall’inizio dell’anno per verificare le relazioni rilasciate alla fine del 2022 su una crisi sanitaria locale. La malaria, la malnutrizione grave e le infezioni respiratorie acute hanno colpito, tra gli altri gruppi, neonati e anziani.

Secondo il Ministero della Salute, più di 1.000 indigeni sono stati portati via dal territorio quella settimana per evitare di morire, ma le cause del problema non erano nuove. I dati comunicati nel 2022 dal Segretariato speciale per la salute indigena all’Agenzia pubblica attraverso la legge sull’accesso alle informazioni hanno mostrato che il 56,5% dei bambini Yanomami monitorati dalle autorità pubbliche soffriva di malnutrizione acuta nel 2021.

Secondo i dati del Ministero della Salute forniti nel 2022 al portale G1 tramite la Legge sull’accesso alle informazioni, nella terra degli Yanomami tra il 2016 e il 2020 sono stati registrati 85 decessi di bambini e adulti dovuti alla malnutrizione. I leader indigeni e gli operatori sanitari hanno attribuito la situazione alla presenza di attività minerarie illegali. L’attività contamina i fiumi e degrada la foresta, colpendo la pesca, la caccia e la disponibilità dei prodotti consumati dalle popolazioni indigene, che sono soggette a malnutrizione. Gli invasori sono anche vettori della malaria, che ammala le comunità al punto da renderle incapaci di mangiare o cercare e coltivare cibo. Secondo i leader indigeni locali, nel 2023 operavano nella terra degli Yanomami 20.000 minatori; Presenti da decenni nel territorio indigeno, gli invasori sono aumentati durante il governo dell’ex presidente Jair Bolsonaro.

Altri fattori segnalati all’epoca per la malnutrizione nella regione erano la vulnerabilità sanitaria – caratterizzata dalla mancanza di fornitura di acqua potabile, raccolta dei rifiuti e servizi igienico-sanitari nei villaggi – e la precarietà dell’assistenza sanitaria nella terra degli Yanomami. Dei 360 villaggi individuati nell’area, solo 78 disponevano di unità sanitarie di base operative all’inizio del 2022. I posti mancavano di agenti sanitari, formazione, attrezzature e cibo.



Cosa è successo da allora?

Una delegazione di ministri e del presidente Luiz Inácio Lula da Silva ha visitato la terra degli Yanomami nel gennaio 2023. Il governo federale ha mobilitato diversi organismi per affrontare la crisi umanitaria nella regione. Sono state adottate diverse azioni per combattere la malnutrizione, fornire assistenza sanitaria e allontanare i minatori dal territorio. Nel 2023 sono state lanciate 13 operazioni dalla Polizia federale. Nell'atto sono avvenuti 175 arresti. Sono stati eseguiti 114 mandati di perquisizione e sequestro. Sono stati sequestrati beni per 589 milioni di R $. Sono 387 le indagini in corso

Alcuni dei problemi sulle terre indigene sono diminuiti dopo pochi mesi. Secondo il Ministro dei Popoli Indigeni, Sônia Guajajara, più dell’80% dei minatori che si trovavano nel territorio se ne sono andati nel luglio 2023, dopo un semestre dalle prime operazioni. Mentre alcuni invasori lasciarono liberamente la zona, altri furono espulsi. Con la partenza ci furono cambiamenti ambientali. Secondo i dati di una piattaforma della Polizia Federale, nell’aprile 2023 la deforestazione associata all’attività mineraria è diminuita del 95% nella terra degli Yanomami nell’aprile 2023 rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Anche le immagini satellitari della PF e delle Forze Armate hanno mostrato che la qualità dell'acqua di fiumi come l'Uraricoera è migliorata dopo pochi mesi.

Le azioni del governo, tuttavia, sono diminuite dopo la prima metà dell’anno e i progressi si sono interrotti. Un rapporto pubblicato nell’agosto 2023 da tre organizzazioni indigene – Hutukara Associação Yanomami, Associação Wanasseduume Ye’kwana e Urihi Associação Yanomami – ha mostrato che all’epoca l’estrazione mineraria continuava ad essere attiva in aree non identificate nel monitoraggio ufficiale. Quattro mesi dopo, il Ministero pubblico federale ha ribadito che un gran numero di invasori erano tornati.

Ciò che caratterizza la situazione attuale

La crisi nelle terre indigene si è ripresentata nel 2024 con il rilascio di nuove immagini degli Yanomami. Le foto prodotte dall'associazione Urihi e pubblicate tra martedì (9) e mercoledì (10) da Agência Pública e dal portale G1 mostrano che, oltre all'attività mineraria, nella regione persiste la crisi sanitaria. Nei registri compaiono bambini visibilmente malnutriti, con peso inferiore alla quantità raccomandata e ossa visibili. Ritornati anche i danni ambientali. Video e foto ottenuti da Nexo con Marcelo Moura, antropologo del Museo Nazionale dell'UFRJ (Università Federale di Rio de Janeiro) che lavora vicino agli Yanomami, mostrano che l'acqua dei fiumi in terra indigena ha ripreso il ruolo dell'argilla -colore marrone, associato all'attività mineraria:

I video sono stati prodotti da Fernando Palimitheli, nella comunità Palimiu, in Alto Alegre (RR). In uno di essi, gli indigeni riuniti sostengono che i minatori circolano senza permesso nei loro dintorni e che il gruppo ha distrutto corsi d'acqua, attività di pesca, vita quotidiana e opportunità di lavoro. Per loro, il governo federale deve riprendere le azioni di deintrusione. Per chi segue la situazione, l’impressione è che poco sia cambiato dal 2023. Moura ha affermato che, nonostante le misure adottate nella prima metà dello scorso anno, le trasformazioni sono lente, sia nella repressione dell’estrazione mineraria che in quella sanitaria. Problemi di coordinamento e logistici impediscono azioni più efficaci:

“Stanno cercando di riprendere [l’assistenza sanitaria], ma trovano ancora molto difficile raggiungere le zone che ne hanno bisogno, che sono lontane dalla pista di atterraggio. Abbiamo ancora unità sanitarie che non funzionano perché sono state distrutte e occupate dai minatori. Le équipe sanitarie non vanno in certi posti perché temono per la loro sicurezza” Marcelo Moura antropologo del Museo Nazionale dell'UFRJ (Università Federale di Rio de Janeiro) che lavora a stretto contatto con gli Yanomami, in un'intervista a Nexo.



Priscilla Oliveira, attivista e ricercatrice presso l'organizzazione indigena Survival International, è d'accordo. Secondo lei, sotto l’attuale governo c’è più assistenza agli Yanomami che sotto l’ex presidente Jair Bolsonaro – che ha smobilitato la politica indigena in Brasile dal 2019 al 2022 –, ma le azioni sono ancora specifiche. Gli impatti della mancanza di misure più efficaci possono essere profondi:

“La situazione è estremamente grave. Se la questione non verrà risolta al più presto, le conseguenze a lungo termine per la vita e lo stile di vita degli Yanomami potrebbero essere disastrose. Ciò include enormi impatti sulla loro cultura e sul loro futuro come popolo. Alcune comunità sono state così devastate dai minatori che ci vorranno anni per riprendersi”. Priscilla Oliveira, attivista e ricercatore presso l'organizzazione indigena Survival.

Internazionale, in un'intervista a Nexo

In una dichiarazione al portale G1, la ministra Sônia Guajajara ha valutato che ci sono state molte azioni del governo nel 2023 – “azioni sanitarie, operazioni per allontanare i minatori dal territorio, per garantire acqua potabile, per garantire cibo” – ma ha ammesso che sono insufficienti. Per lei non sarebbe possibile risolvere la situazione in un anno. Internamente, secondo il quotidiano Folha de S.Paulo. le persone coinvolte in operazioni nelle terre indigene hanno affermato, almeno dalla metà del 2023, che era necessaria una presenza permanente nella regione.

Cosa prevede il governo per il 2024

Di fronte al ritorno dei minatori nelle terre indigene, il governo federale ha annunciato martedì (9) che intende avere un gruppo permanente a Roraima per combattere le invasioni. Secondo il ministro della Casa Civile, Rui Costa, nello Stato verrà creata una “casa del governo”, con rappresentanti di diversi dipartimenti. La Polizia Federale e le Forze Armate devono avere una presenza continuativa sul territorio. Il provvedimento rappresenta un cambiamento nel modo di affrontare il problema.

“Passiamo dalle azioni di emergenza alle azioni permanenti”, ha affermato mercoledì 10 Sônia Guajajara al portale G1, durante una visita a Roraima. L'annuncio è avvenuto dopo un incontro dei vertici del governo con il presidente Luiz Inácio Lula da Silva: “Tratteremo la questione indigena e la questione Yanomami come una questione di Stato, cioè dovremo fare uno sforzo ancora maggiore, utilizzando tutto il potere di cui può disporre la macchina pubblica, perché non è possibile che possiamo perdere una guerra per l’estrazione mineraria illegale, per i taglialegna illegali, per le persone che agiscono contro ciò che stabilisce la legge”.

La presenza di un'azione permanente nella regione era da mesi una richiesta del Ministero dei Popoli Indigeni. Moura ha detto a Nexo che il cambiamento è positivo, ma che l’iniziativa è ancora agli inizi: il governo dovrebbe fornire i dettagli entro 30 giorni. Inoltre, il numero di nuove basi federali annunciate nella terra degli Yanomami – tre – è piccolo, considerando le dimensioni del territorio:

“Le basi devono espandersi, aggiungendosi alle basi Funai [Fondazione Nazionale per i Popoli Indigeni], che non sono strutturate. Tutti i corpi idrici, che sono al centro dell'attività mineraria, dovrebbero avere basi. C’è grande difficoltà per il governo statale nel comprendere il territorio yanomami e fornire una risposta che tenga conto delle specificità di ciascuna regione. Resta da capire quale sarà la reale capacità di dispersione [del piano] sul territorio” Marcelo Moura.

Oliveira ha anche affermato che, affinché il piano funzioni, è necessario un maggiore impegno da parte delle Forze Armate. L'azione dei militari è stata considerata insufficiente nel primo anno di emergenza. A novembre, ad esempio, il Ministero della Difesa ha riconosciuto di aver finora consegnato alle popolazioni indigene solo 34.000 dei 50.000 cesti alimentari richiesti da altri enti governativi:

“Avere la presenza di parte del governo federale lì [a Roraima] faciliterà le autorizzazioni e le decisioni, e le proposte sono benvenute, ma occorre molto più impegno. È necessario avere una migliore distribuzione del cibo, garantire la sicurezza delle squadre mediche per raggiungere le aree remote”

Interrogato da Nexo, il Ministero della Difesa ha dichiarato che, dall'inizio della task force del governo federale, “il supporto logistico delle Forze Armate ha portato alla distribuzione di circa 766 tonnellate di viveri e materiali trasportati, che hanno superato la soglia delle 36 tonnellate”. migliaia di cesti alimentari distribuiti. Inoltre, sono state effettuate 3.029 visite mediche e 205 evacuazioni aeromediche. Nelle azioni per combattere l'estrazione mineraria illegale, i militari hanno arrestato 165 sospetti, consegnato agli organi di pubblica sicurezza”.

Cosa c'è ancora da fare

Per Oliveira sono necessarie diverse azioni per garantire la protezione del territorio Yanomami. Parte di queste misure, secondo lei, sono elencate in una risoluzione pubblicata dalla Corte interamericana dei diritti umani nel dicembre 2023. La corte regionale ha visitato la terra indigena l'anno scorso e ha proposto, tra le altre misure:

·         attuare un controllo costante dello spazio aereo nel territorio

·         installare blocchi e monitorare permanentemente i fiumi

·         creare meccanismi di pattugliamento di routine

·         indagare sulle denunce di violenza contro le popolazioni indigene nella regione

·         distribuire cesti alimentari nelle comunità remote

·         ristrutturare i posti sanitari

·         rafforzare la tutela delle cosiddette popolazioni indigene isolate

Moura ha affermato che i principali colli di bottiglia sono logistici. “Questo è il punto che ha finito per indebolire l’intera risposta del governo [sulla terra degli Yanomami nel 2023]. Servono più aerei e capacità di circolazione sul territorio. Senza questo non è possibile combattere l’estrazione mineraria nella foresta”, ha affermato. Bisogna anche ricordare che, secondo lui, i problemi degli Yanomami non riguardano solo il territorio indigeno. Si registrano situazioni di violenza nelle città di Roraima, come la capitale Boa Vista. “Molte persone allontanate [dalle terre indigene] per sottoporsi a cure sanitarie non hanno alcun sostegno, dormono per strada e non trovano spazi dove essere accolte”.

Le nuove operazioni del governo hanno rappresentato una nuova sfida. In una decisione di mercoledì (10), i dipendenti federali che lavorano nel settore ambientale hanno deciso di sospendere le attività sul territorio yanomami a causa dell’impasse sulla ristrutturazione delle carriere. In un comunicato, il consiglio che rappresenta il settore ha precisato che verranno mantenute soltanto le attività interne finché il governo non risolverà i negoziati iniziati a ottobre.